Capitolo 17

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25 Dicembre
«Buon Natale, amore» è mia mamma che, insieme a mio padre, mi dà una busta dorata. Io li ringrazio e do un bacio sulla guancia ad entrambi. So già il contenuto della busta, tant’è che potrei anche non aprirlo, ma mi sembra brutto dal momento che mi hanno scritto anche un biglietto.
Lo leggo in disparte, non davanti a tutti gli altri parenti perché mi creerebbe troppo imbarazzo. Il testo è un miscuglio di “ci sei mancata molto” e di “quanto sei diventata grande”, seguito da un “siamo fieri di te”.
Sento gli occhi inumidirsi e mi trattengo dal piangere, perché non voglio fare scene e non voglio creare drammi. Rimetto il biglietto nella busta e mi appunto mentalmente di portarlo con me a Bologna, così da ricordarmi le due meravigliose persone che mi aspetteranno sempre a casa. A volte, ammetto che mi sento un po’ in colpa per essermene andata e averli lasciati da soli. Soprattutto, non vorrei che pensassero che io sia scappata da loro, perché non è assolutamente così: voglio loro un bene dell’anima.

Natale passa così, tra pranzi e cene con parenti, con le tavole piene zeppe di cibo e di pandori e panettoni. Il dolce è il mio momento preferito, perché sono l’unica a cui piace il panettone classico – quello con i canditi e l’uvetta – e alla fine delle cene avanza sempre, così lo posso mangiare i giorni seguenti a colazione.

Oggi non ho considerato molto il telefono e visto che ci sono, controllo le notifiche e rispondo a tutti gli auguri di Natale che ho ricevuto da stamattina.
Casco sulla chat con Dario, col suo ultimo messaggio a cui non ho risposto.
Mi domando cosa stia facendo lui, adesso. Se stia passando delle belle vacanze in famiglia, o se stia passando le sue giornate con Lucrezia.
Anche solo l’idea di loro di nuovo insieme, mi fa sentire giù di morale. Oggi, soltanto per oggi, devo riuscire a non pensarci.

Affogo i miei dispiaceri nel panettone.

Il telefono vibra e si illumina con un messaggio di Giada.

- Esci che ti ho fatto una sorpresa! -

Tipico di Giada: presentarsi all’ultimo minuto durante Natale, solo per farmi gli auguri di persona o vedermi un’altra volta.
In un lampo sostituisco le mie pantofole con un paio di scarpe, avverto i miei ed esco di casa.
Fuori dal portone mi guardo intorno, in cerca di Giada, ma non la vedo da nessuna parte.
Mi arriva un altro messaggio.

- Non odiarmi, ti prego. –

All’inizio non capisco il significato di quel messaggio da parte di Giada: perché mai dovrei odiarla?
Ma poi alzo lo sguardo e lo vedo.

Il mio battito accelera come se fossi su una montagna russa.
«Ciao» dice lui.
Sono sorpresa e non riesco a rispondere.
«Probabilmente ti starai chiedendo che ci faccio qui…».
Lo guardo. Indossa una felpa nera e dei jeans chiari e le sue mani sono affossate nelle sue tasche, come sempre.
«Infatti» riesco a balbettare.
«Che ci fai qui?».
«Devo spiegarti».
Incrocio le braccia sul petto e lo guardo scettica. Ma poi mi incammino verso la piazza vicina e ci sediamo su un muretto.
«Ti ascolto».

Lui tira fuori le mani dalle tasche e le unisce, le tiene sospese fra le gambe, con i gomiti appoggiati alle ginocchia. Non mi guarda.
Mi dice che è stata Giada a contattarlo, perché mi aveva vista molto giù e pensava fosse importante parlare con lui per non rovinarmi tutte le vacanze. Mi appunto mentalmente di ucciderla, se uscirò tutta intera da questa conversazione.
Dario mi dice anche che non voleva che le cose andassero così, che niente di ciò che è successo era programmato e che gli dispiace davvero tanto.
Aggiunge che non è tornato con Lucrezia, non davvero: stanno “solo” uscendo. Sa di essere stato disonesto con me, lo sta ammettendo, ma non parla mai di un “noi”: tutto ciò che riesco a sentire sono scuse su scuse, giustificazioni, e il nome di lei ripetuto fin troppe volte.

«Cosa vuoi che ti dica, Dario?» sbotto.
«Non lo so» risponde subito lui, sospirando.
«Vorrei solo cancellare questo brutto errore e far tornare tutto come prima».
Sento qualcosa stringersi nel petto, le lacrime che mi pungono gli occhi.
Cos’è che vorrebbe cancellare: la situazione con Lucrezia? Oppure noi? Me?
Vuole far tornare tutto come prima, ma prima quando? Quando eravamo solo “amici”, o quando mi ha baciata e ancora non sapevo di Lucrezia?

«Prima quando?» sussurro, con la voce un po’ spezzata.
«Quando era tutto meno complicato, quando eravamo amici» è la sua risposta.

Mi scappa un risolino isterico e so di apparire presuntuosa.
Amici.
«Cosa vuoi che ti dica? Cosa vuoi sentirti dire, davvero?» sono diventata aggressiva.
Lui rimane a fissarmi, la bocca semiaperta, lo sguardo perso.
Poi scuote la testa come per negare i suoi stessi pensieri.
«Cosa dovrei dire io, piuttosto?».
«Tu?» gli chiedo, allibita.
«Sì, io! Anche tu non sei stata completamente corretta con me, o forse ti sei dimenticata di quella sera con Luca? Della tua ripicca ridicola».
«Seriamente stai tirando fuori questa storia?! Mi sono già scusata!».
«E allora? Mi ero praticamente dichiarato a te due giorni prima, Emma! Come dovevo sentirmi?».
«Quindi giustamente ti rimetti con la tua ex la sera stessa in cui baci me? Mi sembra logico: è un’ottima vendetta!».

Mi alzo in piedi, furente, ma anche triste perché l’ho ferito più di quanto pensassi.
«Vendetta?!» si alza anche lui.
«Non hai capito proprio un cazzo, Emma» dice con voce glaciale.
«Allora siamo in due» lo guardo con aria di sfida.

Ci guardiamo per un attimo.
Poi lui ride, così dal nulla.
«Perché finiamo sempre a litigare?» dice con voce più calma.
Vederlo così tranquillo mi fa incazzare ancora di più.
«Non lo so» rispondo secca.
Siamo in piedi uno davanti all’altra, ma io neanche lo sto guardando: i miei occhi sono puntati sulla porta di casa, indecisa se invitarlo ad andarsene o se andarmene io stessa, lontano da questa piazza e dalla sua proposta impossibile.

«Senti, sono venuto per chiarire la situazione e cercare di rimediare» sospira.
Sento i suoi occhi addosso a me, so che sta aspettando una risposta.
Ma io davvero non so cosa rispondergli: vuole davvero tornare ad essere amici? Ma lo sa che lui per me non è mai stato soltanto un amico?
Sento un nodo salirmi alla gola ed è come se le mie corde vocali si stessero intrecciando fra di loro, strette, come due innamorati possessivi.
«Emma, per favore» sento che si avvicina e mi appoggia una mano sul braccio.
Sento un brivido, ma questa volta non è piacevole: credo sia paura. Paura di perderlo.
«Ho bisogno che tu mi perdoni…».
Non ce la faccio.
È più forte di me.
Annuisco sommessamente e lui mi accenna un sorriso. Non so dire se sia vero o falso, perché non riesco neanche a guardarlo bene in faccia.

Lui poi se ne va, e mi saluta con i due classici baci sulle guance.
Sembra davvero che tutto sia tornato come prima.
Prima del bacio.
Ma io vorrei che tutto fosse come dopo.
Dopo il bacio.
Così potrei salutarlo come vorrei, quando lui se ne va.

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Nel prossimo capitolo:
[...]  Torno a Bologna più rilassata di quando sono partita. [...]
Se avessi saputo ciò che mi aspettava, però, me ne sarei rimasta più che volentieri a casa.

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Mancano solo 4 capitoli alla fine!
Secondo voi cosa succederà?

Portami sui colli bolognesiWhere stories live. Discover now