XIX.

2.3K 82 0
                                    

Tornati in Istituto, i ragazzi si accorsero che erano quasi le undici del mattino.

Riuscirono ad entrare senza troppe cerimonie, senza dover rendere conto del perchè e del percome fossero fuori, forse perché il capo dell'Istituto era nel suo ufficio.

Isabelle si apprestò a recarsi vicino ad uno degli schermi per vedere se ci fosse qualche novità.

"Per l'Angelo. - disse in un sospiro. Lanciò un'occhiata agli altri - Venite a vedere."

Alec e gli altri si avvicinarono a lei e scoprirono con rassegnazione che si era registrato un altro omicidio.

"Un lupo mannaro ucciso. Vicino a Chinatown."

"È del branco di Luke. Per forza. - intervenne Clary, quasi sconvolta. Sharon non aveva idea di chi fosse Luke - Il covo del suo branco è proprio in quella zona, vicino all'Hunter's Moon."

"Puoi chiamarlo. - suggerì Simon - Hai il telefono con te?"

"Forse è meglio se andiamo direttamente sul luogo. - rispose Jace - Sentite, non possiamo andarcene tutti in giro allegramente come una combriccola di vecchi amici. Dobbiamo suddividerci le parti. Ora Magnus cerca di acciuffare quel tipo, e qualcuno deve restare in contatto con lui."

"Ci penso io." disse senza problemi Alec, a braccia conserte vicino al capitello nel centro della sala principale.

"Io resterò in Istituto. - parlò invece Isabelle - Serve qualcuno che tenga il conto dei morti, che li localizzi e che faccia il punto della situazione."

"Io e Clary andremo da Luke. - replicò quindi Jace - Raccogliamo degli indizi e le testimonianze sue e del branco, nel caso il morto sia dei loro, è ovvio."

"Io posso andare da Raphael. - propose Simon - Questo demone minaccia tutto il Mondo Invisibile, posso metterlo in guardia nel caso non sappia nulla e, nel caso già sappia, sapere come se la spassano lui e gli altri clan."

Alec fece un'espressione ammirata.
"Complimenti. È la prima cosa sensata che hai detto da quando ti conosco, vampiro." borbottò.

Simon roteò gli occhi.
"Simon. È così difficile?"

Sharon alzò le sopracciglia.
"Perfetto, io me ne sto qui a fissare il vuoto?"

"Oh, quasi dimenticavo. - Izzy si battè una mano sulla fronte - Mia madre aveva nominato di volerti parlare. Sai, su di te e forse anche sul funerale di tua madre, nel caso lo volessi. Se vuoi, puoi prendere l'occasione ed andare oggi."

Sharon annuì.

"Perfetto. Tutto è deciso. Su, al lavoro." spronò Jace.

Con un sorriso lui e Clary, ancora con la tenuta e le armi, uscirono di nuovo, alla volta di Chinatown.

Simon disse qualcosa a Isabelle, che annuì e le rispose a sua volta, quindi anche lui si voltò e imboccò l'uscita dell'Istituto.

Isabelle si sedette alla sedia girevole, osservando lo schermo davanti a lei, vedendo che il morto precedente, il lupo mannaro, era sempre lì, nella stessa zona. Non era stato spostato o portato via, come sarebbe successo se il lupo fosse stato solitario: in tal caso, qualche altro lupo lo avrebbe attaccato e, rendendosi conto che era morto, lo avrebbe trascinato via.

Sharon si avvicinò a lei per dare un'occhiata allo schermo.

Alec parlò, rivolgendosi alla sorella.
"Io chiamerò Magnus e resterò in contatto con lui. Se non ti spiace, sarò in camera mia. Sharon, se vuoi ti porto da mia madre. Se non è occupata, ti riceverà."

Sharon si voltò, e notò che lui non la stava guardando.
"Oh sì, va bene."

Rivolse un timido sorriso a Isabelle e seguì Alec, che si era avviato verso il corridoio.

Arrivata davanti alla porta del Capo dell'Istituto, Sharon fece un lungo sospiro.

"Guarda che mia madre non ti vuole mica uccidere." commentò Alec. Sembrava divertito, ma il suo tono era impassibile.

Sharon era seria.
"Lo so... ci ho parlato poco, ma mi sembra di non avere tutta la sua simpatia."

"Mia madre è così. - la rassicurò Alec scrollando le spalle - In quanto Capo dell'Istituto deve mantenere un po' di distacco e autorità. E poi, in confidenza, non si è ancora ripresa dal lutto di Max."

Alec aveva un'espressione amara, triste.
Sharon non poté biasimarlo. Ora sapeva benissimo cosa si provasse a perdere un familiare: era come perdere una parte di sè stessi, un pezzo del proprio cuore, un frammento della propria anima.

"Capisco perfettamente." sussurrò, il tanto da far sì che lui udisse.

"Devo telefonare a Magnus e non perdere il contatto con lui. Se vuoi posso aspettarti qua fuori." propose Alec, giusto per far sembrare che gli importasse almeno un po'. La verità era che gli importava troppo di lei, ma non l'avrebbe mai ammesso, forse nemmeno a sè stesso.

"Non preoccuparti, so badare a me stessa." rispose lei, quasi scontenta di quell'offerta che la faceva sembrare incapace di mantenere la calma, quasi un insulto al suo essere Shadowhunter.

"Non lo metto in dubbio. Ma è un periodo così, e che ti piaccia o no dobbiamo rimanere tutti uniti. - ribattè Alec calmo ma con un tono che non ammetteva repliche - Su, bussa ed entra."

Sharon gli voltò le spalle e picchiò alla porta.
Dall'altra parte dell'uscio, giunse una voce sommessa che invitava ad accomodarsi.
Senza guardare più Alec, entrò e richiuse la porta dietro di sè.

Era totalmente impreparata a vedere Maryse Lightwood sorpresa della sua visita.

"Sharon, non mi aspettavo di vederti."

"Mi scusi per il disturbo, signora, ma io... Alec e Izzy mi hanno riferito che, prima o poi, lei avrebbe desiderato parlare con me... sa, su mia madre..." spiegò a tratti Sharon, chiaramente presa alla sprovvista, continuando a martoriarsi l'orlo della maglia che indossava.

"Oh certo, accomodati. - la invitò indicando la sedia dall'altra parte della scrivania, alzandosi sulla sua per recarsi alla libreria a parete e prendendo un libro, che aveva già preparato ben visibile sullo scaffale, e un taccuino. Si risedette e iniziò a scribacchiare qualcosa - Non mi aspettavo una visita spontanea, ecco tutto. Mi sembri una Shadowhunter molto riservata, nonostante la cosa sembri quasi una contraddizione. Credevo di dover essere io a convocarti."

Sharon sapeva bene che avrebbe dovuto dosare le parole. Quando voleva Maryse sembrava amichevole, ma Sharon credeva che fosse anche piuttosto ambigua, che le stesse tendendo una trappola, che aspettasse il suo passo falso, quasi come se sospettasse che nascondesse qualcosa, quel qualcosa che lei non voleva che nessuno sapesse.

Si sentì completamente nuda, spoglia e indifesa, privata della sua corazza di protezione, dei suoi segreti più profondi e del suo essere.

𝐎𝐑𝐈𝐆𝐈𝐍𝐒: 𝐎𝐧𝐞 𝐈𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢𝐭𝐲 || Alec LightwoodWhere stories live. Discover now