Capitolo 30

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Dopo aver passeggiato fianco a fianco, tra ponti e vicoli sempre più o meno uguali, con le nostre mani a sfiorarsi di tanto in tanto, arriviamo in una zona ricca di alberi e verde. La luce dei lampioni illumina fiocamente la strada, e non posso che rimanere incantata dalla pace che questo posto trasmette.

Ryan si siede su una delle panchine che si affacciano sul mare, e rimane a osservarmi. Dopo essermi guardata un po' intorno, decido di lasciarmi cadere di fianco a lui.

«Dove siamo? È bellissimo» dico, inspirando l'odore del mare e del verde che ci circonda.

«Ai Giardini della Biennale» risponde lui, abbozzando un sorriso.

«Biennale? Non siamo un po' troppo lontani da casa?»

«È mezz'ora che camminiamo, anche di più, e te ne sei accorta solo ora che siamo lontani da casa?» Ryan sbuffa una risata, sembra a suo agio, tranquillo. Rilassato.

Nemmeno questo Ryan è niente male, penso, inciampando nei suoi occhi.

Ci sorridiamo, e mi sembra di essere tornata una quattordicenne alla sua prima cotta, e vorrei fosse tutto più semplice. Vorrei non avere questo peso perenne sulle spalle, vorrei innamorarmi senza avere paura di ferirmi, vorrei che fossimo meno complicati, io e lui; perché lo vedo che qualcosa lo tormenta, così come il mio passato tormenta me.

«A cosa pensi?» mi chiede a un tratto, i nostri sguardi ancora intrecciati. Scuoto piano la testa, non saprei nemmeno da dove iniziare, per spiegargli ciò che mi frulla nella mente.

«A troppe cose» mormoro.

Le sue labbra sono una linea sottile e morbida su quel viso perfetto, gli zigomi un poco alti, le sopracciglia folte il giusto.

Un angelo.

«Che cosa vuoi sapere?» dice poi, in modo diretto, ma quasi premuroso.

Mi prendo un attimo per setacciare i miei pensieri. Sembra non essere facile parlare con Ryan della sua vita, perciò è un'occasione da prendere al volo.

«La tizia rossa che ti gira sempre intorno è la tua ragazza?» chiedo, d'istinto.

Oh, cazzo, che ho detto, che ho detto? mi domando, portandomi le mani a tapparmi la bocca.

Ryan fa un'espressione strana, sembra non capire subito, ma poi scoppia a ridere; e chi cazzo se ne frega del mio viso bordeaux, del caldo che mi è venuto, della figura di merda che ho fatto, rido anche io, e rido mordendomi le labbra, perché stasera è ancora più bello del solito, e vorrei tanto baciarlo, e mi trattengo solo per non fare un'altra figuraccia.

«No, piccola, lei non è la mia ragazza» mi rassicura lui, alzandomi il mento e facendo schioccare la lingua. Il suo sorriso provocante gli riempie il viso, e un lampo di passione gli attraversa gli occhi.

Distoglie lo sguardo da me, porta il peso in avanti, e chiede: «C'è altro che vuoi sapere?»

Sembra essersi fatto serio, perciò mi do un contegno e vado dritta al punto: «Perché mi dici sempre cose come "Stanne fuori"? Da cosa dovrei star fuori?» La mia voce cede alla fine delle mie domande, e spero che lui non l'abbia notato.

Ryan sospira, e dopo qualche attimo risponde: «Lo faccio per proteggerti, ragazzina».

«E da cosa dovresti proteggermi?»

Un altro sospiro anticipa le sue parole. «Senti, ho delle cose in sospeso. Cose probabilmente più grandi di me, di te, di tutti e due messi insieme.» Distoglie lo sguardo dal mio viso imbronciato e lo punta alle sue scarpe, per poi aggiungere: «Non voglio coinvolgerti nella mia merda».

SOTTO LE PERSONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora