Capitolo 4

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Finalmente è iniziata l'università, e i primi giorni sono stati tranquilli proprio come era stato per la triennale. Mi ambiento velocemente e trovo tutte le aule giuste, e già mi ricordo i nomi di tutti i professori: è un piccolo traguardo.
È già passata una settimana dalla prima lezione e ho conosciuto questa ragazza, Caterina, che è una fuori sede come me e viene dal Nord. I suoi occhi mi ricordano un po' il nord, in effetti, di un azzurro intenso e freddo, che mi fanno pensare un po' al colore del mare sotto al ghiaccio. Inoltre potremmo sembrare sorelle: io con gli occhi verdi e i capelli biondi, lei con i suoi occhi azzurri ed i capelli castani. E in fondo il rapporto che si è andato a creare, in così poco tempo, è talmente stretto che l'idea delle sorelle non è poi così surreale.
Ci facciamo compagnia: questi giorni li abbiamo passati sempre insieme a raccontarci un po' delle nostre vite prima di arrivare a Bologna. Caterina non fa altro che parlarmi di questo ragazzo che ha conosciuto al corso: io non so chi sia, ma lei sembra essersi presa una bella cotta. Mi racconta che si sono scambiati i numeri e che si scrivono spesso, ma lei non è brava a capire le intenzioni dei ragazzi e neanche a far capire le sue. Mi sembra un po' di guardarmi allo specchio, la timidezza che condividiamo è praticamente la stessa.
Siamo nella mia stanza alla residenza quando qualcuno bussa alla porta: è Lucrezia. Non l'avevo più vista né sentita, iniziavo a pensare che avesse perso interesse nella nostra amicizia e si fosse volatilizzata. Ma invece è qui e vuole invitarci ad una festa universitaria che si terrà stasera. Io e Caterina non siamo molto in vena, ma Lucrezia insiste perché "non ti godi la vera vita studentesca di Bologna, se non vai alle feste universitarie" e quindi alla fine ci arrendiamo.

Io e Caterina ci prepariamo e andiamo insieme. Ci vestiamo semplici, niente di esagerato: lei jeans scuri e maglia verde, io maglia bianca e pantaloni neri.
Quando arriviamo alla festa Lucrezia è già lì insieme a Tonno, Cesare e Dario. Mi spiegano che gli altri non ci raggiungeranno, perché Nelson è con la sua ragazza mentre Nicolas e Frank non avevano alcun interesse a frequentare la festa. 
Presento i ragazzi a Caterina, che è molto in imbarazzo, proprio come lo ero io, ma presto si scioglie: questi ragazzi hanno un'abilità innata di far sentire gli altri a loro agio. Soprattutto Tonno, il quale si sforza più del solito per risultare simpatico agli occhi della nuova arrivata, che d'altra parte sembra apprezzare fin da subito la sua compagnia.
Dario è insieme a Lucrezia, sono andati a prendere qualcosa da bere. Li osservo da lontano e noto che tra loro c'è una certa confidenza, i loro corpi sono molto vicini e si parlano nell'orecchio per sovrastare la musica. Lei ride, lui non tanto, ma le rimane sempre accanto. Ci metto un po' a processare la cosa, ma presto capisco che la ragazza con cui Dario è uscito è proprio lei. È come un tassello di un puzzle che trova il suo incastro: in quel momento mi sento un'idiota totale, per non essermene accorta prima, per aver frainteso i comportamenti di Dario, per essermi aggrappata ad una promessa che in realtà non mi aveva neanche fatto. Era solo nella mia testa. Penso che forse è il suo modo di fare, che è meglio così, che sono arrivata dopo e non posso rimanerci male perché lei ha avuto la fortuna di incontrarlo prima.
Ho bisogno di distrarmi, altrimenti passerò tutta la serata a fissarli, a rimproverarmi e a sentirmi una stupida. Vado al bar, quello più lontano possibile da loro, e prendo un drink, il più forte che hanno. Non voglio ubriacarmi, ma bere quanto basta perché l'immagine di loro due mi scivoli via dalla testa. Mi allontano col mio bicchiere, lasciando Caterina a chiacchierare con Tonno, situazione che non sembra dispiacere a nessuno dei due.

Cammino tra la folla e vedo Cesare, che balla con dei vecchi amici, si sta divertendo. Lui mi nota e mi invita a ballare con lui: è agitatissimo, quasi iperattivo mentre balla, ma mi fa divertire un sacco mentre mi fa volteggiare e mi mostra le sue mosse di ballo un po' sceme. Vorrei essere un po' come lui, sempre allegro, sorridente, pronto a prendere le cose alla leggera. All'ennesima giravolta inciampo su qualcosa, o meglio su qualcuno, se proprio devo essere precisa inciampo addosso a qualcuno e il liquido dentro al mio bicchiere esce fuori: è un miracolo se non mi verso tutto addosso. Un fiume di scuse inizia ad uscirmi dalla bocca senza che abbia neanche il tempo di pensarle.
«Stai tranquilla, non è successo niente» mi dice lui.
Alzo lo sguardo ed è un ragazzo alto, con i capelli castani e gli occhi di un colore indecifrabile sotto le luci della sala, a tratti sembrano verdi, a tratti sembrano scuri. È il classico ragazzo che incontri quando vai in discoteca ed è bello e gentile, ma con quell'aria un po' snob di chi è forse troppo sicuro di sé. Mi scuso di nuovo, imbarazzata, e continuo per la mia strada. Lui mi segue, mi ferma, mi chiede come mi chiamo e si presenta. Si chiama Luca. Iniziamo a parlare, con la musica alta che copre le nostre voci.

Portami sui colli bolognesiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora