Corde

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Bill guardò Rebecca venire verso di lui, quasi correndo sui tacchi alti, e per un istante si concesse di pensare che fosse contenta - impaziente - di vederlo, nonostante la presenza di Timmy.
Questi gli lanció un'occhiata risentita prima di abbandonare la cucina, ma Bill non se ne curò, perché la porta a vetri si era finalmente aperta, e Rebecca era di fronte a lui, piú bella che mai.
-Wow.- Mormorò, lasciando scorrere lo sguardo dagli occhi verdissimi incorniciati dal mascara, alle labbra scarlatte, alla sua figura stretta nel tubino di raso.
Rebecca avvampò, aggiungendo due gradazioni di rosso al fard che aveva sugli zigomi.
-Cosa ci fai qui?- Gli chiese, stringendo forte una mano attorno alla maniglia della portafinestra.
Bill sbatté le palpebre, come risvegliandosi da un sogno.-Oh, io...- Si raddrizzò, si schiarí la voce.-Sono venuto a prenderti. C'é una festa che ti aspetta.- Aggiunse, con un piccolo sorriso.
Rebecca non seppe se mettersi a saltellare o dirgli che era folle. Si girò verso la porta che dava sul salotto, constatando l'assenza di Timmy e la presenza di tutti i suoi parenti nella stanza di fronte.-Ma, Bill, come faccio a...-
-Ti importa davvero di quel che penserebbero se te ne andassi?-
La ragazza tornò a guardarlo, posseduta da un silenzioso sbigottimento.
Non gli rispose, ma indicò le buste che il giovane teneva strette in mano con un cenno del mento.-Cosa sono?-
Bill le soppesò, come se non si fosse reso conto di averle con sé fino a quel momento.-Susie mi ha dato un cambio d'abiti per te. Ha detto che tua madre ti avrebbe sicuramente infilata in qualche vestito stretto da togliere il respiro.-
Susie.
Rebecca si morse una guancia. Per quello non si era presentata alla cena? Le aveva organizzato una festa con tutti gli altri?
Sentí gli occhi pizzicare di pianto, ma si trattenne.
-E poi mi ha detto che avresti avuto fame.- Bill allungò verso di lei una seconda busta, e la giovane sentí provenirne un piacevole odore di frittura.-Cosí sono passato al Moondance e ti ho preso cheeseburger e patatine.-
Questa volta Rebecca non riuscí a trattenere una piccola lacrima, ma allo stesso tempo sul suo volto spuntò un sorriso, il cuore che si spalancava come un frutto maturo.
Scese i due gradini che conducevano all'esterno e chiuse la portafinestra alle sue spalle, lo sguardo di Bill puntato su di lei.
-Hai ragione.- Gli disse, continuando a sorridere.-Non mi importa.-

Rebecca abbassò la zip del vestito.
Era sui sedili posteriori dell'auto di Bill, la strada e la notte scorrevano veloci nei finestrini accanto a lei.
Di tanto in tanto la luce di un lampione filtrava nell'abitacolo, e qualche passante si voltava a guardare, ma c'era qualcosa di confortevole, per Rebecca, nell'essere seduta nel silenzio di quella macchina, Bill alla guida e lei intenta ad infilare i jeans e la felpa che Susie le aveva prestato.
Come se si stesse cambiando in camera propria, al sicuro tra le pareti, lontana da occhi indiscreti.
La serenità di quel momento era smorzata solo dalla taciuta eccitazione che prendeva forma nel petto di entrambi. Rebecca si chiese se Bill ricordasse ancora le forme del suo corpo, come la pelle rilucesse bagnata di sudore e di luna.
Bill ricordava.
E nella sua mente, per un breve istante, si formò l'immagine di Rebecca che toglieva il tubino verde, rimanendo nella stessa biancheria di pizzo che le aveva sfilato quella notte.
Ma non si azzardò a guardare, evitò rigorosamente il suo profilo ritratto nello specchietto retrovisore.
Intravide solo la sua spalla nuda, distrattamente, mentre individuava una macchina dietro di loro pronta a sorpassare, e il suo cuore accelerò i battiti.
-Come ti sei fatta quella cicatrice?- Chiese. Una domanda che avrebbe voluto farle dal compleanno di Richie.
La testa ricciuta di Rebecca sbucò fuori dal collo della felpa.-Cadendo da un albero.- Rispose, dopo un istante di stupore.-Quando ero piccola.-
Un angolo della bocca di lui si sollevò in un mezzo sorriso.-Sei un po' spericolata anche tu, allora.-
Una gamba della ragazza sbucò improvvisamente accanto a lui, e Bill si voltó a guardare mentre si infilava poco a poco nello spazio tra i due sedili anteriori per poi piombare su quello del passeggero.-Che intendi dire?- Gli chiese, sistemando i capelli arruffati e i vestiti spiegazzati.
Bill le passò la busta del Moondance posata sul cruscotto.
-Non sembri il tipo di persona che si arrampicherebbe su un albero.- Rispose, mentre Rebecca addentava il cheeseburger.
Lei gli lanciò un'occhiata poco convinta.-Ho fatto tante cose rischiose.-
-Da ubriaca, sí.-
Mentre le parole uscivano dalla sua bocca, Bill pensò che forse non avrebbe dovuto fare un commento del genere. Ci fu un lungo silenzio, in cui il ragazzo si tormentò il labbro inferiore in preda alla mortificazione, finché Rebecca, con sua grande sorpresa, scoppiò a ridere.
Il giovane la guardò.-Volevo dire che...-
-Lo so, lo so.- Lo interruppe lei, continuando a ridacchiare. Poi si fece seria.-Ma é proprio questo il punto. Da sobria non riesco a fare altro che compiacere i miei genitori.-
Bill dovette compiere un enorme sforzo di volontà per non posarle una mano sul ginocchio e stringere. Per non comunicarle in ogni modo possibile che era lí per lei.
-Però sei scappata dalla festa.- Rispose invece.-Sei salita in auto con un ragazzo che disapprovano, diretta chissà dove, e stai mangiando con le mani.-
Rebecca sorrise, e le sembrò che la patatina che aveva in bocca avesse un sapore piú buono delle altre.-A proposito, dove stiamo andando?-
Bill si strinse nelle spalle.-A casa mia. Niente di cosí esotico.-
La giovane non si era aspettata niente di diverso, considerando gli abiti informali che Susie le aveva mandato e il modo in cui Bill era vestito - camicia di flanella e jeans scuri.
-I miei non ci sono.- Proseguí il ragazzo.-In viaggio per lavoro, come sempre. Georgie dorme da un amico.-
Rebecca smise per un attimo di galleggiare nel brodo di giuggiole in cui l'idea di una festa a sorpresa per lei l'aveva sprofondata e si concentrò sull'ultima frase.
-Non era necessario mandarlo via.-
-Scherzi?- Bill strinse le mani attorno al volante.-Ci saranno alcolici, casino fino a tardi, e Richie...-
-Richie non é il demonio.- Ribatté lei, ma scherzosamente, perché era evidente che Bill non lo pensasse sul serio e si stesse solo arrampicando sugli specchi, cercando motivazioni per le quali Georgie avrebbe dovuto non esserci.
Dopo un breve sospiro, il giovane ammise:-É un bambino. É giusto che si diverta, che passi del tempo con i suoi amici. Anche se saperlo lontano da casa mi toglie il respiro.-
La tristezza punse il cuore di Rebecca, sottile e insidiosa come uno spillo.-Sei un bravo fratello, Bill.-
Lui annuí, tentando di scacciare la preoccupazione, di godere della presenza di Rebecca al suo fianco, del suono della sua voce, del calore del suo corpo vicino. Gli era mancata.
-Spero che sia cosí.-
La giovane ripose la busta ormai vuota e strofinò via l'unto dalle mani con un tovagliolo.-Gli hai fatto una nuova barchetta?- Chiese, ricordando come Tara fosse andata distrutta nel tubo di scarico del lavandino.
-Sí. L'ho chiamata "Riley". Significa "coraggiosa", perché sai, ci vuole coraggio a finire nelle mani di Georgie.-
Rebecca rise piano.-Dove l'hai trovato?-
-C'é un libro, in biblioteca, con i significati dei nomi.-
La ragazza rimase in silenzio a guardarlo. Stavano percorrendo uno stretto viale percorso di lampioni, la luce gli contornava gli zigomi e gli faceva brillare gli occhi come fiaccole. O forse era il suo cuore buono a brillare e a rigettare luce all'esterno.
Rebecca lo immaginò seduto al tavolo della biblioteca, intento a consultare un vecchio manuale impolverato, alla ricerca del nome adatto per la barchetta di Georgie.
-Il tuo significa "corda".- Mormorò lui d'un tratto, lasciandola ancor piú a bocca aperta.
Aveva cercato il suo nome?
Sentí che il petto stava per esploderle, ma una delusione improvvisa placò il ruggito dell'amore.-É tremendo.- Rispose, aggrottando le sopracciglia.
Un ampio sorriso si aprí sul volto di Bill.-"Corda".- Ripeté.- Perché "leghi le persone a te con la tua grazia".- Le scoccò un'occhiata divertita, ma c'era una punta di dolcezza nelle iridi blu.-Credo che sia appropriato.-
Rebecca arrossí visibilmente, e di nuovo il suo cuore prese a battere come un tamburo, minacciando di sbucare all'esterno e finire dritto in grembo a Bill.
Il ragazzo continuò a guidare serenamente, come se non avesse appena scoccato una fatale freccia, e parcheggiò davanti villa Denbrough, un braccio attorno al poggiatesta del sedile di Rebecca mentre faceva manovra.
La ragazza inspirò il suo odore familiare, che sapeva di bucato fresco e pane e casa, cosí diverso dalla colonia di Timmy, dal profumo stordente delle gardenie che le aveva portato.
E avrebbe voluto potersi fermare per sempre in quell'istante, averlo e sentirlo sempre cosí vicino.
Ma il tempo scorse e la freccia di Bill si infilò ancor di piú nel petto, divenendo dolorosa.
Ha cercato anche il nome di Beverly.
E l'aveva guardata allo stesso modo mentre glielo diceva, mentre le rivelava che significava "perla" o "acqua lucente" o chissà cos'altro di meraviglioso.
Quando Bill la guardò di nuovo, continuando a starle cosí vicino, il braccio quasi avvolto attorno alle sue spalle, gli occhi che scintillavano come pietre azzurre, Rebecca sentí la bocca amara.
C'era gelosia nelle sue viscere, e rabbia, e ricordi dolorosi che avrebbe voluto poter seppellire per sempre.
-Becca.- Il ragazzo le posò una mano fresca sulla guancia, invitandola a ricambiare lo sguardo. E lei lo fece, tremando a quel soprannome.
"Rebecca, Rebecca, Becca..."
-Posso baciarti?-
Rebecca sgranò gli occhi.
Una domanda cosí dolce, cosí delicata e piena di riguardo e di quel che lei sperava fosse amore, eppure portatrice di altri dubbi e sofferenze.
Avrebbe pensato a lei, mentre la baciava? Avrebbe rimpianto il sapore, la forma, la consistenza di quelle labbra rosse e morbide come i papaveri?
Si fece impercettibilmente indietro, ma Bill colse quel movimento e, lentamente, lasciò ricadere la mano.
Fece per aggiungere qualcosa, e in cuor suo Rebecca pregò che le sue parole potessero darle una qualche rassicurazione, ma dei colpi improvvisi sul tetto della macchina fecero sobbalzare entrambi.
Si voltarono verso il finestrino dal lato del passeggero e videro la faccia bruna e sorridente di Mike.
Bill si portò una mano alle tempie, imprecando sottovoce, e Rebecca aprí lo sportello, uscendo dall'auto.
Subito Mike la strinse tra le braccia, quasi sollevandola da terra.-Finalmente la festeggiata!- Esclamò, lasciandola andare.
Rebecca sorrise, con una mestizia che nell'oscurità l'altro non ebbe modo di notare.
-Vieni, su.- L'amico la prese a braccetto, tirandola lungo il viale.-Gli altri non vedono l'ora di abbracciarti.-
Rebecca non ebbe modo di opporsi, e neppure la voglia. Con tutte le emozioni che le affollavano il petto, aveva bisogno di qualcuno che la trascinasse via dai pensieri.
Mike si voltò solo un istante, senza smettere di camminare.
-Bill!- Urlò.- Non vieni?-
Il ragazzo gli fece cenno di precederlo, e Mike fece come gli era stato chiesto, proseguendo lungo il vialetto.
Prima di entrare in casa, Rebecca lanciò un'ultima occhiata a Bill e, nel buio, lo vide chinare il capo fino ad appoggiarlo sul volante.
Il clacson emise un singhiozzo.

White Lies - ReddieWhere stories live. Discover now