19.2

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L'ultima settimana di scuola è come inglobata in una strana nebbia. Noi dell'ultimo anno abbiamo la testa tra le nuvole. Chi pensa alle vacanze, chi al college, chi soffre per il distacco inevitabile dalle proprie certezze. Io credo di appartenere a quest'ultima categoria. Ho sognato per anni l'ultimo giorno di liceo, l'ho sempre pensato come una sorta di liberazione, come un rito di passaggio dalla vita. Probabilmente di fatto non cambierà nulla, ma per il momento devo ammettere che mi sto godendo ogni attimo. Per esempio cammino per i corridoi e noto cose a cui non avevo mai badato, un colore, una crepa nel muro. Conto persino gli armadietti. Mi ripeto di continuo che a settembre compirò diciotto anni e comincerò l'università. Farò finalmente quello che i miei genitori non hanno potuto fare e lo farò anche per loro.

Questa è anche l'ultima settimana di lavoro alla libreria. Ho già detto al Alfie che prevedo di partire con mamma dopo il diploma e lui era molto dispiaciuto, e so che era sincero perché è la stessa cosa che provo io.

Ma la vera domanda, quella che galleggia sulla mia testa come un palloncino gonfiato a elio è: che ne sarà di me e Connor? Non ne abbiamo ancora parlato ma, quando stiamo insieme, so che entrambi ci pensiamo. Non parlarne è come tenere alla larga il problema. Allontanarlo. Renderlo meno pressante. Invece ogni giorno che passa si ingigantisce sempre di più. E ho paura.

«Pensavo di passare a trovare Logan oggi pomeriggio», dico a Connor durante la pausa in mensa.

«E perché?» chiede sospettoso.

«Voglio dirgli che mi dispiace per la partita e magari congratularmi per il titolo di re. Insomma, vorrei avere una conversazione normale senza Sanne intorno»

«Non posso dire di che mi faccia piacere», borbotta lui.

«Non dirmi che sei geloso», esclamo.

«No, per niente. Ma non mi fido di Logan.»

«Era il tuo migliore amico fino a qualche tempo fa.»

«E hai visto com'è andata a finire. Poi da qualche giorno non è in sé. È arrabbiato, scontroso, ce l'ha col mondo tranne che con sé stesso, come se il fallimento dipendesse da tutti meno che da lui.»

«Mi so difendere da Logan. Se mi prende a parolacce gli risponderò a tono.»

Perciò dopo il lavoro, prima di andare a casa, allungo la strada fino a casa Wilson, dove spero di trovare Logan senza Sanne. Non ho neanche pensato di mandargli un messaggio per avvisarlo, ma una volta non c'era bisogno di queste cose tra di noi.

Busso alla porta e aspetto. Mi viene ad aprire una bambina.

«Ehi ciao Jenna», la saluto con un sorriso. La sorella più piccola di Logan indossa un vestitino a fiori e ha i capelli legati in due codini alti sulla testa.

«Rachel?» chiede stupita.

Quando eravamo piccoli, e io trascorrevo moltissimo tempo a casa Wilson, Jenna aveva una sorta di adorazione per me. Le piaceva starmi seduta in braccio, pettinarmi i capelli, mettermi lo smalto alle unghie.

«C'è Logan?» domando.

Lei storce la bocca. «Sì, ma è molto arrabbiato», spiega con la sua vocetta stridula. «Non ha preso la borsa di studio e papà lo ha sgridato un sacco ieri sera. In più mamma continua a piangere, pensa che il suo futuro sia rovinato senza l'università. Si è chiuso in camera e non vuole uscire.» Molto dettagliata.

«Jenna, chi è?» domanda una voce dal corridoio. Poi la testa di Jay, la sorella adolescente, sbuca da una stanza. «Oh, sei tu».

«Anche io sono contenta di vederti», dico con un sorriso.

Another (The Again Serie #2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora