Capitolo 8

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Non so cosa fare: una parte di me si sente tremendamente ferita dalle sue parole, come se fosse una questione personale, l'altra vorrebbe solo parlargli ed aiutarlo ad alleggerire il peso che ha addosso.

Quasi senza accorgermene, mi ritrovo a seguirlo fuori dal locale e poi lungo la strada fin sotto ad un porticato.

Lui si è fermato lì e sta fumando una sigaretta, mentre è appoggiato ad una colonna.
«Dario...» è tutto ciò che riesco a dire, prima che lui si giri verso di me con un'espressione che non gli avevo mai visto prima. È arrabbiato.
«Che cazzo fai?» sbotta all'improvviso.
«Ti avevo detto di lasciarmi stare» non sta urlando, ma il suo tono è così pacatamente minaccioso che è come se lo stesse facendo. Mi invita ad andarmene, ma quando non lo faccio si irrigidisce, e mi fissa.
«Perché mi hai seguito?» è una domanda ma forse non vuole una risposta, anche se io gliela do lo stesso.
«Perché ti ho visto strano... Sono preoccupata».
«Mi hai visto strano» dice ridendo, mentre getta via la sigaretta nonostante sia consumata solo a metà.
«Ma fai sul serio, Emma?» il tono con cui lo chiede è retorico.
Faccio per dire qualcosa, qualcosa per difendermi perché mi sento attaccata, ma lui non mi lascia parlare.

«Ti dico cosa non va allora: da dove vuoi che inizi?» ribatte.
«Dal punto in cui conosco una ragazza che mi interessa e che non riesco a togliermi dalla testa, oppure dal punto in cui mollo tutto per lei e decido di muovere il primo passo per poi scoprire che non gliene frega un cazzo?» lo dice tutto d'un fiato, ma nonostante l'alcol la sua voce rimane ferma.
Non riesco a seguire il suo discorso: sembra che si stia sfogando e sembra arrabbiato con me, ma da ciò che dice credo stia parlando di Lucrezia.
«È successo qualcosa con Lucrezia?» gli chiedo allora.
Lui si blocca, le braccia lungo i fianchi, rigide. Vedo la sua espressione corrucciarsi per un attimo, come fa quando sta pensando, e poi tornare di nuovo arrabbiata.
«Mi stai prendendo per il culo?» fa un gesto agitato con le mani e sembra veramente incazzato nero.
Indietreggio d'istinto, ma poi razionalmente mi fermo. Gli dico che no, non lo sto prendendo in giro, ma anzi non capisco cosa stia succedendo.
«Se è successo qualcosa con Lucrezia e vuoi sfogarti, con me puo-».
«Basta parlare di lei! Qua si tratta di te, Emma!» mi interrompe lui.
Sono confusa. Lo guardo con un punto interrogativo dipinto in faccia, so che è evidente perché lui non aspetta che io dica qualcosa prima di continuare.
«Si tratta di te e di quel cazzo di appuntamento. Mi hai piantato lì come un idiota per andartene con quel cretino!» mentre lo dice la sua mano è sul suo petto, che picchia sulla stoffa della sua giacca mentre pronuncia ancora quelle parole: "mi hai piantato lì".
Sbatto le palpebre, perché ho la vista annebbiata e credo che potrei scoppiare a  piangere da un momento all'altro.
Nella mia testa tutti i pezzi del puzzle si uniscono con uno schiocco. Giada aveva ragione: quel messaggio, quella sera, era lui. Era davvero lui.
Non era Luca, era Dario.
Sento gli occhi riempirsi di lacrime, ma l'aria fredda mi pizzica la pelle del viso e mi impedisce di farle uscire.
«Io non lo sapevo» balbetto.
«Io pensavo che fosse...» ho la voce rotta e incrinata, mi è difficile parlare ma voglio che lui lo sappia. «Non sapevo che fossi tu, in quel messaggio. Io ho risposto pensando che fosse Luca...» deglutisco con forza.
Lui è immobile davanti a me, sbatte appena le palpebre. Capisco che sta ragionando, ricollegando gli avvenimenti: non lo avevo piantato in asso perché non sapevo che il messaggio fosse suo, non sapevo che l'appuntamento fosse con lui, non avevo neanche il suo numero. Eppure il caso – o il destino? – ha comunque voluto che Luca fosse lì, per quello che pensavo fosse il nostro appuntamento.
«Ma Lucrezia...» inizio, perché voglio capire: lui sta con lei, perché mai avrebbe dovuto scrivermi quel messaggio?
«Ho chiuso con lei».
«Ci ho chiuso la sera della festa, le ho detto che non se ne faceva niente» si lecca le labbra, visibilmente nervoso.
«Ma lei mi ha detto che...» - "state insieme", "vi amate", "siete perfetti" vorrei dire.
«Qualunque cosa ti abbia detto, ti assicuro che è finita» la sua voce si è calmata, ma è rauca e ancora distante.

Siamo qui immobili, sotto i portici a guardarci, entrambi sconvolti.
Lui muove un passo verso di me, e sento la sua mano sfiorare la mia, in modo quasi impercettibile. Sento un brivido percorrermi tutto il braccio, seguendo il movimento della sua mano che sale fino al mio collo e poi si ferma sulla mia guancia. Lui mi accarezza e io mi appoggio alla sua mano, chiudendo gli occhi per un momento, per gustarmi quel gesto fino in fondo. Lui si avvicina ancora e il mio sguardo va automaticamente sulle sue labbra, che sono così vicine. Sento le farfalle nello stomaco e il cuore inizia a battermi ad una velocità che non è umana.
Poi penso a Luca e so che ci ha pensato anche lui, perché si ferma.
Dario appoggia la sua fronte sulla mia e in quel gesto ci stiamo sorreggendo a vicenda.
Vorrei abbracciarlo e dirgli che mi dispiace, che sono una stupida e che una speranza c'è, eccome se c'è. Vorrei dirgli che non è troppo tardi per quell'appuntamento,per noi.
Vorrei dirgli tutto questo, ma non dico niente.
Penso a Lucrezia, a tutti i discorsi che mi ha fatto su Dario: è comunque mia amica e non posso farle questo. Poi penso a Luca, al nostro appuntamento:neanche lui se lo merita.
Vorrei poter tornare indietro, ora che so chi c'era davvero dietro a quel messaggio. Vorrei tornare indietro ed uscire con Dario con indosso quella camicia grigia e i pantaloni neri. Con Dario che quel giorno mi aspettava davanti al locale e che invece se n'è andato ferito.
Vorrei dirgli che non lo ferirò di nuovo.
Invece non dico niente, e restiamo lì, fronte contro fronte.
Lui tira un sospiro profondo e spezzato.
«Che casino» sussurra.
Io non riesco a dirgli niente, sono bloccata. Quando lui si stacca da me, ci guardiamo in silenzio. Delusi, distanti.
Dario si porta le mani alla testa, tra i capelli, se li stringe fra le dita mentre guarda in basso. Poi li lascia andare bruscamente, con il movimento veloce di chi è nervoso, disperato.
«Cazzo» è tutto ciò che dice, prima di passarmi accanto in tutta fretta e allontanarsi per le strade di Bologna.
Io rimango lì, da sola sotto i portici, e incrocio le braccia come se volessi riscaldarmi. Poi scoppio in lacrime.
Vorrei seguirlo di nuovo, ma a cosa servirebbe?

Quando torno al locale, sembra che il mondo non si sia accorto della mia assenza, come se tutti gli eventi dell'ultima mezzora fossero stati racchiusi in una bolla. Mi asciugo gli occhi e vado da Caterina e Tonno. Dico loro che vorrei tornare a casa, subito: se non me ne vado immediatamente da lì non riuscirò a raccogliere tutti i miei pezzi.

Prima di andare a dormire, prendo il telefono e rileggo il suo messaggio: adesso ha un significato completamente diverso.
Seleziono quel numero, che è ancora sconosciuto, e lo salvo come "Dario".

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Nel prossimo capitolo:
[...] Ho sempre amato l'inverno,ma ora che sta arrivando, ora che sono a Bologna, lontano da casa, da sola, con un ragazzo in testa che non mi molla neanche nei sogni, e un altro che invece è reale e non ho bisogno di dormire per poterlo vedere, con tutto questo e gli esami in arrivo, l'inverno inizia a piacermi un po' meno. 

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Avevo detto che avrei pubblicato il nuovo capitolo a 50 visualizzazioni, quindi eccolo qui!
Onestamente non mi aspettavo che sarebbe arrivato così presto, ma ben venga!
 In questo capitolo si inizia a far chiarezza su un po' di cose, ma tranquilli che non finisce qui, anzi...

Spero vi piaccia, come sempre lasciatemi i commenti e vi risponderò.
Pubblicherò il nuovo capitolo quando questo qui avrà superato, invece che 50, 90 visualizzazioni! (Visto che le 50 sono state superate più veloce di quanto pensassi).

A presto 💕

Portami sui colli bolognesiWhere stories live. Discover now