Capitolo 33

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KAYLA

E così, siamo di nuovo in marcia.

Lancio un ultimo sguardo dietro di me alle tre figure rimaste sull'aereo, sorridendo appena al ragazzo in centro. Ci siamo abbracciati per la prima ed ultima volta, anche se Lynton era molto speranzoso e ci ha salutato con un "la prossima volta che ci vedremo, sarò con la cura in mano!".

Nuha e Riley ci hanno dato qualche litro d'acqua e qualche busta di carne secca che, sommate alle provviste rimaste, ci basteranno per una settimana e mezza, se tutto andrà bene. Nonostante l'attrito iniziale, causato da molte incomprensioni, sono sicura che tratteranno Lynton con cura. Il pensiero mi rende più tranquilla.

Elyse tiene Margaret per mano, la prima con il fucile d'assalto che le pende sul lato sinistro della schiena e il suo zaino portato davanti. Saremmo andati ad Ovest, seguendo il nostro istinto, sperando di ritrovare le loro persone, la loro famiglia.

Calum è pochi passi più avanti rispetto a me, ha bisogno dei suoi spazi per metabolizzare la morte di Travis. Ha bisogno di silenzio e di rimettere in ordine i suoi pensieri. Lo so bene, purtroppo.

Mi dispiace vederlo così affranto; prima c'era quel fuoco che ardeva nei suoi occhi, non appena abbiamo lasciato quella stanza. Ora, quell'incendio si è un po' affievolito. Credo che stia considerando la terribile idea che possa trovare sua sorella e sua madre morti o che non li riesca a trovare affatto.

Vorrei poter fare qualcosa per alleviare il peso della perdita, ma del resto non ho imparato nemmeno io a farlo, non so di che aiuto potrei essergli.

Un brivido mi percorre la pelle al sollevarsi del vento: è una bella giornata, ma ci sono delle brutte nubi all'orizzonte e con quest'aria non ci metteranno molto a raggiungerci, motivo per cui dobbiamo trovare un rifugio prima del calare del sole. Per fortuna abbiamo tre paia di occhi per questo.

Stiamo percorrendo la strada parallela alla tangenziale, tra i campi umidi e la strada dissestata con più terra che asfalto, ormai rovinato dalla mancata manutenzione. Il paesaggio è sempre uguale e non mi aiuta a distrarmi dalla mia mente e dai miei pensieri, che sono tutto ciò che voglio evitare al momento; troppi "se" e troppi dubbi mi annebbiano la mente da quando Nuha ci ha rivelato tutto. Non voglio cadere nel pozzo profondo di cosa avrei fatto se avessi saputo prima quelle informazioni o di chi avrei potuto salvare, perchè non posso tornare indietro nel tempo e non posso cambiare le cose.

È così. Devo solo accettarlo.

Più facile a dirsi che a farsi.

«Cammineremo finchè Margaret non è stanca» ci avvisa Elyse, camminando all'indietro per far arrivare l'informazione alle nostre orecchie. Alzo il pollice per darle un segnale positivo, Calum fa lo stesso.

Cominciano a dolermi le spalle per il peso dello zaino ma, dato che non abbiamo intenzione di fermarci nei prossimi minuti, dovrò abituarmici. Non sarebbe la prima volta. Ho imparato a convivere con tutti i dolori del mio corpo, ma ancora non sono riuscita a domare i morsi della fame in tutti questi quattro anni; se non verrò uccisa dai Morti o da qualche altro Sopravvissuto, morirò per colpa della fame e della sete. Non che ora sia un problema, grazie a Nuha e Riley.

Oppure per il sonno.

Sento già le palpebre pesanti. Non sono riuscita ad accumulare molte ore di sonno questa notte: i gemiti dei Morti infilzati come spiedini alla bocca dell'aereo non hanno di certo aiutato. Ma più che altro era il pensiero di dover partire di nuovo con una bambina a carico e con altre due vite. Uno dei tanti motivi per cui ho soppesato così tante volte l'idea di abbandonare il gruppo e tornare ad affrontare il mondo per conto mio è sempre stata la responsabilità: mi sento sempre il peso delle loro vite sulle spalle, non vorrei che se qualcosa di brutto mi capitasse, tornassero indietro rischiando le loro per la mia e magari perdendola nel frattempo.

Alive - Prova a sopravvivereWhere stories live. Discover now