10. Assalita dai dubbi

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Dopo due giorni in mare Andromeda stava mettendo a repentaglio le proprie certezze.

Ogni ora trascorsa su quella nave di umani, ogni dannato secondo con il profumo del loro sangue a pizzicarle le narici e le dita che fremevano dalla voglia di far emergere gli artigli, si sentiva come intrappolata dentro la propria anima. Braccata da sé stessa.

E poi c'era Frank...

Il capitano, un uomo esattamente identico a tutti gli altri, una mente debole e malleabile... Perché allora sembrava così diverso?

La Mutaforma strinse forte gli Occhi, ispirando l'odore di sale che, prepotente, le si infilava nelle narici.

Solo un umano, si ripeteva, tanto che alla fine quelle parole perdevano significato Solo un umano...

Alzò le palpebre e le onde striate di grigio accolsero il suo sguardo turbato. Il cielo era ora ricoperto da uno spesso strato di nubi nere, che verso l'orizzonte iniziavano a schiarirsi.

Aveva piovuto tutta la notte, una pioggia arrogante, composta da gocce grosse come palle di cannone, quasi che il cielo stesse loro precipitando addosso. Le assi del ponte erano ancora impregnate d'acqua, scivolose sotto gli stivali.

La Mutaforma aveva passato le ultime ore in coperta, rinchiusa nella cabina del capitano dove le aveva ordinato di restare mentre lui, Vege ed Alise timonavano la nave nella tormenta. Non aveva dormito però, non ci era riuscita, ascoltando la pioggia picchiettare sopra di sé mentre la luce irradiata dal suo sguardo spargeva un lieve bagliore argentato per il piccolo ambiente ombroso.

L'odore di Frank permeava la stanza e ad Andromeda pareva quasi di sentire la sua presenza, lì, dentro quella che per anni era rimasta la sua unica casa.

Quando i primi raggi di sole avevano attraversato le nuvole anche il martellamento delle gocce era cessato. Il mare si era placato, lasciando solo il fantasma della precedente furia.

Andromeda era uscita sul ponte, rabbrividendo nell'aria reduce di pioggia. La forma da ragazza che aveva assunto era troppo esile per non subire il gelo dell'alba.

Dita di luce fendevano il soffitto di nubi, illuminando chiazze del mare tumultuoso.

I tre pirati, fradici fino al midollo e scossi da tremiti feroci, le avevano lanciato delle occhiate stanche e provate mentre la Mutaforma, alzandosi il cappuccio sulla testa, si era posizionata al parapetto, dove ancora era.

Aveva rifiutato il cibo che Alise le aveva offerto, rimpiangendo il sapore del sangue sulla lingua e irrigidendosi all'idea di dover aspettare ancora troppo prima di poterne godere di nuovo.

Era passata circa un'ora da quando si era affacciata nuovamente alle onde, e nessuno, dopo Alise, aveva provato a distoglierla dalle sue riflessioni.

La cicatrice, sulla guancia, prese a bruciare improvvisamente, facendole contrarre il viso in una smorfia.

Era ancora fresca, e a meno di usare particolari unguenti, il dolore sarebbe rimasto in eterno, bruciando il suo viso fino alla morte. Era l'effetto del veleno dei Mutaforma, che per la maggior parte delle creature risultava letale.

Sentiva ancora gli artigli del suo simile che le laceravano la carne, vedeva ancora i suoi Occhi illuminarsi di rabbia mentre lei gli conficcava le unghie nella coscia e sangue denso e scuro ne sgorgava, macchiandole le mani.

Lui aveva osato irrompere nel suo territorio, aveva provato a conquistare il centro di Haja ignorando la sua presenza, uccidendo gli umani che erano il suo cibo.

Lo scontro era diventato inevitabile.

Andromeda percepiva ancora il senso di vittoria che aveva provato mentre alzava una mano artigliata, pronta a mettere fine a quella lurida vita, pronta a riconquistare l'onore che in anni di lotta si era guadagnata...

Chi viene dal mare [Attualmente sospesa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora