Capitolo 20

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La serata passa tra le risate e gli scherzi, tra le battute sessuali e tra le domande. Caterina e Tonno sono le vittime principali, vista la loro recente rivelazione con il bacio a mezzanotte.
Piano piano sento la spinta dell’alcol allontanarsi, e credo sia così per tutti perché piano piano ci spegniamo come fossimo lampadine scariche.

I primi a cedere sono Nelson e Cesare, che con la scusa della stanchezza se ne vanno nelle loro stanze con le fidanzate. Dopo di loro, anche Caterina e Tonno si dichiarano stanchi e vanno nelle loro rispettive stanze, imitati poi da Nicolas e Frank che si addormentano sul divano letto del salotto.
Alla fine, intorno alle 3:30 di notte – o di mattina? – gli unici rimasti svegli siamo io e Dario.
Lui stappa una bottiglia di vino rosso, probabilmente l’ultima rimasta dalla serata, e mi chiede se ne voglio un po’.
Annuisco, ma non so se sia una grande idea, dato che sto ancora smaltendo la sbronza precedente. Ma ormai è troppo tardi per tirarsi indietro, perché ho già il bicchiere sulle labbra e il retrogusto amaro del vino sulla lingua.
«Sta iniziando a piacermi troppo il vino rosso» sta dicendo Dario, ancora abbastanza ubriaco.
«A me non è mai piaciuto invece».
Lui mi guarda e ride, perché in effetti sono un controsenso: non mi piace il vino eppure eccomi qui, a berlo.
«Che c’è?» rido io.
«In fondo non cerchiamo tutti di farci piacere anche le cose spiacevoli?» la frase mi esce più seria di quanto volessi, ma decido di non pensarci e butto giù un altro sorso.
Dario mi guarda in silenzio e sembra sia rimasto colpito da ciò che ho detto.
Io intanto mi lascio guidare dalla spinta dell’alcol.
«Mi chiedevo…» cerco di dire, dissimulando, anche se il vino non mi aiuta.
«Perché non c’è Lucrezia?».
Dario ci pensa su un secondo, mentre beve il suo vino rosso.
«Ho chiesto agli altri di non invitarla» dice poi.
Quasi mi va di traverso il vino quando sento le sue parole.
«Se l’hai fatto per colpa mia, per ciò che mi ha detto, guarda che davvero per me-».
«Lascia stare, Emma. Avrei dovuto farlo molto tempo fa» mi ferma lui.

Sono confusa: cosa intende dire?
Vorrei aver bevuto meno, in questo momento, soltanto per riuscire ad elaborare un pensiero più concreto su ciò che mi sta dicendo Dario. Ma non riesco a capirci niente, e forse non voglio neanche farmi idee sbagliate ed illudermi di nuovo.
Non dico niente e tra di noi piomba il silenzio.

«Insomma…» inizia Dario.
«Tu e Nic? Prima, nella stanza…».
Non capisco a cosa si riferisce, ma poi mi ricordo che tutti pensano che ci siamo baciati e decido di reggere la parte ancora per un po’.
«Niente di che, ci siamo divertiti un po’» rispondo, rimanendo molto vaga.
Dario allunga una mano verso la bottiglia di vino e se ne versa un altro bicchiere.
Poi appoggia con forza la bottiglia sul tavolo.
«Non sapevo che ci fosse dell’interesse, tra di voi» borbotta, quasi come se non volesse che lo sentissi.
Lo guardo maliziosa.
«Perché no? Nic è anche un bel ragazzo, in effetti avremmo potuto pensarci anche pr-».
«No, assolutamente. È solo che non pensavo che fosse il tuo tipo, tutto qua» taglia corto lui, tutto d’un fiato.
Il vino sta avendo il suo effetto su di me, perché sono particolarmente loquace e dispettosa, stanotte.
«Non sarai mica geloso, eh?» ridacchio io, brilla.
«Perché dovrei?» ribatte subito lui, brusco.
Mi zittisco, perché non mi aspettavo una risposta tanto fredda.
Lui si alza, abbandona il bicchiere sul tavolo e si passa una mano intorno alla bocca.
«Si è fatto tardi, è meglio se vado a dormire» prende e se ne va.

Io rimango da sola in cucina, a fissare la bottiglia di vino, ma senza berne altro: l’alcol me ne ha fatte dire già troppe, per oggi.
Decido che è arrivata anche per me l’ora di dormire, quindi mi alzo e vado verso la camera che condivido con Caterina.

Apro la porta cercando di fare silenzio, senza accendere la luce, e cammino in punta di piedi per cercare di non svegliarla. Allungo le mani nel vuoto e a tastoni riesco a trovare il letto.
Tocco le coperte per controllare che sia tutto in ordine, ma nel letto non c’è nessuno.
Accendo la luce sul comodino e fisso il vuoto, dove invece dovrebbe esserci la mia amica.
Ma dov’è finita quella fava?

Se i miei sospetti sono giusti, la troverò nella stanza di Tonno: mica scemi, quei due.
Apro la porta della stanza in tutta fretta, a passo spedito verso il corridoio, ma vado a sbattere contro qualcuno.
Mi scappa un urlo.
Urla anche Dario.
«Ma sei deficiente?!» sussurro, come se questo potesse compensare al grido di prima.
Il cuore mi batte a mille per lo spavento.
«Mi hai fatto venire un infarto!».
«Idem» dice Dario, mentre respira affannosamente, la mano sul petto per la paura.
Poi scoppia a ridere.

«Comunque la porta della mia camera è chiusa a chiave» mi informa.
«Credo che Tonno si sia dato da fare, stanotte» dice, ridendo sotto i baffi.
Gli tiro una botta sul braccio.
«Ahi!» si lamenta.
Lo guardo storto e lui rotea gli occhi al cielo.
«E adesso come facciamo?» chiedo io.
Lui mi guarda, poi guarda oltre la mia spalla, verso il letto.
«Direi che c’è abbastanza posto anche per me, no?».
Rimango interdetta.
In effetti è la soluzione più sensata, ma non significa che la cosa mi faccia sentire a mio agio.
«Ehm… Sì, giusto» e mi sposto per lasciarlo entrare.
Lui si sdraia sul letto e si mette comodo.
Io faccio lo stesso, o almeno ci provo.

Dovrei dormire, ma tutto il sonno che avevo è sparito.
Adesso ho il cuore in gola e non credo che riuscirò mai a prendere sonno, non con il vino ancora fresco addosso, non con Dario accanto a me, nel mio stesso letto.

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Nel prossimo capitolo:
[...]  Non so quanti minuti passino, nel buio e nel silenzio di quella stanza. Sono sdraiata sul letto, ma sto dando le spalle a Dario e non posso vedere se è ancora sveglio.

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Sono un po' triste che siamo giunti alla fine...
Manca solo un capitolo ormai 😨
Per fortuna sto scrivendo un'altra ff su Dario e la potete trovare sul mio profilo! 😍

Portami sui colli bolognesiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora