Capitolo 30.

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Da quando ero piccola, mio padre non faceva altro che ripetermi che io un giorno avrei fatto il cambiamento.

Che un giorno, da qualche parte, avrei trovato la felicità: ma solo dopo aver lottato con le unghie e con i denti per ottenerla. E se così non fosse stato, se non avessi mai dovuto lottare, allora il tempo mi avrebbe fatto capire che non era quella la strada giusta.

Non avevo mai capito il significato di quelle poche parole. Anzi, anche crescendo, mi erano sempre apparse un po' come una contraddizione.

Come avrei potuto trovare la felicità dietro la sofferenza?

Sapevo che la vita non ci serviva nulla su un piatto d'argento. E se così fosse stato, avrebbe sempre avuto un retrogusto amaro.

Ma quando, crescendo, mi ero resa conto che lottare per qualcosa o per qualcuno richiedeva sacrifici, lacrime e rabbia, mi ero sempre chiusa a riccio, cercando sempre il famoso piatto d'argento su cui nutrivo speranze. Ridotte, ma sempre speranze.

Ma volere il piatto d'argento stava a significare una sola cosa, così come voler evitare a tutti i costi le lacrime, la rabbia, e la sofferenza: accontentarsi.

E accontentarsi è la via sicura che porta all'infelicità.

E io lo avevo provato sulla mia pelle con il mio ex fidanzato, Noah.

Dopo essere stata lasciata in maniera brutale e umiliante, avevo capito che il vero amore non ti fa piangere per l'umiliazione, e non fa fruttare solo pianti e litigate.

Avevo capito che il vero amore ti faceva dannare per essere raggiunto, ma una volta trovato, ti dava una forza interiore così potente che ti permetteva di superare tutti gli ostacoli.

Ecco cos'era il vero amore: una lotta, un percorso ad ostacoli, pieno di trappole. Ma bellissimo da affrontare, se dall'altra parte ci stava la propria metà.

L'amore mediocre, quello dell'accontentamento, finalmente lo riuscivo a vedere per ciò che era: un mucchio di lacrime versate, oggetti rotti, cuori infranti, e non un solo motivo o momento che ne facesse valere la pena.

«Ma allora, è pronta o no, la mia ragazza preferita? Guarda che il tramonto non ci aspetterà per sempre.»

«E pensare che la prima parte non era stata niente male.» sbuffai, salendo in macchina.

«La prima parte è stata perfetta.»

«Non direi.»

Camden si girò a guardarmi, e una scintilla in fondo alle sue iridi azzurre mi fece provare quella sensazione familiare.

Lo amavo. Amavo ogni cosa di lui.

«Cos'aveva che non andava?» mise il broncio.

«Hai detto "la mia ragazza preferita". Avresti dovuto aggiungere "l'unica e sola". E magare togliere "preferita". Tanto, se hai solo me, con chi dovresti mettermi a paragone?»

Fece una risata sarcastica. «Ah-ah molto divertente, questa è in assoluto la domanda a trabocchetto più furba che abbia mai sentito, ma non ci casco. Vieni qui.»

Si sporse verso di me, mi prese il viso tra le mani, e mi baciò proprio come aveva fatto qualche giorno prima, nel mio letto, prima di essere interrotti dai nostri migliori amici.

Quando riuscii a staccarmi da lui, avevo il fiatone. Appoggiai la fronte contro la sua, e sorrisi. «Sei incredibile.»

«Solo?»

«Anche presuntuoso.»

«Ah! Mi hai ferito.» mi diede un leggero pizzicotto sulla guancia, e si allacciò la cintura.

Guardami (IN REVISIONE)Where stories live. Discover now