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Spinsi le mani contro le mie ginocchia prima di alzarmi e appoggiare un palmo sul muro dietro di me, era come se non avessi più forze. Come se Luke mi avesse prosciugato tutte le energie con una sola parola.

Strinsi il libro tra le dita avvicinandomi al tavolo della cucina, al centro di esso c'era ancora il the che avevo lasciato li prima si aprire la porta, prima che la mia giornata si rivoltasse. Rigettandosi su di me.

Il liquido aveva smesso di fumare e con calma presi la tazza svuotandola e lavandola, mi era passata la fame, la sete. Qualunque cosa implicasse il mettere qualcosa nello stomaco, lui aveva riempito tutto di angoscia e ansia.

Il mio corpo aveva perso l'abitudine a quelle sensazioni ma presto si sarebbe riabituato. Si sarebbe adattato, il mio cervello avrebbe ammesso che Luke era davvero li in Inghilterra, era davvero arrivato dall'altra parte del mondo.

Scossi la testa, non sembra neanche vero. Non sembrava possibile, per un secondo pensai che fosse stato il mio subconscio a giocarmi un brutto scherzo. Ma non sarei riuscita a farmi una cosa così brutta.

E lui lo vidi così diverso, giusto per avide siate il fatto che erano passati anni. Un senso di rabbia si impossessò di me mentre ripensavo alle sue lacrime.

Solo che, lui non ne aveva il diritto, lui non poteva cedere davanti a me. Avevo frenato tutta la mia compassione per non toccarlo. Per non assecondarlo e piangere con lui per tutti i motivi che in quegli anni mi avevano tormentato.

La verità era che avevo smesso di piangere tempo prima, ricordavo che per mesi mi ero asciugata gli occhi guardando la pioggia londinese che rispecchiava il mio stato d'animo.

E lui non c'era, piangevo da sola.

E mi diede fastidio vederlo sfogarsi con me solo per essere consolato, con me non l'aveva mai fatto.

Guardai il libro che avevo appoggiato sul bancone, sentendo la rabbia tramutarsi in tristezza e nostalgia.

Mi asciugai le mani con uno strofinaccio prima di prendere la copertina e aprirla, una foto di Ilaria era posta al lato, sorrideva e sotto di essa c'era un breve descrizione della sua vita. Alcune cose le sapevo ma il suo cognome era ancora difficile da pronunciare.

Scossi la testa e rigirai il libro tra le mani, sentivo gli occhi pizzicare.

Mi spostai dal lavello prendendo il telefono e guardando la porta che pochi secondi prima aveva assistito al mio crollo morale e fisico. Sentii la voce di Luke riecheggiare per l'entrata e chiusi gli occhi portando il telefono contro l'orecchio.

Aspettai qualche secondo e, dopo qualche suono acustico, la sua voce riempì la mia testa. Sorrisi per il suo accento Inglese forzato e parlai.

-Pronto?-

-Ciao.- risposi, dopo successe in fretta.

Incominciai a piangere, ero passata da un estremo all'altro in qualche secondo. Sentivo la voce di Ilaria cercare di dire qualcosa nella pausa dei miei singhiozzi ma non capii bene le sue parole.

Piansi più forte senza riuscire a pensare ad una frase sensata, il mio muro di indifferenza si era frantumato alla sola presenza di Luke. Come se ne fosse intimorito. I mesi che avevo passato a raccontare la nostra storia senza versare una lacrima furono sprecati.

Perché il quel momento ero li, di nuovo seduta sul pavimento mentre piangevo, e lui non c'era.

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Sistemai la sciarpa contro il collo per poi guardare a terra i miei piedi che battevano contro l'asfalto. Nella mia inquadratura spuntarono anche le scarpe di Ilaria, erano degli scarponcini di pelle nera. Doveva essere il suo colore preferito visto che indossava prevalentemente quello. Alzai lo sguardo sul suo viso, i capelli biondi e spesso erano quasi in contraddizione con il nero che indossava, teneva gli occhi azzurri puntati davanti a se mentre aveva la bocca coperta dalla grossa sciarpa di lana.

Disconnect 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora