26 - The Stadium

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Mi alzai velocemente dal letto e avvolsi la coperta intorno alle spalle. Aprii la finestra – senza farmi sentire da Cassie – e mi sedetti sulla scala antincendio. New York era già sveglia a quell’ora. Io ero sicura di essere ancora un po’ ubriaca e di aver dormito troppo poco, ma Harry mi stava chiamando. Dovevo rispondere.
Con mani tremanti premetti il tasto verde e portai il telefono all’orecchio. Non dissi nulla, non sapevo nemmeno più come si faceva a parlare.
“Kim?” Il tono di voce di Harry sembrava preoccupato. Il mio cuore cominciò a battere più forte e lo maledissi.
Accidenti a te e ai tuoi battiti così forti che sembra che tu voglia uscire dal mio petto. E accidenti a te, Harry, per farmi provare queste cose nonostante io ti odi da morire.
Avrei voluto dire un milione di cose. Avevo tante domande, tanti insulti…
“Perché?” Sussurrai invece. Dall’altra parte del telefono sentii silenzio per qualche minuto. Un’infinità di tempo.
Forse non avrei dovuto. Era la prima volta che ci sentivamo dopo un mese e avevo già rovinato tutto. Ero sicura che avrebbe interrotto la conversazione.
“Perché regalarmi i tre mesi più belli della mia vita e poi sparire così?” Domandai ancora. A quel punto ero incapace di stare zitta. Avevo bisogno di risposte e le volevo in quel momento.
“Perché prima di andartene mi hai detto che mi hai lasciata perché non eri più innamorato di me? Cos’ho fatto di sbagliato? Dimmelo, Harry, ti prego, perché non sapere quello che è successo mi sta facendo diventare pazza.”
“Non lo so.” Rispose finalmente lui.
Chiusi gli occhi e qualche lacrima rotolò sulle mie guance. Harry mi mancava così tanto che provavo del dolore fisico solo ascoltando la sua voce.
“Mi avevi promesso che non mi avresti mai fatto del male e invece è un mese che mi sento come se mi mancasse l’aria, Harry.” Dissi. “Mi avevi promesso che non mi avresti mai fatto del male e invece mi hai lasciato e sei andato con la prima che hai incontrato.” Ormai stavo singhiozzando. Continuavo a rivedere le immagini di lui e quella modella che salivano sul taxi e lei che gli buttava le braccia intorno al collo. “Non so come sia possibile, ma ti odio tanto quanto ti amo.” Dissi infine.
“Kim…”
“E non so nemmeno perché ti sto chiamando, visto che mi hai detto che non sei più innamorato di me. Mi sto solo rendendo ridicola.” Aggiunsi. Scossi la testa. Che cosa stavo facendo? Dovevo essere diventata davvero pazza.
Non avevo ottenuto nessuna risposta e in quel momento non ero nemmeno più tanto sicura di volerne una. Sentire la voce di Harry mi aveva scossa e non ero pronta. Non potevo sapere per quale motivo non mi amava più, perché sentirglielo dire ad alta voce l’avrebbe reso reale. E nella mia testa non lo era ancora. Nella mia mente si trattava solo di un grosso equivoco. Di un incubo da cui mi sarei svegliata presto.
Mi costrinsi ad interrompere la chiamata e affondai il viso nelle mani, piangendo. Perché avevo pensato che chiamarlo avrebbe risolto le cose? Ero stata solo una stupida. Stavo peggio di prima.
 
“Ehi, Kimberly, hai sentito la bella notizia?” Mi domandò Sophia il giorno successivo al lavoro. Non mi ero ancora perdonata per aver chiamato Harry la notte prima. Avevo un mal di testa terribile per colpa dell’alcool che avevo bevuto e, soprattutto, non riuscivo a smettere di pensare al messaggio che mi aveva mandato Louis. Alle otto e venticinque lo schermo del mio cellulare si era illuminato e avevo letto le seguenti parole:
“Fletcher, se non risolvi questa situazione con il caro Harold giuro che vengo a prenderti a New York.”
Non avevo risposto, perché non avevo la minima idea di cosa dire. Non c’era più nulla da risolvere, Harry non era stato nemmeno in grado di dirmi perché mi aveva lasciata prima di partire per il tour.
“No, che succede?” Domandai, abbandonando la mia borsa sulla sedia dietro la scrivania e guardando la fotografa con aria incuriosita. Avevamo finalmente chiuso l’accordo per scattare le foto per il lookbook della collezione autunnale di Michael Kors? Sapevo che Sophia ci teneva particolarmente, ma non era ancora riuscita ad ottenere quel lavoro.
“Pensavo che te l’avesse detto il tuo ragazzo, ma fortunatamente è riuscito a mantenere il segreto. Volevo farti una sorpresa. Sarò la fotografa ufficiale delle della band durante le due date in New Jersey della settimana prossima. E tu ovviamente verrai con me, visto che sei la mia assistente. Almeno passerai un po’ di tempo con lui.” Disse la donna. Era stranamente di buonumore e quello era stato il discorso più lungo che le avevo sentito fare da quando avevo cominciato a lavorare per lei. Dopo che le avevo chiesto aiuto per la situazione con Brian, la fotografa era diventata più amichevole, mi chiedeva spesso come andava e a pranzo aveva cominciato a chiacchierare di tutto, non solo di lavoro.
“Il mio cosa?” Domandai distrattamente. Era una giornata difficile, avevo bisogno di extra energia per concentrarmi.
“Il tuo ragazzo, Kim. Harry Styles? Il ricciolino che canta insieme agli altri One Direction? Quello per cui hai rischiato di farti licenziare!” Spalancai la bocca e sentii il mio cuore affondare.
“Harry.” Mormorai. Che mi piacesse o meno, avrei dovuto rivederlo in soli sette giorni. Non ero pronta, non potevo farcela. E non avevo mai nemmeno detto a Sophia che ci eravamo lasciati.
“Kimberly, va tutto bene? Perché oggi mi sembri un po’ fuori.” Domandò la donna, ridendo.
“Io… sì. Sì.” Risposi. “Piuttosto, tu mi sembri particolarmente allegra.” Aggiunsi. Avrei fatto qualunque cosa pur di cambiare discorso in quel momento.
“Beh, diciamo che non sei la prima persona che esce con uno dei miei clienti.” Disse lei misteriosamente.
“Tu?” Chiesi. Lei annuì e sorrise come una ragazzina alla prima cotta.
“Qualche anno fa ho cominciato a uscire con uno dei miei clienti. Un attore.” Spiegò lei. Sembrava quasi che facesse fatica a tenersi tutto per sé. Era come se dovesse condividere quella storia con me. “Poi sono successe delle cose – e non voglio entrare nei dettagli – e ci siamo lasciati. Ieri sera, però, ci siamo visti a una festa ed è stato come se non ci fossimo mai allontanati.” Aggiunse.
Certo, i dettagli che non voleva rivelarmi erano i tradimenti con il modello che mi aveva raccontato Amber.
“Sono davvero felice per te, Sophia.” Dissi.
“Oh, anch’io. Dopo questo lavoro con i ragazzi chiudiamo per una settimana, perché Joel ha deciso di portarmi a Parigi.” Raccontò la donna. Poi sorrise di nuovo e si asciugò una lacrima con il dorso della mano. “Kim, l’amore rende stupidi, l’ho sempre detto. Guardami, sono una donna adulta e sono qui a piangere perché l’amore della mia vita ha deciso di perdonare una cazzata che ho fatto e mi ha chiesto di andare a Parigi insieme. Sai cosa ti dico? Durante la settimana in cui sarò in Francia, vai con Harry. Seguilo in tour, passa più tempo possibile con lui.”
Annuii, anche se in realtà mi sentivo morire dentro. Avrei davvero voluto fare una cosa del genere, ma era inutile. Lui non mi amava – e forse non l’aveva mai fatto – e non stavamo più insieme. Sarebbe già stata una tortura vederlo per due giorni di seguito per lavoro. Come mi sarei dovuta comportare con lui?
 
“Stai scherzando, spero? Io non mi metto quella roba per andare a un concerto in New Jersey!” Esclamò Cassie il giorno del primo live degli One Direction. Non avevo dormito la sera prima e non ero riuscita a concentrarmi su nulla per tutta la mattina. Nemmeno sul litigio tra Cassie ed Elle, che voleva far infilare la mia gemella in un vestitino così succinto che era come se non l’avesse avuto addosso. “Non è un vestito, è un buco! Un pezzo di stoffa con un buco!” Aggiunse la ragazza, guardandosi allo specchio. Poi si voltò e, con orrore, scoprì altre parti di pelle scoperta. “Anzi no, è uno scolapasta! Sei pazza, dovrò anche vedere Zayn, ma non ci penso nemmeno.”
Scossi la testa e continuai a guardare le foto che avevo scattato il giorno prima sullo schermo del computer. Ero andata a fare una piccola gita a Roosevelt Island, approfittando del bel tempo e del weekend, e avevo fotografato Manhattan da là. Era stata un’esperienza bellissima e, per la prima volta in parecchio tempo, ero stata bene. Avevo passato tantissimo tempo in completa solitudine. Eravamo solo io e la mia passione per la fotografia – e uno scenario da mozzare il fiato.
“Ehi, Kim?” Sussurrò Piper, sedendosi sul divano di fianco a me.
“P!” Esclamai. “Che succede?”
Forse voleva parlare di quello che sarebbe successo dopo poche ore. Louis aveva mandato un messaggio a Cassie – dato che io avevo smesso di rispondergli, dopo quello che mi aveva scritto la settimana prima – e le aveva detto di portare al concerto anche Piper ed Elle. Aveva procurato pass per il backstage per tutte. E Piper non aveva più sentito Niall da prima della partenza per il tour, perché lui non aveva voluto iniziare una storia con lei.
“Con tutto questo casino… volevo solo chiederti come stai? Come ti senti?” Mi domandò la ragazza. Mi colse di sorpresa e mi ritrovai a fissarla per parecchi minuti, senza sapere cosa risponderle.
Era assurdo, in teoria non c’era nulla di più semplice al mondo. La risposta alla domanda “come ti senti?” doveva venirmi naturale. Avrei dovuto sapere quello che stavo provando. Invece la mia mente era completamente vuota. Non lo sapevo. Non ne avevo la minima idea e, onestamente, non volevo nemmeno pensarci. Harry non aveva smesso di mandarmi messaggi che dicevano che dovevamo parlare e di cercare di chiamarmi per un’intera settimana ed io l’avevo ignorato, perché non avevo il coraggio di affrontarlo. Cosa mi voleva dire? Di fare finta di non conoscerlo o di non andare al concerto?
“Spero di non incontrarlo e non vedo l’ora che sia dopodomani, così sarà tutto finito.” Risposi dopo un po’. Sì, quella era la cosa che si avvicinava di più a come mi sentivo.
“Mi dispiace per tutto quello che è successo, K. Lo sai che ti voglio bene e che ci sono per qualunque cosa, vero?”
Sentii gli occhi diventare lucidi. Le lacrime cominciarono a minacciare di sfuggire al mio controllo.
“Lo so, e ti voglio bene anch’io, Piper. Grazie.” Risposi e la abbracciai. Ero felice di aver conosciuto lei ed Elle, perché si erano rivelate le migliori amiche del mondo. Non avrei mai potuto chiedere di meglio, anche se in quel momento Elle stava inseguendo Cassie con l’ennesimo completino sexy. Quella volta si trattava di un top molto corto e una gonna a vita alta con così poca stoffa che poteva essere scambiata per un abito da chihuahua.
 
Sapere di essere nello stesso posto in cui c’era anche Harry mi rendeva inquieta. Una parte di me voleva vederlo, perché mi mancava da morire, ma l’altra avrebbe fatto qualunque cosa pur di evitarlo. Non avrei saputo cosa dirgli. Non avrei nemmeno saputo parlare davanti a lui.
Quando arrivai allo stadio, insieme alle mie amiche e a Sophia, fuori c’era pieno di gente. Le fan stavano cantando a pieni polmoni tutte le canzoni della band e, ogni volta che qualcuno pensava di aver visto uno dei ragazzi avvicinarsi al tour bus, partivano delle urla altissime. Non avrei voluto abitare in quella zona quel giorno, quello era poco ma sicuro.
“Pronta?” Mi domandò Piper, rivolgendomi un sorriso incoraggiante. Scossi la testa. No, non lo ero. Cassie mi strinse la mano.
La sicurezza allo stadio era incredibile. Dovetti superare almeno una decina di buttafuori, mostrare il mio pass e persino mostrare la mia carta d’identità per provare che il nome sul mio tesserino fosse davvero il mio e che non l’avessi rubato a qualcun altro.
Poi, troppo presto per i miei gusti, Sophia ed io ci ritrovammo in uno dei camerini e vidi i cinque ragazzi davanti a me. Harry era girato di spalle e stava mangiando qualcosa mentre parlava con Lou Teasdale, la ragazza che si occupava dei capelli e del trucco dei membri della band. Ricordai brevemente il momento in cui avevo chiesto perché un gruppo di ragazzi avesse bisogno di una truccatrice e Harry mi aveva risposto, con aria desolata, che Lou lo riempiva di fondotinta e crema abbronzante per farlo sembrare perfetto. Aveva scosso la testa e io gli avevo detto che per me era perfetto in ogni caso. Poi avevo passato una mano tra i suoi capelli e l’avevo baciato. Provai un brivido lungo la spina dorsale.
No. No. Non ero pronta. Non volevo che si girasse, perché i miei occhi non potevano incontrare i suoi. Sarei morta, ne ero sicura.
“Sophia!” Esclamò Niall, avvicinandosi e abbracciando la fotografa. “E Kim! Che piacere rivederti!” Aggiunse dopo pochi secondi. Mi diede due baci sulle guance e mi guardò per qualche secondo.
“Certo, un piacere immenso. Immagino, Niall.” Borbottò Louis con il suo tono fastidiosamente ironico.
“Tomlinson.” Mormorai.
“Fletcher, cos’è quel muso?” Scherzò lui. Ma io ero troppo agitata per ridere alle sue battute. “D’accordo.” Aggiunse poi, come se avesse capito.
Salutai il resto della band e guardai Zayn e Cassie abbracciarsi e baciarsi dopo più di un mese di lontananza e provai una stretta allo stomaco. Quanto avrei voluto che le cose fossero così anche per Harry e me. Invece lui non mi aveva ancora rivolto uno sguardo ed io non avevo il coraggio di fare il primo passo.
E poi successe. Lui si voltò e mi vide e per poco non fece cadere il piatto che aveva in mano addosso a Lou, che si allontanò e gli tirò un pugno alla spalla.
“Kim!” Esclamò, avvicinandosi. Tutti ci stavano guardando, come se l’ansia di rivederlo dopo più di un mese da quando mi aveva lasciata non fosse già abbastanza.
“Harry.” Borbottai e abbassai lo sguardo. Mi veniva da piangere, non sapevo nemmeno io cosa fare. Oppure avrei voluto tirargli un pugno, ma non come quello di Lou. Proprio in faccia, per farlo soffrire quanto lui aveva fatto soffrire me.
Dopo un momento di imbarazzo, lui mi circondò brevemente con le sue braccia e finse di darmi due baci sulle guance.
“Scusate, devo prendere una boccata d’aria.” Dissi. Non ce la facevo a stare in quella stanza. C’era troppa gente. Era soffocante.
Senza dire altro uscii, richiusi la porta alle mie spalle e poi camminai velocemente verso la prima uscita. Sapevo che avrebbe fatto male vederlo per la prima volta dopo quello che era successo, ma non avevo immaginato che mi sarei sentita come se qualcuno avesse conficcato un pugnale nel mio cuore e poi avesse cominciato a girarlo.
I ragazzi della sicurezza mi osservarono, incuriositi, ma non dissero nulla. Non sapevo nemmeno se sarei riuscita a rientrare in quello stadio e, onestamente, speravo di no. Almeno avrei avuto una scusa per stare lontana da Harry.
 
“Forza Fletcher, vieni con me.” Sentii improvvisamente la voce di Louis. Il ragazzo era venuto fuori a cercarmi. Mi prese per un braccio e cominciò a trascinarmi verso l’interno dello stadio.
“Mollami.” Dissi.
“Non finché saremo arrivati al punto in cui voglio portarti.” Replicò lui. Sbuffai e mi rassegnai al fatto che avrei dovuto seguirlo per forza. Quando Louis Tomlinson voleva qualcosa la otteneva, non c’era niente da fare. In un modo o nell’altro tutti facevano sempre quello che voleva lui. E quello non faceva altro che gonfiare il suo ego, che era già troppo grosso in partenza.
“Siamo qui?” Dissi quando si fermò davanti alla porta di un camerino poco lontano da quello in cui avevo visto Harry.
“Sì.” Replicò lui. Poi aprì la porta, mi spinse leggermente per farmi entrare e bloccò la via d’uscita. Quando mi voltai capii perché. Harry era nella stessa stanza e sembrava confuso quanto me. E anche Niall era lì. “Cosa sta succedendo?” Domandai.
“Ho pensato che dovete risolvere questa cosa, perché ho parlato con le tue amiche e siamo tutti d’accordo sul fatto che ne possiamo più. Siete entrambi insopportabili.” Rispose lui.
“Io non voglio parlare con lui.” Mormorai, facendo qualche passo verso la porta.
“Uh-uh. Da qui non si esce.” Replicò Louis, rimanendo immobile.
“E lui cosa fa qui?” Domandai allora, indicando Niall. Il ragazzo irlandese aveva lo sguardo basso e sembrava che volesse essere da qualsiasi altra parte.
“Quello dovrà spiegarvelo lui.” Rispose velocemente Louis. Poi, prima che qualcuno di noi potesse fare qualsiasi cosa, uscì dalla stanza e chiuse la porta. A chiave.
“Tomlinson! Non è divertente!” Urlai, sbattendo i pugni contro il legno bianco. “Fammi uscire di qui!” Aggiunsi.
“No! Quando avrete parlato potrete uscire!” Replicò lui.
“Tomlinson, dannazione!” Esclamai. Non avevo idea del motivo per cui sentivo che il panico si stesse impossessando di me. Continuai a battere i pugni sulla porta finché non sentii un paio di mani prendermi i polsi e fermarmi.
“Ti stai facendo male.” Mormorò Harry, facendomi voltare verso di lui. Lo guardai negli occhi e il cuore cominciò a battere più forte. Avrei mai smesso di sentirmi in quel modo per colpa sua?
“D’accordo, allora parliamo, così potremo uscire di qui.” Dissi, divincolandomi e allontanandomi da lui. Stare così vicina a Harry mi faceva sentire male. Mi girava quasi la testa. “Cosa fai qui, Niall?” Domandai.
Il ragazzo scosse la testa e tirò un piccolo calcio a un borsone davanti a lui.
“Credo che Louis mi abbia chiuso qui con voi perché… perché quello che è successo è stata tutta colpa mia.”

The Butterfly Effect || [One Direction - Harry Styles]Where stories live. Discover now