Capitolo 7 - Vicini

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Si svegliò il giorno dopo.

Nonostante avesse dormito quasi per 12 ore era ancora molto stanca, sentiva la pesantezza della sua testa e delle membra che la ancoravano al materasso e una strana sensazione di calore e al contempo formicolio alle estremità. Fortunatamente la sua stanza era buia, le persiane erano sbarrate e la poca luce del giorno che penetrava formava delle strisce gialle sul pavimento di legno: quella luce leggera e fioca non le dava troppo fastidio agli occhi stanchi. Si mise a sedere con fatica e si stropicciò gli occhi, tentando di abituarli alla luce.

«Buongiorno» sentì. Una voce che veniva dal buio, ma non riusciva a distinguere chi era ad aver parlato. Poteva solo vedere un'ombra umana, seduta a cavalcioni sulla sedia della sua camera con le braccia posate sulla sommità dello schienale di questa. Era una chiaramente una voce maschile ed era voltato verso di lei, la guardava. «Sono stato così pessimo da farti scappare su Jotunheim?» Da quanto tempo era lì?

«Loki?» chiese lei, coprendosi il busto con le lenzuola.

«Perché non mi hai detto nulla? Ti ho fatto avere un lavoro a palazzo e quando chiedo se è stato accettato mi dicono che stai partendo per Jotunheim.» Dal tono della sua voce sembrava seriamente deluso.

«Avevo fretta. C'è stata un'epidemia terribile e mi hanno chiamato perché resisto bene alle basse temperature del pianeta» spiegò lei. La sua voce era bassa e fioca, rifletteva la sua spossatezza.

Loki si alzò dalla sedia e si mise sotto la luce. «Perché scomodarsi tanto... per dei mostri?»

Sigyn si raddrizzò, togliendo la schiena dai cuscini. «Ho fatto un giuramento quando sono diventata guaritrice e poi non sono dei mostri. Hanno famiglie, come noi, con dei bambini innocenti... Che stavano morendo. Capisci che non avevo tempo per fare un giro di saluti né per inviare cartoline.»

«Ma stai bene?» chiese lui. «Ti hanno fatto del male?»

«Non mi hanno fatto nulla anzi, mi hanno trattato benissimo, meglio di quanto abbia fatto chiunque altro.» gli rispose stizzita, odiava quello stupido odio razziale. Non erano stati gli Jotnar a ridurla in quello stato, non erano stati loro a costringerla a camminare da sola in mezzo a una tempesta di neve. Erano state le stupide paranoie degli Asgardiani.

Loki assunse un'aria offesa. «Meglio di chiunque altro...» sussurrò.

Cazzo... «Perdonami... Non intendevo...» Lui si stava già voltando verso la porta della sua camera. Voleva andarsene! Lei si alzò di fretta e lo afferrò per un braccio, le gambe ancora le tremavano stanche. «Aspetta! Non era riferito a t- a voi!» disse guardando supplichevole il principe. Era stata una stupida, lui era stato più che gentile e affabile, invece lei l'aveva insultato.

Lui la guardò negli occhi. Era offeso, ferito e allo stesso tempo sorpreso che lei l'avesse afferrato come aveva fatto lui durante la loro prima chiacchierata. Se ricordava bene lei era rimasta molto offesa da quel gesto, invece ora si era ribaltata la situazione. Poi la sua espressione mutò radicalmente in apprensione. «Stai tremando...» osservò preoccupato, vedendo come rischiava di perdere l'equilibrio. «Stai bene?» le chiese di nuovo riaccompagnandola a letto.

«Solo un po' infreddolita. Ma non ti libererai di me così facilmente. Ora che lavoro a palazzo berrai olio di fegato di merluzzo ogni mattina a colazione» rispose, con voce bassa e titubante. Alzò gli occhi su di lui, sperando di vederlo più rilassato, sperando di essere riuscita a risolvere quell'equivoco; a distrarlo.

Lui rimase perplesso per qualche secondo, poi scosse la testa sorridendo sul palmo della sua mano. «Sei incredibile.» Fece apparire un pacco ai piedi del suo letto con un singolo gesto della mano. «Alzati e provalo. Non vorrai venire al ricevimento con la tua gonna strappata. Anche se per molti sarebbe un bel panorama.»

The Sun will Shine on UsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora