V - 10 Dicembre, Giorno 8

2.7K 236 174
                                    

Cigarettes

Bring Me The Horizon - Can You Feel My Heart

LEVI

Busso piano alla porta del moccioso, passandomi una mano fra i capelli per scansare le ciocche corvine davanti agli occhi contornati da scuri cerchi neri. Soffrire di insonnia fa davvero schifo, e la costante tensione per i miei innumerevoli impegni di certo non aiuta.

Stando a quanto dice Erwin, Eren è di umore pessimo - più del solito, s'intende - da un paio di giorni. Talmente tanto rifiuta il contatto umano che anche i due psichiatri sembrano essersi rassegnati alla sua cocciutaggine e hanno quasi smesso di fargli pressione per tentare di farlo uscire da quelle quatto mura piene di scritte.

Non mi fa attendere molto prima che la sua figura si pari davanti a me, sovrastandomi in altezza con mio malcelato disappunto.

I suoi occhi, impossibilmente verdi ma spenti e opachi, s'incastrano nei i miei; la zazzera castana disordinata incornicia il volto stanco e provato di chi ha passato una notte senza sonno. Indossa una lunga felpa grigia con una fantasia geometrica, degli skinny jeans neri attillati e il suo classico paio di Vans dello stesso colore, consunte e scolorite e che hanno sicuramente visto giorni migliori. Non ha per niente una bella cera.

"Buongiorno."

Mi saluta timidamente, sfuggendo al mio sguardo mentre tenta vanamente di reprimere uno sbadiglio che fa schiudere le sue labbra rosee che copre prontamente con il dorso della mano. Probabilmente la sua nottata è stata più insonne della mia.

"Buongiorno a te."

Ricambio il suo saluto, intimandogli di seguirmi con un cenno del capo.

Usciamo dal reparto di neuropsichiatria in silenzio, lasciandoci alle spalle quei corridoi colorati e immergendoci in quelli tinti di bianco dall'aria sterile e asettica del reparto di neurologia. L'odore che impregna l'aria mi fa come sempre storcere il naso. Sa di disinfettante e di malattia, e nonostante sia un medico non ha mai smesso di nausearmi. Eren non ha mai smesso di torturarsi le mani durante tutto il tragitto, così decido di interrompere quel tedioso silenzio e cercare si iniziare una conversazione

"Sei teso, moccioso?"

La mia domanda pare riscuoterlo, e smette immediatamente di giocherellare con le sue dita affondando le mani nelle maniche della felpa e stringendone i bordi.

"Un po'."

"È per l'elettroencefalogramma o per altro? Bella felpa, comunque."

"Oh? G-Grazie...No, è per altro."

Annuisco piano, aspettandomi quella risposta.

"Se ne vuoi parlare sono qui."

Non voglio in alcun modo forzarlo a confidarmi quali pensieri annebbiano la sua mente, ma allo stesso tempo voglio che sappia e che sia ben consapevole che sarò disposto ad ascoltarlo quando vorrà e se mai dovesse sentire il bisogno di parlare con qualcuno. Mi ringrazia sottovoce, e torniamo a camminare in silenzio fra quei corridoi brulicanti di infermieri e camici bianchi fino a che non interrompo la nostra marcia davanti ad una delle tante porte in plastica bianca evidentemente ingrigita dal tempo degli ambulatori del reparto di neurologia. Una piccola targhetta dorata su cui sono finemente incise lettere in un corsivo elegante è ben visibile al centro.

Dott. Mike Zacharias - Specialista in Neurologia

Apro la porta dopo aver battuto due colpi con le nocche senza curarmi di aspettare una risposta dall'interno della stanza e lo invito ad entrare prima di me, richiudendola subito dopo con un tonfo sordo che risuona cupo nella stanza.

BORDERLINE - Ereri/Riren -Where stories live. Discover now