XXIV - 30 Marzo

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Eighteen

Simple Plan – Me Against the World

EREN

Buon compleanno, moccioso.

È da quando Levi mi ha inviato gli auguri a mezzanotte che non stacco gli occhi da quelle parole sullo schermo del mio cellulare, un po’ perché il fatto che abbia aspettato lo scoccare del nuovo giorno per farmi gli auguri -nonostante attaccasse il turno in reparto la mattina pesto- mi ha scaldato il cuore facendomi sentire amato e desiderato in un modo nuovo, un po’ perché quel messaggio oggi ha un significato particolare. Non è solo io mio compleanno, è il compleanno. Oggi divento maggiorenne, ed entro ufficialmente a fare parte del mondo degli adulti.

E mi chiedo come io sia arrivato fin qui. Se guardo indietro nella mia vita, immergendomi nel passato, mi rendo conto come abbia trascorso la maggior parte dei giorni della mia adolescenza a sopravvivere, non a vivere. Mi sento derubato del mio tempo, rancoroso verso la malattia che me lo ha tolto; una parte di me invece è stranamente felice.

Se mi avessero chiesto anche solo pochi mesi fa come avrei immaginato il mio diciottesimo compleanno, avrei risposto solamente con un’amara risata. Forse perché non volevo vivere e speravo che il mio corpo giacesse freddo e abbandonato alla carezza della terra di una tomba e stretto fra le braccia della morte, forse perché il mio compleanno non sarebbe mai stato come quello degli altri. Nessun amico da invitare oltre ad Armin, nessun parente con cui condividere quella giornata tranne i miei genitori. Sarebbe stata solo un’occasione per rimanere a casa, tirare le tende e abbassare le tapparelle della camera per tentare di confondermi nel buio fino a svanire come parte di esso.

Evidentemente, mi sbagliavo.

I ragazzi sono usciti tutti dall’ospedale, e abbiamo deciso di tenere fede alla nostra promessa di rincontrarci proprio oggi.

Non ho più rivisto nessuno di loro per una serie di sfortunate coincidenze; ogni volta che capitavo in reparto per un colloquio, erano fuori con qualche infermiere o in permesso, o anche loro fra le grinfie di qualche medico; li ho soltanto sentiti per messaggio.

Questo ad eccezione di Mikasa. Con lei ho stretto un rapporto fantastico, e da quando è stata dimessa -da diciottenne- più di un mese fa, abbiamo colto l’occasione per incontrarci qualche volta, e lo storico duo Yeager-Arlert si è presto trasformato in un trio. Lavora in un nuovo bar che è stato inaugurato recentemente poco lontano dal nostro liceo, in cui ultimamente abbiamo speso i nostri pomeriggi davanti a un libro e una tazza di qualche bevanda calda; con i soldi dello stipendio riesce a pagarsi l’affitto che divide con le sue coinquiline e le varie spese. Nonostante la paga non sia eccezionale, è entusiasta di lavorare e soprattutto di essersi guadagnata la sua indipendenza e non dover fare più affidamento sulle case famiglia che hanno segnato il suo passato tanto negativamente. Si merita questa tranquillità.

Il pensiero di rivederli e di scoprire riflessi nei loro visi e nei loro occhi i cambiamenti e le vittorie guadagnate con fatica nelle battaglie quotidiane mi carica di un’ansia positiva; non la solita morsa del panico, ma una dirompente scarica di adrenalina.

Improvvisamente il mio stomaco brontola in protesta; mio padre si sarebbe dovuto fare vivo già una mezz’oretta fa per pranzo, ma probabilmente avrà avuto qualche imprevisto al lavoro, nonostante abbia preso un permesso per il pomeriggio proprio per festeggiare. Mi raggomitolo ancora di più sul divano, portandomi il cellulare al petto e allungandomi in una posizione contorta per prendere le cuffiette ingarbugliate poggiate sul tavolino in legno scuro, ma la voce di mia madre interrompe la mia azione.

BORDERLINE - Ereri/Riren -Where stories live. Discover now