Capitolo 38

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KAYLA

Ad aprirci questa volta è Elyse, subito travolta dalla felicità di Margaret che la informa dei due barattoli trovati. Non le dice a che prezzo, ovviamente. Le lascio lo zaino in un'azione da automa, andando subito verso il bagno per togliermi definitivamente i rimasugli di sangue secco dalle mani.

La prima cosa che ho fatto dopo essere tornate in strada è stata farmi buttare l'acqua sui due arti da Margaret e sciacquare via con insistenza la sostanza color cremisi, ma non è bastata per riavere le mani completamente pulite e nemmeno per scacciare via quel senso ostinato di nausea e pesantezza al centro dell'addome. Sembra assurdo, ma è come se sentissi ancora il suo braccio stringere forte la presa sul mio collo.

«Avete trovato-» Faccio appena in tempo a voltare la testa che vedo la figura di Calum accasciarsi a terra sulla soglia della camera da letto.

Corro da lui con le braccia allungate in avanti, anche se troppo tardi per prenderlo. Sbatte la testa a terra, inconscio.

«No, no, no, no, avanti. Svegliati.» Sono inginocchiata a fianco del suo corpo e gli prendo la testa tra le mani, appoggiandola sulla mia coscia.

È la prima volta che lo vedo così messo male e il cuore comincia a battere all'impazzata e il respiro comincia a venire meno, mentre nella mia testa cominciano a farsi spazio i peggiori scenari; sono troppi giorni che non mangia.

«Dai, non puoi morirmi tra le braccia, cazzo!» sussurro in preda al panico a pochi centimetri dalla sua faccia, dandogli dei leggeri schiaffi per riuscire ad avere un qualsiasi stimolo, anche un piccolo movimento che mi dica che è ancora qui con me. Le lacrime cominciano a scendere silenziosamente dai miei occhi, cadendo sul suo viso pallido. «Non posso perdere anche te, svegliati, cazzo!» Gli accarezzo così tante volte il viso che le mie lacrime si mischiano al sangue che ho sulle dita, lasciandogli le tracce sulle sue tempie e sulle sue guance.

«Wow, stai addirittura piangendo per me...» mormora sommessamente, sbattendo impercettibilmente le palpebre.

«Fanculo.» Mi lascio scappare uno sbuffo nervoso. Gli sembra per caso il momento di scherzare? Mi allontano dal suo viso, togliendo immediatamente le mani e aspettando che si metta a sedere contro lo stipite della porta per alzarmi e andarmene irritata ed esausta in bagno.

Sto ancora tremando, ma mi asciugo le ultime lacrime sulle guance con una passata ruvida del dorso della mano. Ho veramente pensato che stesse morendo e tutto lo stress vissuto negli ultimi giorni mi ha fatto perdere il controllo, facendomi vedere la situazione più nera di quel che fosse. Era solo svenuto. Fine della faccenda. Almeno posso tirare un sospiro di sollievo.

Sento la voce di Elyse chiamarlo dalla cucina per andare a mangiare e poi sento i suoi passi fino alla camera: è venuta per accompagnarlo al tavolo: allora deve essere stato molto debole per tutta la mattinata. La sento poi tornare indietro e bussare alla porta del bagno.

«Tu vieni?» mi chiede, stranamente in un tono molto gentile.

«Tra qualche minuto» rispondo, sedendomi sul coperchio del water per calmarmi. Prendo la testa tra le mani, facendo dei respiri profondi, ma in qualche modo le lacrime tornano a sgorgare copiose dai miei occhi.

La porta del bagno si apre. «Ho detto tra qualche minuto!» inveisco in uno scatto d'ira contro Elyse, che di tutta risposta si chiude la porta alle spalle, appoggiandoci contro la schiena e aspettando che io abbia finito di sfogarmi.

«È tuo quello?» mi chiede dopo qualche istante di silenzio, mischiato al mio respiro pesante. Mi guardo le mani per quella che sembra la centesima volta, scuotendo la testa affranta e tirando su con il naso. «È un bene.» La guardo di traverso.

Alive - Prova a sopravvivereWhere stories live. Discover now