12 - The Date

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Elle insistette per prestarmi uno dei suoi “vestiti da appuntamento”, come li chiamava lei. La mia gemella e le mie coinquiline mi aiutarono a prepararmi tra un concerto improvvisato sulle note delle canzoni che stavamo ascoltando, un balletto in soggiorno e tante, tantissime risate. Non mi sembrava vero di stare vivendo quel momento, sembrava di essere in un telefilm da adolescenti e la protagonista, nonostante assomigliasse pericolosamente a me, non fossi io.
Non volevo ammettere di essere felice, perché avevo paura che se l’avessi detto ad alta voce, avrei smesso di esserlo.
“Mi raccomando, chiedi a Harry il numero di telefono di Niall per me.” Disse Piper prima che potessi uscire dall’appartamento. Scoppiai a ridere e mi resi conto di non aver fatto molto altro durante tutta la giornata. Avevo riso. Tantissimo. Ero stata quasi incapace di smettere, a dire il vero. Forse era una reazione nervosa, o forse ero davvero felice. Non ne avevo idea.
“D’accordo, farò del mio meglio.” Risposi.
“Kim?” Mi chiamò Cassie. Spostai lo sguardo sulla mia gemella, che non mi disse niente, ma mi fece capire semplicemente con un’espressione del viso quello che stava pensando.
Stai attenta ma divertiti e presentati all’appuntamento con la mente e il cuore aperti. Dai una possibilità a Harry e a te stessa.
Sapevo che voleva dirmi quello. Lo sapevo e basta. Annuii e le rivolsi un sorriso. Lei mi prese la mano e la strinse leggermente nella sua. Era orgogliosa di me, lo vedevo dai suoi occhi. Era felice e agitata nello stesso momento, proprio come lo ero io.
“Mente e cuore aperti, okay?” Disse Cassie a bassa voce, in caso non avessi capito quello che voleva dirmi.
“Ed eventualmente anche gambe aperte, okay?” Intervenne Elle. La guardai con un’espressione stralunata per qualche secondo, poi scoppiai a ridere.
“Elle!” Esclamai.
“Che c’è? Sto solo dicendo che se si presenta l’occasione…” Rispose lei, lasciando la frase a metà. Tanto avevamo capito tutte quello che intendeva. Probabilmente anche la signora Newman, che stava sicuramente spiando con l’orecchio appiccicato alla sua porta.
“A parte gli scherzi, è pur sempre il vostro primo appuntamento.” Disse Piper. “Quindi devi fare solo quello che ti senti di fare.” Aggiunse.
“Grazie, mamma.” Scherzai. “Ora posso andare?”
Sorrisi di nuovo, sembrava che le mie labbra non fossero capaci di fare altro in quel momento. Cassie mi abbracciò stretta per qualche istante, poi salutai anche Elle e Piper e mi avviai verso l’ascensore.
Una volta in strada decisi di aprire per la prima volta il bigliettino che mi aveva scritto Harry la sera prima. Non sapevo ancora dove dovevo andare, non avevo  nemmeno programmato il viaggio. Forse avrei dovuto farlo. Non ero ancora così pratica dei mezzi di trasporto di New York.
Il pezzo di carta era piegato in quattro e al centro del foglio era scarabocchiato un indirizzo: 57 Irving Place.
Sorrisi tra me e me. Non c’era nemmeno bisogno che cercassi di fermare un taxi. Irving Place era la via parallela alla Terza Strada. Avrei dovuto camminare al massimo per cinque minuti.
 
Il battito del mio cuore accelerò ad ogni passo, finché non mi trovai davanti al portone del palazzo al numero 57 di Irving Place. Ero nervosa, non sapevo cosa aspettarmi. Tecnicamente non ero mai stata ad un appuntamento vero e proprio, perché Chad ed io passavamo il tempo a South Bank a chiacchierare su una panchina o a concerti o nel suo appartamento. Non mi aveva mai portata fuori a mangiare o qualcosa del genere. E certo, anche Harry mi aveva chiesto di andare all’appartamento che aveva affittato, ma le circostanze erano completamente diverse. Lui mi aveva promesso che avrebbe cucinato e non potevamo farci vedere in giro insieme per ovvi motivi: lui non voleva ulteriori gossip ed io non volevo farmi licenziare.
Guardai il citofono di fianco alla porta e cominciai ad agitarmi ancora di più. Il genio non mi aveva detto a che piano era l’appartamento, a chi avrei dovuto suonare?
Esattamente in quel momento, cominciò a suonare il mio cellulare.
“Pronto?”
“Kim?” La voce familiare di Harry mi tranquillizzò. Mi aveva letto nel pensiero? Poi guardai in alto e mi trattenni dal darmi una pacca sulla fronte. Il palazzo era composto da vetrate enormi, forse mi aveva vista arrivare. Cominciai a notare anche la stranezza del design di quella palazzina. Era nuova, si vedeva, e stonava in mezzo a quelle di mattoni della stessa via.
“Sono io. Il numero era giusto, visto?” Dissi.
“Per fortuna, perché mi sono reso conto di non averti detto che tasto del citofono premere.” Rispose lui. “Comunque ti sto aprendo, aspettami all’ingresso, vengo a prenderti.” Aggiunse prima di terminare la conversazione. Sentii un rumore metallico, segno che la porta era stata aperta, e la spinsi. Entrai, salutai il portiere, che mi stava guardando con aria incuriosita, e aspettai.
“Posso esserle utile?” Chiese l’uomo.
“Sto aspettando un mio amico.” Replicai io con un sorriso.
Un sonoro “bip” dell’ascensore mi fece agitare ancora di più. Quando si aprirono le porte, però, non riuscii a non sorridere, perché Fossette si era vestito bene per me. Aveva abbandonato le t-shirt scolorite e i pantaloni completamente rotti sulle ginocchia. Stava indossando una camicia blu con dei cuori bianchi e un paio di jeans stretti neri. Probabilmente aveva fatto uno sforzo per essere elegante, ma tutto quello che riuscii a pensare fu che quella camicia era proprio orrenda. Evitai di dirglielo, però, perché non volevo essere maleducata da subito.
“Kim!” Esclamò lui, avvicinandosi. Mi abbracciò velocemente e mi diede un bacio sulla guancia, prima di accompagnarmi all’ascensore. Premette il tasto del sesto piano e si appoggiò alla parete. “Stai benissimo vestita così.” Aggiunse poi.
“Grazie. Anche tu stai bene.” Replicai. Era vero, stava bene. L’unico problema era la stampa orribile di quella camicia. Ma chi ero io per giudicare i suoi vestiti? E comunque non me ne fregava nulla. Mi appoggiai contro di lui e lo baciai.
“Stai benissimo anche con i capelli raccolti.” Disse lui, sorridendo. Mi spostò una ciocca dagli occhi e poi accarezzò la mia guancia.
“Ma qual è il tuo problema con i miei capelli?” Domandai io, ridendo. Sapevo che mi stava prendendo in giro.
L’ascensore si fermò al sesto piano. Dopo una breve camminata in corridoio, Harry aprì una porta e mi fece entrare nell’appartamento che aveva affittato a New York insieme ai suoi amici.
“Wow!” Mi lasciai sfuggire. “Piccolo.” Commentai poi, guardandomi intorno. Solo la zona adibita a soggiorno era il doppio di tutto l’appartamento che condividevo con Cassie, Piper ed Elle. Ed io che pensavo che le case a New York fossero tutte piccole.
“Ti piace? Zayn ha scelto proprio bene.” Disse lui. “Vieni, dai, ti faccio vedere tutto.” Aggiunse, prendendomi una mano e guidandomi verso la prima porta. Mi mostrò le camere da letto (ce n’erano ben quattro), la zona cucina con la sala da pranzo (in realtà avevo già visto due tavoli davanti alle grandi vetrate con una magnifica vista di New York. E in cucina c’era anche un bancone con quattro sgabelli. Decisamente non avremmo avuto problemi a trovare un posto in cui mangiare in quell’appartamento) e, per finire, il bagno della stanza da letto principale.
“La vasca rotonda!” Esclamai. “Questo sembra un hotel di lusso, è bellissimo!” Aggiunsi, guardandomi intorno. Harry sorrise ed io mi resi conto che dovevo sembrare buffa. Probabilmente assomigliavo a una bambina in un grande negozio di giocattoli. Non ero abituata a vedere tutti quegli oggetti di design stupendi. Non volevo nemmeno immaginare quanto costasse affittare quell’appartamento per un mese. Di sicuro più di tutto quello che avevo in banca, il che non era molto.
“E’ comoda, sai? L’ho provata ieri sera.” Rispose il ragazzo. Mi costrinsi a non visualizzare la scena nella mia mente. Invece mi concentrai sul fondo della stanza.
“Dove conduce quella porta di vetro?” Domandai, facendo qualche passo in avanti. “Sembra quasi…” Cominciai a dire.
“La sauna.” Rispose Harry.
Lo guardai per qualche secondo.
“Avete affittato un appartamento con una sauna in bagno?” Domandai, sconvolta. “Certo che vi trattate bene, eh?”
Lui alzò le spalle e scosse la testa, ridendo.
“Zayn.” Rispose semplicemente. “Ti va di mangiare? Ho cucinato.” Aggiunse dopo qualche secondo.
Ero ancora sconvolta per la scoperta di una sauna all’interno di un appartamento. Annuii vagamente, allontanandomi da quel bagno che sembrava più una spa di lusso.
Ci fermammo nella zona cucina e Fossette mi mostrò quello che aveva cucinato per me.
“Mi sono reso conto di non averti chiesto cosa ti piace, così ho fatto un po’ di tutto. In teoria come antipasto ci sarebbe il cocktail di gamberetti.” Disse lui.
Aveva seriamente cucinato per me? Come se non fossi abbastanza cotta di lui. Mi avvicinai per dargli un bacio sulle labbra, poi assunsi un’espressione dispiaciuta e abbassai lo sguardo.
“Oh, Harry, mi dispiace ma sono allergica ai crostacei.”
Lui sbiancò.
“Oh. Mi dispiace, mi dispiace. Non lo sapevo! Possiamo passare direttamente a qualcos’altro, sono sicuro di aver fatto qualcosa a cui non sei allergica, perché ho fatto di tutto.” Rispose lui. Non riuscii a rimanere seria per più di qualche secondo, così scoppiai a ridere e scossi la testa.
“Non è vero, ti stavo solo prendendo in giro. Mi piacciono molto i gamberetti.”
Lui tirò un sospiro di sollievo.
“Allora da questa parte.” Disse, accompagnandomi al tavolo (che era apparecchiato con tanto di rose rosse al centro) e facendomi sedere.
“Ma davvero hai cucinato tutto tu? Non mi offendo se hai ordinato le cose, eh.”
Harry mi guardò per qualche secondo, poi sorrise.
“Ho fatto quasi tutto io.” Ammise. “Il dolce l’ho comprato, perché volevo che fosse perfetto. E credimi, è stata una tragedia cucinare, oggi, perché Niall ha cercato di mangiarsi tutto quello che dovevo usare.” Continuò. Visualizzai nella mia mente l’immagine di Fossette con il grembiule e il viso sporco di farina. Poteva essere più dolce?
“A proposito dei tuoi amici, che fine hanno fatto questa sera?” Chiesi.
“Sono usciti a cena, poi vanno in un locale e tornano tardi. Non volevano disturbarci.”
“Bene.” Dissi, assaggiando un gamberetto. “Buono a sapersi.” Aggiunsi, guardando intensamente Fossette negli occhi.
 
Avevamo parlato di tutto durante la cena e mi era sembrato di essere ancora sul tetto del Roosevelt. Era facile stare insieme a lui, mi veniva naturale. Potevamo essere entrambi noi stessi e dire tutto quello che volevamo. Passavamo da battute inappropriate a discorsi seri e delicati.
Dopo averlo aiutato a sistemare la cucina (avevo insistito, anche se lui non voleva) ci eravamo sistemati su uno dei divani della zona giorno e stavamo guardando un film mentre ci coccolavamo. Era la cosa più normale del mondo, era qualcosa che facevano tutte le coppie, eppure io, in quel momento, mi sentivo speciale. Perché Fossette mi faceva sentire in quel modo e non sapevo nemmeno io per quale motivo.
“Sai che non dovevi scegliere una commedia romantica solo perché sono una ragazza, vero?” Domandai. Il film aveva preso una piega commuovente ed entrambi avevamo gli occhi lucidi. E dannazione, io non piangevo mai per le cazzate che mostravano nei film. Sapevo che era tutto finto e nella vita reale quelle cose non succedevano.
Però Fossette ha preso un aereo e si è presentato davanti alla porta di casa tua per chiederti una possibilità come nelle commedie romantiche più sdolcinate. Disse un’odiosa vocina nella mia mente.
“Ma a me piace quel genere.” Disse lui, scrollando le spalle.
Lo guardai per qualche secondo con un velo di stupore negli occhi.
“Ti piacciono le cose romantiche?” Chiesi.
“Beh sì.” Rispose lui, improvvisamente in imbarazzo. “A te che genere piace di solito?”
“Generalmente thriller psicologici. Mi piacciono quelle cose che mi fanno sudare i palmi delle mani e mi fanno stare seduta sul bordo del divano.” Dissi. “Però questo è bello. Non sono una grande esperta di commedie romantiche, ma quella che abbiamo guardato mi è piaciuta.” Aggiunsi immediatamente. Il film aveva raggiunto i titoli di coda e ci tenevo a far sapere a Fossette che avevo apprezzato la sua scelta. Non volevo che ci rimanesse male.
Lui mi guardò ammirato e mi strinse a sé per qualche istante, prima di darmi un lungo bacio che mi fece mancare il respiro.
“P-parlando di film.” Dissi, cercando di controllare la voce. Inutile, tanto l’aveva capito anche lui (e probabilmente dalla mia espressione e non dalla mia voce) che si era acceso un fuoco dentro di me e avevo bisogno di lui. “Quante volte ti hanno detto che saresti stato perfetto per fare Harry Potter?”
“Oh, non ne hai idea.” Rispose lui con un sorriso.
“Beh, ma hanno ragione. Il vero Harry Potter, quello del libro e nella mente della Rowling, aveva i capelli ricci e spettinati e gli occhi verdi. Nel film hanno scelto un ragazzino con i capelli lisci e gli occhi azzurri. Per carità, poi è stato bravissimo a recitare la parte, ma…” Continuai. Perché stavo blaterando in quel modo?
“A scuola i miei compagni mi chiamavano Potter.” Replicò lui. “E a volte succede ancora, quando faccio qualche cavolata, tipo sbattere contro una porta di vetro o cose del genere. I miei compagni di band tendono a ricordarmi che il mio cognome è Styles e non Potter.”
Scoppiai a ridere, ma mi interruppi immediatamente quando i miei occhi incontrarono i suoi. Vedevo nella sua espressione le stesse cose che provavo io. Parlando di cose inutili stavamo solo ritardando il momento. Perché improvvisamente ero diventata così nervosa?
“Rimango dell’opinione che saresti stato perfetto per la parte.” Dissi. Un sorriso ansioso spuntò sul mio viso, mentre la mia mente non riusciva a smettere di pensare a mille cose. Alle sue labbra sulle mie, ai nostri vestiti che volavano sul pavimento, alla mia mano tra i suoi capelli…
“Tu avresti dovuto fare Ginny, allora. Okay, non hai i capelli rossi, ma...”
“Nah.” Risposi io. “A me Harry e Ginny non sono mai piaciuti insieme. Ho sperato fino all’ultimo che lui finisse con Hermione.” 
Fossette annuì lentamente, poi posò il mio sguardo sul mio e sorrise, forse per cercare di tranquillizzarmi.
“Sei agitata?” Mi domandò.
Respirai profondamente.
“Sì.” Dissi. “Non so perché, sono un fascio di nervi.” Aggiunsi. Poi abbassai lo sguardo e scossi la testa. “Sei tu. Sei tu che mi fai questo effetto.” Mormorai.
“Ehi.” Replicò lui, posandomi due dita sotto il mento e alzando leggermente il mio viso. Incontrai il suo sguardo e provai un brivido. “Lo sai che non… non è per quello che ti ho invitata qui, vero?”
Mille battute sarcastiche mi inondarono la mente e cercai di trattenermi. Ma ovviamente non riuscii.
“Presuntuoso, è il nostro primo appuntamento, pensavi che quello fosse anche solo un’opzione?” Scherzai.
Lui arrossì ed io ridacchiai. Ero una persona pessima, mi divertivo a vederlo in difficoltà.
“Oh, io… hai ragione, scusa, non… okay, adesso mi sento un idiota.” Borbottò senza guardarmi.
D’accordo, l’avevo fatto imbarazzare abbastanza e non ero più nemmeno nervosa.
“Harry?” Richiamai la sua attenzione, assaporando il suo bellissimo nome. Ero sicura che nessun’altra combinazione di cinque lettere suonasse altrettanto bene. Lui alzò lo sguardo e notai che le sue guance erano ancora rosse. “Stavo scherzando.” Aggiunsi e lo baciai.
Fossette mi passò subito un braccio intorno alla vita e mise una mano sulla mia guancia. Fu un gesto automatico per lui. Io, invece, accarezzai i suoi bellissimi capelli ricci e continuai a baciarlo. Non esisteva nient’altro in quel momento. Non quello che ci stava intorno, non il lavoro, non Sophia, non le mie coinquiline o la mia gemella e, soprattutto, non i suoi amici che avrebbero potuto tornare a casa da un momento all’altro.
Con un movimento veloce e deciso Harry si alzò dal divano, tenendomi aggrappata a lui. Allontanai leggermente il mio viso dal suo e sorrisi.
“Sei forte.” Sussurrai nel suo orecchio. Lo vidi chiudere gli occhi per un istante e bagnarsi le labbra con la lingua.
Poi, tenendomi stretta, si spostò verso quella che era diventata la sua camera e mi fece sdraiare sul letto.
Non avevo mai provato nulla del genere. Ogni suo tocco provocava una scia bollente sulla mia pelle e ogni suo bacio faceva crescere il fuoco nel mio petto.
Al diavolo tutto. Pensai, aiutando Fossette a slacciarsi la cintura dei pantaloni. In quel momento mi era impossibile pensare. Non mi interessava di nulla. Non del fatto che fosse il nostro primo appuntamento e che avrebbe potuto pensare che fossi una ragazza facile (beh, tecnicamente lo ero, no? Stavo o non stavo sfilando i suoi boxer mentre lui mi baciava il collo e mi faceva mancare il respiro?), non del fatto che i suoi amici avrebbero potuto tornare a casa e sentire qualcosa… niente. L’unica cosa importante, in quel momento, era Fossette. Con lui tutto era facile, persino lasciarsi andare completamente.

The Butterfly Effect || [One Direction - Harry Styles]Where stories live. Discover now