Prologo

5K 123 14
                                    

premessa:
quando ho scritto i primi capitoli di questa storia ero piccola e non avevo chissà quale esperienza, qui su wattpad.

Ho solo immaginato e digitato, ispirandomi a quella che è stata una mia ossessione, ossia i libri della Clare.

Non siate troppo severi, quindi.

Sottoporrò la storia ad una revisione, so di doverlo fare, ma mi sto prendendo del tempo prima di cimentarmici.

In più, NON è completa.

Spero che comunque vi vada di leggere qualche capitolo prima di giudicare.

Grazie e buon proseguimento ❤️
_____________________________________________

Otto anni.

Avevo solo otto anni, trascorsi in maniera veloce e  lievemente infelice.

Strano, poiché, quella, è considerata l'età dell' innocenza, della spensieratezza, della curiosità generata persino dalle più piccole cose: magari, da semplici bolle di sapone, circolari e trasparenti, leggiadre nell'aria; o, forse, dal tepore emanato da un camino scoppiettante, oppure da una piccola lucciola, luminosa nelle tenebre della notte. Ogni cosa, in quel periodo particolarmente, può innescare domande, suscitare interesse.

Si presupponeva che l'infanzia, d'altronde, fosse esattamente questo, no? Avrei certamente gradito se fosse stata così anche per me. Però, purtroppo, l'età infantile, nei miei ricordi, era tinta di grigio e intrisa d'amarezza.

Riuscivo ad andare avanti, probabilmente, grazie all'immaginazione; a volte, difatti, fantasticavo, nel mio caldo lettino, pensando a come avrei riso se la mia mamma avesse scherzato, a come avrei risposto, se la mia mamma avesse chiesto o a come avrei ricambiato, se la mia mamma mi avesse stretto.

Mai un quesito del genere di era insinuato nella mia testa: come sarebbe se la mia mamma mi lasciasse? Accadde, mio malgrado, l'unica cosa in cui non avevo sperato: essere abbandonata da mia madre.

Terribile, vero?

Succedeva, spesso, che appena si menzionasse un avvenimento del genere, la gente si sconvolgesse,  si confondesse o si dispiacesse, ma non sinceramente.

Alcuni, contrariamente, rimanevano indifferenti, facendo spallucce o manifestando a stento un minimo di empatia.

Tra tutti, erano quelli che preferivo.

Gli intoccabili.

Persone che, attorno a loro, avevano un muro spesso e portentoso, uno scudo invalicabile, dietro al quale si celava la loro fragile anima.
Queste, almeno, avevano la decenza di non fingersi provati nel vedere le disgrazie altrui. Come mai? Non le avrebbero mai capite, e non si può stare realmente male per una cosa che non si comprende.

Così credevo.

Le ragioni che avevano spinto la mia genitrice a commettere un atto così drastico, poi?
Esistevano oppure, quello, era stato semplicemente un gesto dettato da un egoismo immenso?

Tutte le sere, con la testa adagiata sulla federa di un morbido cuscino, tutti i minuti di ogni singolo giorno, impiegato in qualsiasi attività si voglia, mi torturavo con tali interrogativi, ormai entrati a far parte della mia quotidianità.

Ero solita autocommiserarmi, convincermi di essere sbagliata, di non essere abbastanza per nessuno,
partendo da mia madre per finire su un ipotetico amico.

Poi, compresi, fortunatamente, che gli ideali, le aspettative di molta gente, non combaciano neppure lontanamente con la realtà delle cose: non ci si può aspettare la perfezione fisica, biologica o caratteriale.

You Can Cry [Alec Lightwood/shadowhunters] Where stories live. Discover now