Capitolo 25

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KAYLA

Tutto quello che succede dopo è molto confuso, annebbiato: qualcuno si butta disperato sul suo cadavere, i singhiozzi che rieccheggiano e riempiono l'intero spazio circostante. Io vengo trascinata all'indietro in uno stato completamente confusionale e di shock. È come se tutto si stesse svolgendo a rallentatore.

Mentre vengo portata via, ritrovo Ebony con le lacrime che le scendono copiose sulle guance, uno sguardo di puro terrore sul suo viso. Riesco a vederla per appena pochi secondi, prima che la scena riprenda a correre davanti alla mia vista. Johanna vicino a me che annuisce non appena dico quelle parole, la stretta di mano, il suo sguardo rotto... Lo sparo.

Non posso salvare tutti.

Non posso salvare tutti.

Non posso salvare tutti.

Salvare da cosa, poi? Dalla morte? Dalla vita? Morte e vita. Aveva davvero senso continuare a vivere sopravvivendo? Forse ha fatto la cosa più sensata di questi tempi. Forse no. In ogni caso, era al di là di ogni mio possibile controllo. Non era colpa mia. Non è colpa mia.

«Gruppo Spedizioni, riunione. Ora!»

«Ti riporto in infermeria» dice Calum, dopo aver rassicurato mia sorella, essendo io troppo in trance per farlo.

«Cosa...?» gli chiedo con un tono di voce assente, non mi sembra nemmeno di essere presente. Mi sembra di stare guardando la scena svolgersi dall'esterno. «Dov'è Ebony?» chiedo subito dopo, in un momento di preoccupazione improvvisa.

«È andata con gli altri-» Calum si ferma improvvisamente. Mi appoggia le mani sulle spalle per tenermi in equilibrio, posizionandosi davanti a me. «Ehi, ehi, tranquilla, okay?» Mi prende il mento tra le dita, voltando il mio viso verso il suo.

Sto piangendo.

Passa i pollici sulle guance per asciugarle dalle lacrime che cominciano a scendere copiose dagli occhi.

«Voglio venire alla riunione» dico, tra un respiro e l'altro, provando a trattenere i singhiozzi che lottano per uscire dal mio petto. Uno scappa al mio controllo, smuovendo l'intero corpo, provocandomi una scia di dolore acuta all'addome, che mi fa vacillare sulle mie stesse gambe. Mi aggrappo alle braccia del ragazzo.

Calum non dice nulla. Mi aiuta solo a riportarmi a letto. Il breve tragitto passato in silenzio, se non per il mio tirare su con il naso. Una volta seduta, riprendo controllo della mia mente e della poca rimasta lucidità. Mi strofino gli occhi e le guance quasi con violenza, se non fosse per la poca energia in corpo.

«Devo andare. Torno da te appena finiamo.» Mi guarda ancora una volta preoccupato per quella che sembra la centesima volta in poche ore. «Prova a non prenderti la colpa per ciò che è successo. Sarebbe accaduto comunque, prima o poi.»

«Voglio sentire la riunione» ripeto, imperterrita.

Lo so che non è colpa mia. Lo so che non posso farci nulla. Ma è comunque morto davanti ai miei occhi. L'unico modo per non pensarci è tenere occupata la mente con qualcos'altro. E bloccata qui in questo letto non posso farlo. O mi porta da loro, o la riunione viene da me.

Calum sospira frustrato, se solo non fosse successo ciò che è appena successo, so che mi griderebbe addosso quali problemi io abbia. Vorrei avere del tempo per poter guarire. Lo vorrei davvero. Ma ora più che mai, mi accorgo che non ce n'è.

«Per favore» lo supplico. Ormai è l'unica cosa che mi rimane da fare. Se non fossi ferita, ci andrei con le mie gambe a questa dannata riunione.

Sospira rumorosamente, le mani che gli sfregano il viso per poi passare al collo. «Vedo cosa posso fare.» Detto questo, non temporeggia oltre, lasciandomi ancora una volta da sola in questa stanza.

Alive - Prova a sopravvivereWhere stories live. Discover now