EPILOGO.

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Un mese dopo.

«Questa è davvero una pazzia.» dissi, arretrando.

Una mano mi afferrò il polso. «Questa è la pazzia, Phoebe. Non puoi tirarti indietro, sarebbe da codarda.»

Lo fulminai con lo sguardo.

«Non hai imparato la lezione, Walker?»

«Evidentemente no, se sono ancora qui a pregarti.»

«Ragazzi...» piagnucolai, guardando i membri degli Edge Battle. «Sto subendo una molestia.»

Asher, il chitarrista del gruppo, ridacchiò, bevendo un sorso di birra.

«Fossi in te non farei passare ancora del tempo.» mi disse, stravaccandosi sul divanetto in pelle del team, «Quelle là fuori sono piuttosto impazienti. E credo che sarebbero disposte a mangiarti viva pur di avere Feather lì, ora

«Grazie per l'aiuto, Asher.»

Fece spallucce. «Odio i giri di parole.»

«Lo avevo notato.» gli rivolsi un'occhiataccia.

«Camden, non possiamo più aspettare. Vai.» gli disse Roger, spuntando da un camerino.

«Phoebe...»

«Camden...»

«Piccola, ti prometto che non te ne pentirai. Canta con me.»

In un mese aveva capito che quel soprannome sarebbe stato la mia rovina. Era il mio punto debole.

Cantare con lui quando eravamo da soli, a casa, era un conto.

Lì ero libera, mi sentivo a mio agio insieme a lui.

Ma cantare davanti a più di cinquecento persone era tutta un'altra storia.

E quello era solo un evento benefico, un concerto per raccogliere fondi per un centro per disabili di Los Angeles.

Non volevo immaginare quando avrebbe iniziato il tour...

«Camden, è ora!» gridò Roger, dall'altro camerino.

«Sali con me.» mi porse la mano.

La guardai. Pensai a quante volte mi fossi aggrappata a quella mano, in tutti quei mesi. Pensai a quante carezze mi aveva fatto, quante mani avesse rifiutato per me, e quante ne avesse tenute lontane per proteggermi.

«Me lo hai promesso, ricordi? Avevi promesso che avresti cantato la nostra canzone insieme a me.»

«Ma come...» mi portai le mani alla bocca.

Come poteva ricordarlo? Glielo avevo detto quando era in coma.

«Questa è la magia dell'amore, piccola mia.» mi sorrise.

Afferrai la sua mano, e salii sulla pedana che ci avrebbe fatto raggiungere il palco.

Avevo l'adrenalina a mille. Avevo paura di sbagliare, di stonare, o di fargli fare una cattiva figura.

Ma non ebbi il tempo per pensare altro, perché mi ritrovai sul palco insieme a lui.

Luci, grida e suoni si sovrapposero tutti insieme.

Il suono di una chitarra e di un violino partì di colpo, e Camden mi porse un microfono.

«Canta per me, Phoebe. Siamo solo io e te.» mi sussurrò all'orecchio, prima di far conoscere al mondo la nostra storia.

Ce l'avevo fatta. Avevo cantato davanti ad un pubblico.

Camden sul palco era...magico. E insieme eravamo riusciti a creare una sintonia tale che solo una volta finita la canzone, e quando le luci furono spente, mi resi conto di avere le guance bagnate dalle lacrime.

Guardami (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora