6. Il taccuino

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L'alba si rifletteva sulla superficie del mare. Intorno a loro era solo una vasta distesa di scintille danzanti mentre la nave ondeggiava lievemente, spinta dalla brezza marina.

Appollaiata sull'albero maestro Gwes fissava l'orizzonte.

Lam era ancora lontana, ma non le dispiaceva stare in mare. Rimanere immersa nel silenzio dell'oceano e cullata dal dondolio del vascello, anche perché quella notte, con l'ammonimento di Frank di rimanere a guardia della Zefiro, non aveva chiuso occhio.

Abbassò le palpebre per un secondo e ispirò l'odore salmastro del mare.

Intanto, una decina di metri più sotto, il suo capitano tentava inutilmente di interrogare l'incappucciata. Senza esito, ovviamente.

Da quanto Gwes aveva capito quella ragazza li aveva salvati dalle guardie, uccidendole tutte armata solo di un pugnale e fuggendo con loro verso il porto.

L'istinto le diceva che non era bene fidarsi di una sconosciuta, ma era probabile che solo lei e, forse, Vege, sarebbero state d'accordo a scaricarla sulla prima isola disponibile o, comunque, a liberarsene. Le altre erano troppo rimbambite anche solo per riflettere su quanto fosse sospetta la situazione, e il capitano era dell'idea che quella sconosciuta potesse avere informazioni utili sulla sua folle ricerca di prove.

Se la sarebbero quindi dovuta tenere per un po', cosa che a Gwes non andava giù.

La giovane sospirò, afferrando la corda con una sola mano e lasciando cadere il peso in avanti. Lo faceva sempre per calmare i nervi, ma in qual momento neanche quel gesto così dolce e famigliare le fu di conforto.

Abbassò lo sguardo sul ponte e solo in quel momento avvistò Alise, affacciata alla botola che portava in coperta, agitare la mano nella sua direzione per attirare l'attenzione.

Gwes si accigliò, lanciando un'occhiata prima a Frank, al timone mentre chiacchierava con Liz, accanto a lui, e poi alla ragazza incappucciata, sempre appoggiata al parapetto con lo sguardo fisso sul nulla.

Tornò a guardare Alise, la quale stava agitando convulsamente le braccia, sbracciandosi il più possibile.

Gwes fece una smorfia e, afferrando una cima legata a una carrucola, si calò giù per l'albero maestro, guardando la sua ombra imitarla sulla vela.

Atterrò flettendo le ginocchia e vide di sfuggita la sconosciuta voltarsi e scoccarle uno sguardo annoiato con quegli inquietanti occhi azzurri, poi si diresse verso Alise, che la guardava con un'espressione imperscrutabile.

-Che c'è?- le chiese, accigliata.

Quella si portò l'indice alla bocca e poi indicò l'incappucciata.

Gwes scosse la testa, non capendo.

L'altra alzò gli occhi al cielo e si immerse in coperta. Gwes la seguì poco dopo, richiudendosi la botola sopra la testa.

Lì sotto un breve corridoio conduceva alle varie cabine. Dalle assi sul soffitto trasparivano i raggi del sole nascente.

Alise si incamminò per il corridoio, gli stivali che rimbombavano nel piano sottostante, dove conservavano le provviste e le armi.

Senza dire niente aprì la porta della cabina di Vege e ci si infilò dentro facendo cenno a Gwes di seguirla.

Quest'ultima batté le palpebre e obbedì.

Le cabine delle piratesse non erano un esempio di lusso. Solo una branda, una sedia a una scatola dentro cui mettere le proprie cose, ma per loro, da sempre abituate a vivere così, era una sistemazione più che gradita.

Chi viene dal mare [Attualmente sospesa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora