Capitolo 19

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Oggi è il 31 dicembre.
Questo è il giorno dell’anno che aspettano e odiano quasi tutti: una scusa per festeggiare e ubriacarsi, il promemoria di tutto ciò che non abbiamo realizzato quest’anno.
Caterina è tornata solo ieri dalla sua città e solo oggi ho avuto modo di vederla. Finalmente posso darle il regalo che le ho comprato, anche se è solo un piccolo pensiero.

Lei lo apre, sorpresa.
Dentro la busta che le ho dato ci sono due braccialetti viola, con il ciondolo di un cuore spezzato in due.
«Non dovevi» mi dice, commossa, mentre si lega il bracciale al polso e poi mi aiuta ad indossare il mio.
«Non è niente di che, ma ci tenevo a dartelo» le dico, un po’ in imbarazzo.
Lei mi sorride, ed è un sorriso più raggiante del solito.
«Ma guarda che sorrisone!» le faccio notare.
«Mi sono forse persa qualcosa?» la stuzzico, ammiccando.
Lei diventa tutta rossa e si copre la faccia con la busta del mio regalo. Io gliela sposto dal viso e la guardo di sottecchi.
«E va bene. Ma prometti di non dirlo a nessuno!» cede infine.
Le faccio il segno del giuramento, con la schiena diritta a mo’ di soldato.
«Beh… Io e Francesco ci siamo messi insieme» lo dice sghignazzando, tipico di chi è innamorato e non riesce a trattenere il sorriso quando parla dell’altro.
«Lo sapevo!» grido, e poi ci abbracciamo e gongoliamo come fossimo tornate bambine.

Passiamo il pomeriggio a raccontarti le nostre vacanze e ad aggiornarci sugli ultimi avvenimenti. Le racconto di Dario, ma la prego di non insistere sull’argomento perché non ho voglia di parlarne e lei rispetta la mia richiesta.
Mentre ridiamo e scherziamo, Cate mi aiuta a preparare lo zaino per questa sera.

Oggi è l’ultimo dell’anno e Nicolas ha organizzato una festa a casa sua, invitando tutti i suoi amici nella sua villa in collina.
Caterina mi ricorda di portare il caricatore per il telefono e lo spazzolino, e poi siamo pronte per andare.
Tonno è giù che ci aspetta con la macchina. I due si salutano imbarazzati, ma io so che se non ci fossi, si sarebbero salutati con un bel bacio.
Sono così contenta per loro, che la mia giornata e il mio umore sono già nettamente migliorati.
La casa di Nicolas è lontana da Bologna: per raggiungerla ci vuole un bel po’ anche in macchina, perché si trova in uno dei punti più alti dei colli bolognesi.
Io ancora non li ho visti davvero, i colli, e solo durante il viaggio in macchina riesco a cogliere sprazzi di verde e di alberi dal finestrino.
Una piccola parte di me spera ancora di poterli vedere insieme a Dario, la stessa parte che ripensa tutti i giorni alla sua promessa.

Quella di Nicolas è una vera e propria villa, con tanto di piscina – purtroppo inutilizzabile visto i 2 gradi sotto lo zero che ci sono fuori – e parcheggio per le macchine.
Lui ci fa accomodare e addirittura c’è una stanza per tutti: una per Nelson e Beatrice, una per Cesare e Sofia, un divano letto per Frank e Nicolas, un’altra camera per Dario e Tonno e anche una per me e Caterina. Non credo di esser mai stata in una casa così grande, prima d’ora, e mentre osservo gli alti soffitti mi gira quasi la testa.
«Cavolo, Nic! Hai una casa veramente stupenda» gli faccio notare.
Lui mi fa un grande sorriso.
«E aspetta di vedere lo studio di mio padre!» mi dice, poi mi invita a seguirlo in un’altra stanza.
Ci ritroviamo in uno studio fotografico per eccellenza, con le pareti ricoperte di fotografie di ogni epoca: da quelle in bianco e nero dei suoi parenti, fino a quelle più recenti scattate da Nic e suo padre. Ci sono anche delle vetrinette in cui sono esposti vecchi modelli di fotocamere analogiche e una videocamera Super 8.
«Ti piace?» mi chiede, e la sua voce ha quel tono di trepidazione che si sente spesso nei bambini quando ti mostrano i loro giocattoli. Nic mi fa tenerezza.
«Da morire» gli rispondo, con gli occhi che mi brillano alla vista di tutto quel ben di Dio.
«Un giorno potremmo andare a scattare insieme» mi propone lui, e ammetto che l’idea mi sembra stupenda. Mi scappa un gran sorriso: sono contenta di aver trovato qualcuno a cui piaccia così tanto la fotografia.
«E magari mi insegni a scattare in analogico».
«Cavolo, sì. Devi assolutamente provare l’ebrezza dell’originale, che con il tempo si è perso il vero gusto della-».
«Scusate» ci interrompe Dario.

Io e Nic ci voltiamo nello stesso momento, disturbati dal nostro dialogo da nerd.
«Mi hanno detto di cercarvi che di là è pronto».
Dario ci sta guardando in modo strano, ma sembra che sia l’unica a notarlo perché Nicolas gli risponde subito.
«Arriviamo».
Esco dallo studio, cercando di evitare gli occhi di Dario. Mi sento incredibilmente in imbarazzo quando sono vicina a lui.
«Gli altri pensavano vi foste appartati» sento dirgli.
Mi giro verso di lui, i nostri volti sono vicinissimi. Lui ha una mano sulla maniglia della porta, mentre io sono appena fuori dalla soglia.
«Cosa? Ma è ridicolo» dico io, abbozzando una risatina.
«Lo è?» mi chiede lui, la voce ferma, l’espressione indecifrabile.
Non capisco se sia serio o se stia scherzando.
«Ti prendo in giro, scema» aggiunge poi, ridendo.
«Dai, andiamo a mangiare» e ci avviamo insieme in cucina.

Ci ritroviamo tutti a tavola a cenare e il cibo è talmente tanto che la superficie di un tavolo per 10 persone non riesce a contenerlo.
Ci eravamo promessi di non iniziare a bere alcol prima della mezzanotte, così da poter inaugurare il nuovo anno con lo spumante e poi dare inizio alla vera festa. Ma ovviamente, come ad ogni festa di Capodanno che si rispetti, prima della mezzanotte siamo già tutti ubriachi.

«10, 9, 8, 7, 6…».
Siamo tutti in piedi, con le bottiglie di spumante pronte e la tv sintonizzata su Rai 1, a gridare il countdown prima di dare il benvenuto al nuovo anno.
Cate e Tonno sono vicini e anche loro hanno bevuto abbastanza, lo si capisce dal fatto che i loro corpi si avvicinano senza imbarazzo, anche se siamo davanti a tutti gli altri.

«5, 4, 3…».
Mi gira un po’ la testa, forse non avrei dovuto bere quei 2 drink prima dello spumante.
Intorno a me ci sono tutti, le coppie che si tengono per mano e si abbracciano, Nicolas e Frank che si preparano a stappare la bottiglia, Dario col suo bicchiere in mano, in attesa di essere riempito.
Solo adesso mi rendo conto dell’assenza di Lucrezia.
Perché non è qui?

«2…».
Sposto i miei occhi su Dario e anche lui mi sta guardando. Alza il bicchiere e mi sorride.
Decido di lasciarlo perdere, probabilmente perché non ho le capacità mentali per pensarci, adesso.

«1!».
Sento lo scoppio del tappo che parte e va a sbattere contro il muro, sfiorando per un pelo la testa di Nelson, che inizia a ridere come un matto.
Subito dopo, un grande coro di “Buon anno!” inizia a riempire la cucina e iniziamo tutti ad abbracciarci.
Ad un certo punto sento esultare e parte un coro di urla e di complimenti: sono i ragazzi che gridano perché davanti a noi Tonno e Caterina si stanno baciando.
Quando si staccano, lei mi guarda e mi sorride, e io ricambio.
Per lei sarà un bellissimo anno.

La serata continua e ci ritroviamo tutti in cerchio a giocare ai classici giochi alcolici: io non ho mai, obbligo o verità e così via.
«Io non ho mai…» sta dicendo Frank.
«Ballato nudo con una birra in testa!» grida, piuttosto ubriaco.
Tutti scoppiano a ridere e poi iniziano a prenderlo in giro, perché non è proprio così che funziona il gioco. Anche se devo ammettere di non aver mai davvero capito come funzioni questo gioco.
«Cambiamo gioco allora» è Nelson.
«Facciamo quello dei film americani dove le persone si chiudono negli sgabuzzini a limonare!» grida poi, anche lui evidentemente brillo, con Beatrice accanto che se la ride.
«Amore, quello è 7 minuti in paradiso» gli dice lei.
«Sì! Proprio quello lì, dai!» risponde allora lui, mentre si allunga a prendere una bottiglia di birra vuota. La mette al centro del cerchio e ci invita ad iniziare.

Il primo a girarla è Frank, come ci si poteva aspettare vista la sua attrazione per l’alcol, e la bottiglia sceglie per lui Cesare. L’amico non sembra molto contento all’idea di trascorrere i 7 minuti in una stanza con lui, ma alla fine ci vanno lo stesso.
Quando escono tutti li sfottono per il loro presunto bacio, che ovviamente non c’è stato.

Adesso è il turno di Nicolas. Lui gira la bottiglia, che si ferma nella mia direzione.
Mi lancia uno sguardo divertito e, mentre gli altri ci ululano dietro come cani, io e lui entriamo nella stanza.
Quando usciamo, tutti esultano pensando che ci siamo baciati. La verità è che abbiamo continuato il nostro discorso sulla fotografia analogica: ma questo gli altri non lo sanno, perché così è più divertente.
Mentre tutti provano a dedurre cosa sia successo, io e Nic ci guardiamo e ci facciamo un sacco di risate. In tutto questo, sembra che l’unico a non ridere sia Dario. O forse sono io ad essere troppo ubriaca.
Sì, sicuramente è colpa dell’alcol.

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Nel prossimo capitolo:
[...]  Piano piano sento la spinta dell’alcol allontanarsi, e credo sia così per tutti perché piano piano ci spegniamo come fossimo lampadine scariche.
[...]
Alla fine, intorno alle 3:30 di notte – o di mattina? – gli unici rimasti svegli siamo io e Dario.

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Qua fanno 40° gradi, ma nella storia è Capodanno! E si sa che a Capodanno succede sempre qualcosa...

Mancano solo 2 capitoli alla fine! 😱

Portami sui colli bolognesiWhere stories live. Discover now