Capitolo 14

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Il turno al locale finisce inaspettatamente bene. Mate si è complimentato per la mia scaltrezza, e io ci ho messo tutto l'impegno necessario per fare un buon lavoro. Certo, l'ansia e la preoccupazione non sono mancate, ma grazie all'aiuto di Alice sono riuscita a rimanere concentrata sulle mie mansioni che, seppur semplici, sono state comunque qualcosa di nuovo da affrontare, per me.

Entrambe soddisfatte, Pede ed io ci allontaniamo ridendo dal bar, in cerca di un altro posto dove poter bere qualcosa, prima di tornare a casa. Vorrei passare una serata tranquilla con lei, ne abbiamo bisogno entrambe.

Arriviamo in zona Accademia e troviamo un piccolo locale che dà la possibilità di sedersi all'esterno, con una vista molto carina sulla piazza affollata. La fastidiosa quantità di piccioni che di solito disturba i turisti – e non solo – si dirama sempre di più, con l'avanzare tranquillo della sera.

Quando una cameriera poco cortese ci chiede cosa vogliamo ordinare, opto per un analcolico, mentre Alice sceglie un cocktail dal nome strano.

«Hai visto Carlotta stamattina? Sentivo che accennava a Thomas che ti avrebbe aspettata in biblioteca» mi chiede, rabbrividendo. Settembre diventa ogni giorno più fresco, e siamo entrambe senza un maglioncino da infilarci sopra.

«Sì... ma vuoi entrare? Così evitiamo di prendere freddo» propongo, vedendola strofinarsi le mani.

«No, no, mi riscaldo non appena arriva il mio bicchierino» dice, facendo schioccare la lingua. «Come ti sembra?» prosegue poi.

«Carlotta? È stata molto gentile con me, mi ha aiutata un sacco per l'uni.»

Tira fuori un pacchetto di Winston Blue dalla borsetta di pelle nera, e si accende una sigaretta.

«Fumi?» mi porge il pacchetto aperto con fare distratto.

«No, grazie.» Noto che mi vuole chiedere altro, e penso che le sue domande riguardino ancora Carlotta. «Cosa vuoi sapere di preciso, di Carlotta?»

Alice mi guarda con una luce negli occhi che non le avevo mai visto prima, e il suo tenero sorriso, appena accennato, mi fa capire che è grata per il mio intervento. Riusciamo a intenderci come fossimo sorelle, eppure ci conosciamo da così poco.

«Non lo so nemmeno io» ammette, con una certa serietà.

«Mi ha accennato qualcosa, sulla vostra situazione. È una persona con cui si riesce a parlare in tranquillità, e abbiamo condiviso un paio di esperienze» le confesso sincera.

«Quindi sai che siamo state insieme?»

Annuisco col capo; lei mi guarda negli occhi, pensierosa.

«Sai perché non lo siamo più?»

«Mi ha detto solo che non ha dato il giusto peso al vostro rapporto.»

Sbuffa un sospiro, che è per metà una risatina. Scuote la testa, ma ancora non parla.

«Pede, mi hai detto una cosa, quando sei venuta da me fumata.» Sorridiamo insieme per il modo esplicito con cui ho riportato a galla quella serata.

«Mi avevi detto che non avevo detto stronzate!» s'offende lei, per scherzare.

«Infatti, non era una stronzata. Mi hai detto che sei stata tradita, e non mi è sembrato che avessi superato la cosa» mi rivolgo a lei in modo premuroso, so che è un tasto dolente, non voglio forzarla a parlarne, al di là della curiosità che cresce sempre di più dentro di me.

«Carlotta, sì. Con un tizio dell'università. Lo so che sono una persona difficile da gestire, ma se non te la senti me lo dici, invece di fare 'ste cazzate. Mi pianti, mi saluti, e vai a scoparti chi vuoi» aspira con foga, per poi battere piano il dito sulla sigaretta e far cadere la cenere a terra. Espira forte, e il fumo si dissolve veloce.

Alzo le sopracciglia e arriccio la bocca. Non conosco Carlotta, ma non mi sembrava davvero il tipo di persona capace di pugnalare alle spalle così.

«Approvo» mormoro.

«Non ha nemmeno avuto le palle di dirmelo. Sono venuta a saperlo perché si sentiva in colpa e l'ho beccata a sfogarsi con Thomas. Ho sentito tutto, e a un certo punto le ho fatto un bell'applauso. Si sono accorti di me, io e Carlotta abbiamo litigato di brutto e poi non ci siamo più parlate.»

«Sembrava volenterosa di rimediare, da come mi parlava, stamattina.»

«È inutile che finga. Non voglio rimediare un cazzo, vorrei vedere lei al mio posto. Sono troppo buona.»

«Hai intenzione di cambiare appartamento, o rimarrai comunque lì? Non dev'essere facile continuare a convivere.»

«Ma neanche per sogno, se una delle due se ne deve andare, è lei. Poi lei neanche va d'accordo con Thomas, si sono parlati in quella situazione, perché era sola come un cane, ma loro non sono amici. Convivono, stanno in pace perché ognuno si fa i cazzi suoi, ma non hanno un vero e proprio rapporto.»

«Almeno con Thomas non hai problemi» sussurro. Non so mai cosa dire in certe situazioni. La vedo ferita, nervosa, quando parla di queste cose, e mi dispiace parecchio vederla così.

«Beh, tesoro, devi dirmi di te ora» un sorrisone le invade il visino magro.

«Cosa ti devo dire?» ridacchio per il tono da complice che ha assunto.

«Ma di Ryan, testina!»

Il suo entusiasmo mi imbarazza, ma sento questo bisogno di raccontarle quello che è successo, e non riesco a trattenermi.

«Non c'è niente da dire» faccio un ultimo tentativo di resistenza, mentre mi metto i capelli dietro le orecchie e mi siedo più comoda.

«Guarda che ho visto che te lo sei fatta» mi stuzzica.

«Va bene, va bene. Mi ha baciata, sì.»

«E?»

«E niente, è stato carino» sento le guance riscaldarsi.

Non diventare rossa, non diventare rossa.

«Cazzo, Elena, sei proprio cotta a puntino.»

«Non è assolutamente vero.»

«"È stato carino" mi rifila, 'sta stronza. La tua espressione dice ben altro, sei bordeaux! Ma che t'ha fatto? Sapevo delle voci sulla sua bravura, ma una roba del genere non me l'aspettavo.»

Alle sue parole, l'entusiasmo che aveva preso pure me cala repentinamente.

Dovevo aspettarmelo. Anzi, lo sapevo che era così. Come ho potuto dimenticarmi con chi ho a che fare?

Pede nota subito le mie preoccupazioni, e cerca di rimediare: «Era solo una battuta, Elena».

«Thomas ha ragione, ci sono cascata.» Fa strano ammetterlo, dirlo ad alta voce. «Si vede lontano un miglio che tipo di ragazzo è. Non c'è da fidarsi. Non solo il suo gruppo ti ha incastrata con tutta quella storia della scatoletta, ora come minimo se la starà tirando con i suoi amici per avermi fatto cadere tra le sue braccia nel giro di pochi secondi» riprendo.

«Non lo so, Elena. Le voci che girano sono queste, ma chi lo sa chi è davvero quel tizio. È stronzo, per carità, ma non so se ci sia qualcuno che lo conosce davvero tra la gente che si porta sempre appresso.»

«Con quante ragazze l'hai visto, da quando conosci lui e il suo gruppo?»

Alice apre leggermente la bocca. Il nostro ordine arriva, lei spegne la sigaretta, e mescola piano il liquido rosato nel bicchiere pieno di cannucce e ombrellini.

Sospiro anche io una risata, come aveva fatto lei poco prima.

«Ecco, mi hai già detto tutto quello che avevo bisogno di sapere.»

Mi guarda facendo il broncio, intristita, per strapparmi un piccolo sorriso.

«All'amicizia?» mi chiede.

«All'amicizia» brindo, facendo tintinnare il mio bicchiere sul suo.

SOTTO LE PERSONEWhere stories live. Discover now