XXI - 17 Gennaio, Giorno 49

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Home Sweet Home

Evanescence - Missing

EREN

Il sorriso che illumina il volto di mia madre è radioso, luminoso come mai l'ho visto in questi ultimi anni; negli occhi di mio padre è riflessa una serenità disarmante e sono animati da gioia pura e sincera. Eppure io non riesco neanche lontanamente a sentirmi felice neppure per un misero ed effimero istante.

Tante, troppe volte da quando sono stato ricoverato ho pensato a come sarebbe stato questo momento e alle emozioni che avrei provato. Mi aspettavo che sarei stato infiammato di voglia di vivere, come gli altri ragazzi che prima di me hanno varcato quella porta, di essere animato dalla motivazione di ricominciare finalmente a vivere. No, non mi aspettavo pura allegria e soddisfazione, ma neanche un'angoscia tale da fare male al petto e causarmi fitte che mi fanno contorcere lo stomaco.

Non vanno via, rimangono e fanno apparire ovattata e sbiadita la realtà attorno a me. Gli occhi degli infermieri mi appaiono lontani mentre mi fissano con dolcezza; Gunther e Oluo mi salutano con una pacca sulla spalla, Isabel e Petra mi stringono a loro in un abbraccio sincero e colmo di aspettative per il mio futuro, Nanaba mi scompiglia giocosamente i capelli rivolgendomi un'occhiata di riguardo.

"Sappi che ti terrò d'occhio ogni volta che metterai piede in reparto per i tuoi colloqui con Erwin e Rico. Non mi sfuggi, occhi verdi."

Non ho neanche il tempo di replicare all'affermazione dell'infermiera che un fulmine dai capelli mogano si abbatte sul mio corpo, stritolandomi fino a tagliare l'accesso d'aria ai miei polmoni.

"Come farò senza di te!"

"H-Hanji, m-mi fai male, lasciami..."

Al mio lamento la sua presa ferrea si allenta e mi lascia andare fissandomi con un'espressione infantile in volto, il labbro inferiore sporgente ad esagerare la sua tristezza e i lineamenti contorti in un'espressione abbattuta. Mi prende il volto fra le mani all'improvviso e mi schiocca un sonoro bacio sulla guancia, prima di dirigersi svelta verso la porta principale urlandomi dietro.

"Vado da Mike in neurologia, sono già in ritardo! Non dimenticare di passare a salutarmi quando tornerai!"

I suoi cambi d'umore così repentini e drastici mi hanno sempre destabilizzato, ma alla fine ci ho fatto l'abitudine. Sono ancora immerso e circondato dalla mia bolla ovattata, quando un pugno mi colpisce la spalla facendomi sibilare dal dolore.

"Stammi bene, bastardo suicida. Vedi di non ammazzarti, anche se non mi mancherai neanche un po'. Da oggi, senza di te e senza quella gallina, qui dentro si respirerà sicuramente aria più pulita."

Oh, quanto vorrei ricambiare il pugno appena ricevuto per spazzare via dalle sue labbra quel ghigno insolente e arrogante!

"Vai al diavolo, Jean."

Non risponde alla mia provocazione che per un momento pare riportarmi alla realtà, ma mi accorgo da solo di quanto la mia voce suoni meccanica e atona alle mie orecchie. Se il biondo se ne accorge, non lo da a vedere e mi saluta con un'ultima sonora pacca sulla spalla prima di sparire per quei corridoi colorati, muovendo passi lenti verso una direzione sconosciuta.

Sospiro, passandomi una mano fra i capelli. Non è questo il modo in cui avrei voluto salutare a tutti. Avrei voluto essere felice, farmi carico delle loro aspettative e portarle a compimento combattendo ogni giorno come se fosse l'ultimo e migliorando me stesso. Perché questo doveva essere un addio alle catene della malattia, che oggi sembrano più strette che mai attorno alla mia gola, attorno ai polsi e alle braccia. Ancora una volta, sono soltanto il vecchio e rotto burattino di quei demoni.

BORDERLINE - Ereri/Riren -Where stories live. Discover now