XXI.

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Sharon era letteralmente corsa via dall'ufficio dopo il colloquio con Maryse Lightwood.
Aveva chiuso la porta cautamente e poi era corsa in camera.

Non avrebbe potuto tenere tutto per sè ancora a lungo.
Maryse dubitava di lei, era evidente, nonostante lei cercasse di sembrare gentile i suoi occhi erano gelidi, distaccati, poco disposti a darle fiducia.

E forse, pensò Sharon, aveva anche ragione, poichè tutta la sua vita alle spalle non la conosceva nessuno se non lei... e sua madre, ma vabbè, lei ormai era morta.

Avrebbe dovuto portarla al Cimitero Monumentale, seppellirla, e piangerla ancora un po'.
E, in quel preciso momento, capì che l'unica persona di cui avesse bisogno era Magnus.

****

Il Portale si aprì in uno dei vicoli adiacenti ad una delle strade più trafficate del Queens.
Mentre Alec aveva la runa della Vista, Magnus non poteva nascondersi molto ai mondani.

"Wow, ti sei fatto Greenpoint-Queens tutta di corsa?" fece stupito Alec.

Magnus sorrise.
"Già, tratto notevole, un po' noioso oserei dire... troppe macchine, e per i mondani vedere un tipo con questo cappotto super elegante che fa jogging deve risultare sicuramente strano."

Non aveva tutti i torti.
In effetti, quei dannati mondani che non si facevano i fatti propri lo infastidiva non poco.
E come se non bastasse, in quel momento stavano esattamente inseguendo uno di loro.
L'unica differenza era che questo mondano aveva un Eidolon dentro di sé. Ma lui non lo sapeva, questo era ovvio.

"Già. Dobbiamo localizzare Wilson, dammi le chiavi."

Alec allungò la mano, aspettando che Magnus estraesse il mazzetto di chiavi mondane per poter scoprire dove si trovasse Wilson.
Magnus prese le chiavi tra le mani, ma non le cedette allo Shadowhunter, al che quest'ultimo alzò le sopracciglia.

"Che stai facendo?"

"Il tipo in questione è un mondano, Alexander, non ha una runa di Localizzazione. - gli fece notare - E anche se fosse, per localizzarlo avresti bisogno di una forza notevole, e dovresti utilizzare il legame parabatai."

Magnus 1, Alec 0, si ritrovò a pensare il Nephilim.

"Già, hai ragione. Allora fai tu. Ma cerca di fare in fretta."

Magnus mise il mazzetto in una mano e, con l'altra posta sopra di esso, fece muovere le dita, e dal palmo un flebile accenno di luce blu-azzurra circondò le chiavi.
Riaprì di scatto gli occhi che aveva chiuso all'inizio del processo, e guardò Alec.

"Ospedale abbandonato Renwick. - disse - È lì che si trova ora."

"Bè, non è andato molto lontano. - osservò Alec. - Bene, apri un portale?"

"Ovviamente." rispose in un sorriso smagliante, e iniziò a far ruotare le mani.

****

Giunta nella Sala Principale, Sharon trovò solo Isabelle, seduta al grande monitor intenta a scrivere qualcosa su un blocco notes.

Alzò gli occhi solo quando Sharon fu presso di lei.

"Ehi, com'è andato il colloquio?"

"Bene, davvero - mentì Sharon, parlando velocemente - Ho un grande bisogno di Magnus, sai dov'è? Sta ancora rincorrendo Wilson?"

"Oh, no no, è con Alec. Sono riusciti a rintracciarlo e, se tutto va bene, anche questa faccenda è chiusa." rispose in un sorriso.

"Cosa? Possono già ucciderlo?"

"Sì. Non ho ancora notizie di Jace e Clary, ma se Alec riesce a far fuori il demone, non ci saranno altri problemi! - esclamò Isabelle - Anche se sono abituata a colpi di scena, perciò non mi aspetto niente di preciso."

"Devo... aspettare Magnus. Ho bisogno di parlargli."

"Sì, stai tranquilla, arriverà. Nel frattempo, se vuoi, puoi dirmi di tua madre. Le farai il funerale?"

Sharon scosse il capo, amareggiata.
"Ho deciso di no. Per più varianti, a dire il vero, e tra queste il fatto che siamo nel mezzo di una caccia al demone, e non possiamo perdere tempo a piangere mia madre. Lei avrebbe voluto che facessi il mio dovere. - le spiegò - La porterò al cimitero e la piangerò lì, da sola, senza far perdere tempo a un intero Istituto che, tra l'altro, ha già fatto un grandissimo favore ad accogliermi. Non so nemmeno se riuscirò mai a ringraziarvi."

Isabelle sorrise.
"Non c'è bisogno di contraccambiare il favore. E tu fai come ti senti e come preferisci, ma sappi che piangere i propri cari non è una perdita di tempo. Se decidessi di farlo, saremmo lieti di aiutarti ad affrontare un momento così delicato per te."

"Grazie, Izzy." disse solo Sharon, gli occhi fissi in quelli di lei, e Isabelle capì che quel grazie veniva davvero dal cuore, troppo oppresso dalle emozioni contrastanti.

Il cellulare di Isabelle squillò.
"Simon? È successo qualcosa? - esordì lei, facendo silenzio per dei secondi successivi - Come? Non è possibile, Alec e Magnus... oh, per l'Angelo. Va bene, tu torna a casa se vuoi, se non ci siamo noi in Istituto non ti faranno entrare, e noi ora andiamo da loro."

Velocemente Isabelle riattaccò. Era visibilmente scossa.

"Che problema c'è?" chiese Sharon.

Isabelle sospirò.
"Vai nell'Armeria e prendi ciò che sei abituata ad usare. A quanto sembra, Wilson non è il demone che cercavamo."

****

Alec uscì dal portale e si trovò davanti agli occhi l'imponente ospedale abbandonato.
Si capiva subito che non ci metteva piede nessuno da anni: enormi crepe correvano lungo tutto l'edificio, le finestre non avevano più i vetri, e le ante erano mezze scardinate, erbacce secche erano cresciute sul terreno circostante.

Magnus si stirò il cappotto con le mani.
"Ah, che posto romantico." commentò.

"Il tipo dovrebbe essere qui. Tu lo vedi?" domandò Alec, mettendosi di fronte a lui.

"Per ora no, io non..."

Magnus si bloccò, una mano piena di anelli a mezz'aria, la bocca semiaperta che velocemente richiuse.
Fissava qualcosa alle spalle di Alec, e prima che lui potesse fare una faccia stupita o chiedere alcunché, lo stregone indicò.

"Guarda lì." sussurrò flebile.

Alec si voltò e restò mezzo inorridito e mezzo confuso.
C'era un corpo a terra, troppo scomposto per essere cosciente o, ancora più strano, vivo.

I due si scambiarono un'occhiata e lo Shadowhunter avanzò verso il corpo.
Stava sul fianco destro, dando le spalle ad Alec e Magnus. Aveva un braccio, quello sinistro, che stava sotto la testa, l'indice steso come se stesse chiedendo aiuto.

Ma c'era davvero poco da fare, era stecchito, di quello Alec era certo.
Si accovacciò e tastò l'altro braccio, flaccido, tenendo le dita sul polso, ma il battito non c'era.

Con un sospirò, si sporse dal fianco dell'uomo e gli prese il viso per girarlo verso di sè.
Improvvisamente mollò la presa, quasi come se si fosse scottato, e si ritrasse dall'individuo.

Lo prese per la spalla e lo mise supino, quindi si rimise in piedi, voltandosi a guardare Magnus, rimasto in silenzio per tutto il tempo.

"Quest'uomo è morto... ed è Wilson."

𝐎𝐑𝐈𝐆𝐈𝐍𝐒: 𝐎𝐧𝐞 𝐈𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢𝐭𝐲 || Alec LightwoodWhere stories live. Discover now