3. Solo una ladra

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La lama perforò la carne della guardia e un getto di sangue sporcò le mani di Andromeda, ma lei non aveva tempo di badarci.

Il corpo senza vita dell'uomo crollò esanime ai suoi piedi e senza riuscire a trattenersi lei fece una smorfia disgustata. Si guardò intorno per poi alzare lo sguardo sulle mura, consapevole che la sentinella poteva passare da lì in qualsiasi momento e coglierla in flagrante.

Si rimboccò le maniche sporche di rosso e buttò indietro la chioma scura. Afferrò il cadavere e se tirò in spalla con uno sbuffo, sperando che da esso non gocciolasse troppo sangue durante il tragitto.

Arrancando si infilò in un vicolo e lasciò lì il corpo, coperta dalle tenebre. Gli Occhi di Cristallo scintillarono nel buio, ma la Mutaforma si abbassò rapidamente il cappuccio sul viso e tornò ad affacciarsi sulla strada principale.

Nessuno. La via era deserta.

Ovviamente: da quando era scoppiato il Morbo e Lady Kye era morta suo figlio, il neo governatore Hak, aveva ordinato ai cittadini di chiudersi nelle proprie abitazioni e non uscire per nessun motivo.

Non appena letto il decreto Andromeda aveva riflettuto sulla stupidità degli esseri umani. Davvero credevano che quelle misure bastassero per impedire al Morbo di finirli?

La malattia avrebbe comunque trovato la strada verso i loro fiati e sarebbero morti tutti. Solo che ancora non lo capivano.

La Mutaforma sfilò cautamente la chiave dell'entrata Ovest dalla cintura della guardia uccisa e, quindi, scivolò in strada, aderendo alle mura e nascondendosi nella loro ombra.

Rimase immobile, aspettando che la sentinella passasse.

Il sole baciò l'orizzonte mentre la chiave entrava nella serratura e Andromeda spalancava la soglia, inoltrandosi nel buio della biblioteca del palazzo.

Si richiuse cauta la porta alle spalle e lasciando che, da sotto l'uscio, solo un sottile nastro di crepuscolo intaccasse l'oscurità.

Attese qualche istante che la vista si abituasse per poi azzardare qualche passo tra le corsie deserte.

Un odore di carta antica aleggiava nell'aria, mentre librerie altissime si innalzavano ai suoi fianchi e sparivano nel nero.

Due giorni prima Andromeda era riuscita a infiltrarsi tra le guardie mutando le sue fattezze in una di loro. Non era stato quindi difficile ottenere il luogo dove Henry Mad (che risultava essere il principale addetto alle ricerche scientifiche di Haja, poi deceduto dopo aver riscontrato il Morbo) faceva i suoi esperimenti.

Un laboratorio segreto da cui si aveva accesso dalla biblioteca. Niente di più originale.

Andromeda svoltò a sinistra alla terza libreria e poi subito a destra.

Non pensava che quel posto potesse essere tanto enorme. Centinaia di tomi abbandonati e mangiati dalle tarme. Conoscenza pura lanciata tra le fredde braccia del fato.

Finalmente trovò quello che stava cercando.

Quinta libreria, sesto settore.

Un rumore proveniente dall'altro lato della biblioteca le fece drizzare le orecchie. Doveva fare veloce.

Le sue dita iniziarono a scorrere sui libri impolverati, sfiorandoli e facendo passare lo sguardo ansioso su tutti i titoli presenti. Guide ai pesci orientali, mappe della terra emersa...

Le pupille di Andromeda schizzavano come impazzite.

Andiamo, andiamo...

Un altro rumore. Questa volta passi. Qualcuno stava arrivando.

Il cuore della Mutaforma perse un battito.

Ricominciò a respirare solo quando lo trovò. Anatomia delle sirene di Henry Mad. Senza esitare un altro istante Andromeda lo afferrò e fece per estrarlo dal suo incavo. Si bloccò all'udire lo scatto di un meccanismo.

Non riuscì a trattenere un sorriso, ma i passi erano sempre più vicini. Stimò tre o quattro individui. Combattendo al buio sarebbe stata più avvantaggiata, ma questo se non fossero arrivate altre guardie: senza l'effetto sorpresa non sarebbe riuscita ad estrarre il pugnale prima di ritrovarsi un proiettile conficcato in fronte.

Una porzione di libreria ruotò leggermente e, ringraziando gli dei, Andromeda ci scivolò dentro.

Era buio. Un buio così pesto che avrebbe potuto toccarlo. Eppure l'ambiente era molto più caldo che nella biblioteca.

Si mosse tastando e seguendo le pareti laterali, fredde e umide.

Era una stanza mediamente grande, il pavimento ingombro di oggetti che Andromeda non riusciva a identificare.

Continuò a percorrere cautamente il perimetro fino a quando incontrò un tavolo, sbattendoci dolorosamente contro.

Imprecò per poi iniziare ad agitare le mani sulla superficie legnosa. Altri oggetti. Principalmente boccette di vetro o pezzi di carta sparsa.

Poi finalmente le sue mani incontrarono un oggetto metallico sovrastato da un cilindro di cera. Un portacandela.

Due secondi dopo rinvenne una scatoletta di fiammiferi e, con un sibilo, ne accese uno, scottandosi le dita.

La fiamma faceva contrasto con l'oscurità penetrante, pareva quasi galleggiare in un mare di tenebre. Lo stoppino prese fuoco e un tenue chiarore si diffuse per la stanza, che finalmente fu chiara agli occhi di Andromeda.

Penne e calamai rovesciati regnavano sul pavimento ingombro, come se qualcuno avesse provato a fare razzia... o stesse cercando qualcosa.

Le pareti erano macchiate di umidità, specialmente la parete a sinistra. Quella davanti ad Andromeda, invece, aveva una porzione che pareva non essere stata intaccata dalla muffa; un rettangolo bianco che stonava con il resto dei muri rovinati.

La creatura scosse la testa, riflettendo fosse solo uno scherzo della poca luce presente.

Avvicinò quindi la candela al tavolo e notò gli oggetti che prima aveva toccato. Matite, boccette integre e non, fogli di carta pieni di scarabocchi incomprensibili...

Si accigliò quando il suo sguardo cadde su un taccuino.

Sembrava l'unica cosa non rovinata o toccata dalla frenesia della ricerca.

Se ne stava lì, proprio al centro del ripiano, come se stesse aspettando che qualcuno lo prendesse, come se attendesse di essere rubato.

Un brivido percorse la schiena di Andromeda.

Un rumore molto vicino all'uscita la fece immobilizzare. Poi udì delle voci. Le parole erano distorte e il significato celato dalla parete della libreria che la separavano dagli uomini, ma l'istinto della Mutaforma le suggerì di scappare.

Lì dentro non c'era nulla di quello che cercava... Aveva sperato fino in fondo di trovare la soluzione alla piaga, ciò che avrebbe salvato la propria specie...

Lanciò un'altra occhiata al taccuino e deglutì.

Qualcosa dentro di lei si mosse e senza quasi riflettere afferrò il piccolo quaderno e se lo nascose sotto il mantello.

Con un soffio spense la candela e tutto crollò di nuovo nelle tenebre.

Si affiancò all'uscita e aspettò che i passi si fossero allontanati, poi fece ruotare la porta e sgusciò nella penombra della biblioteca.

Non vedeva guardie in giro, né nessun altro. Chiunque fosse stato lì poco prima doveva essersi allontanato.

Si abbassò il cappuccio sul viso e iniziò a dirigersi, silenziosa, verso la via per l'esterno, i sensi all'erta.

Adocchiò l'uscita e si rilassò, dopo aver vagato a vuoto per il labirinto di librerie per qualche lunghissimo minuto.

Peccato che non fosse sola.

Dei fruscii la fecero voltare di scatto. Un istante e un'ombra l'aveva sovrastata, quello dopo e qualcosa di duro le aveva colpito la nuca.

Chi viene dal mare [Attualmente sospesa]Where stories live. Discover now