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"Volteggiavano libere le sue mani, delicate danzavano indisturbate su quei tasti ed io ne rimanevo ammaliato sempre più, catturato inconsapevolmente dalla sua maestria, incatenato da note parlanti che sciolsero il mio cuore in un mare di amore"

Siamo afferrati per le nostre fragili anime e veniamo abbandonati in quello che noi definiamo mondo, senza richiesta alcuna di volerne appartenere. Spaventati vaghiamo in cerca di una meta, di una motivazione che ci induca ad avanzare in quella che è la tempesta della vita e graffiamo le unghie contro la terra, per non farci spazzare via dal vento impetuoso e le grida, scorticano la gola, in cerca di aiuto, ma la battaglia non può essere vinta da altri al nostro posto. Il massimo che possiamo sperare è l'essere incoraggiati a continuare e quando quell'angelo arriva, sussurrandoti parole dolci e tendendoti la mano, il corpo si rivitalizza, pronto per avanzare, sotto un nuovo sguardo protettore. Ai piccoli passi ed a momenti di retrocessione, si alternano le scalate improvvise, le corse veloci che ti lasciano senza fiato, ma appagato di aver sbloccato il livello successivo. Jimin procedeva piano, lentamente sulla retta della vita, per inerzia camminava ed un qualsiasi fiato di vento inaspettato, avrebbe potuto stenderlo al suolo, senza alcuna pietà con quelle ultime briciole di cuore rimastegli in mano.

Troneggiava libero nel cielo il sole, irradiando quel suo consueto fievole calore autunnale, che si poteva percepire solo quando il vento cessava di soffiare il gelo nelle ossa. Qualche nuvola faceva capolino all'orizzonte, seguendo il flusso dell'aria. Mentre le foglie cadevano silenziose sull'asfalto, aspettando di essere calpestate da qualche passo solitario. Sul grande orologio, posto sulla facciata principale del plesso scolastico, stavano per scoccare le due in punto ed i brontolii nelle pance degli studenti si fecero sentire al pensiero di poter tornare a casa a mangiare un pasto caldo. L'unico distratto sembrava Jimin «Dio quanto è bello...» la sua voce fu come un bisbiglio, un tremolio dell'animo, con lo sguardo rivolto oltre la finestra intento a guardare e osservare colui che gli aveva rapito il cuore da ormai cinque mesi. Jimin era chiuso in una sua bolla, in quel momento, fatta di uccellini che cinguettavano, farfalle nello stomaco e piena di cuoricini scoppiettanti. Era appoggiato al banco, si sorreggeva la testa con una mano, mentre con l'altra scarabocchiava su di un foglietto, tanto per far finta di prendere appunti. La fortuna volle che la sua scuola, avesse la stessa forma di un ferro di cavallo e guarda caso che, oh prode destino, la sua classe si trovasse proprio di fronte a quella del ragazzo di suo interesse. Si parla di fortuna, quando in realtà rappresentava al tempo stesso un'immensa sfortuna. Mente non vede, cuore non duole; ed il cuore di Jimin faceva sempre più male ogni giorno che passava. Gli risultava relativamente facile per lui tenerlo d'occhio tutto il tempo. E proprio l'atto di guardarlo scatenava in lui tanta felicità, una felicità dal retrogusto amaro e puntualmente un sorriso affiorava sul suo viso senza che se ne rendesse conto, ma al contempo, il solito sospiro di rassegnazione fuoriuscì dalla sua bocca. Sì, il suo era proprio un sospiro di rassegnazione, perché? Perché ormai, arrivato a quel punto della sua esistenza, era convinto che non esistesse nessuno al mondo che potesse ricambiare i suoi sentimenti dopo le esperienze passate. Lo sapeva benissimo, aveva solamente diciotto anni, perché struggersi dietro a certi rompicapi? Qualsiasi persona, alla quale avesse potuto palesare il suo malessere, gli avrebbe detto di star tranquillo, di lasciar passare, che tanto lui, la vita, l'aveva ancora tutta davanti. Già, ma non era così facile. In fin dei conti alla gente piace immedesimarsi nelle storie altrui e palesarsi come coloro che avrebbero potuto risolvere la situazione in un attimo, perché beh in confronto al loro, quello era un problema da niente. A Jimin piacevano i ragazzi; questo non rappresentava assolutamente un problema per lui, almeno fino a qualche anno prima, quando si decise a rivelare i suoi sentimenti ad un ragazzo, mentre ancora frequentava la seconda media, ma quest'ultimo non ebbe una reazione molto...Amichevole. Non volle dar troppo peso a quelle parole che gli gettarono contro, ma incominciava ad intuire che qualcosa fosse sbagliato. Ma all'inizio ovviamente Jimin non demorse e così in prima superiore decise di riprovarci con un altro ragazzo del quale si era invaghito, ma anche quest'ultimo, come il precedente, se ne uscì con parole poco eleganti ed altamente offensive rivolte verso le preferenze sessuali di Jimin. E lì il cielo diventò improvvisamente scuro, spezzato da un fulmine luminoso, capì, capì tutto quanto. Ormai lo sapeva bene, ne era al corrente e se ne era reso perfettamente conto di quando gli omosessuali non fossero ancora molto accettati dalla società. La supremazia degli etero, già. "Eppure, anche noi siamo dei semplici esseri umani" continuava a ripetersi a mente e a cercare di convincere le persone intorno a sé, anche se con scarsi risultati. Commenti denigranti, spiacevoli, ingiuriosi, detti senza il minimo riguardo verso gli altri. Parole che possono farti credere di essere quello sbagliato, quello fuori posto, quello malato. Fortunatamente Jimin era riuscito a superare quella fase della sua vita anche se fu abbastanza logica la veloce perdita di speranze nell'avere un amore corrisposto. Veder cadere su sé stessi, tutte le convinzioni e l'idea creatasi su di una persona, verso la quale si provano anche dei sentimenti, nel giro di due battute di dialogo, non era per niente divertente come cosa. Ma questo non lo fermò dall'innamorarsi di nuovo, al cuor non si comanda. Certo, con un'eccezione però, questa volta non avrebbe più rivelato i propri sentimenti, se li sarebbe tenuti stretti e se li sarebbe fatti bastare per sempre. Lui, sé e sé stesso. Era diventato il suo mantra. Perché un'altra delusione non l'avrebbe proprio accettata.

𝙁𝙊𝙂𝙇𝙄 𝘿'𝘼𝙈𝙊𝙍𝙀 // ʸᵒᵒⁿᵐⁱⁿWhere stories live. Discover now