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La mattina fu un peso sopra il mio corpo a svegliarmi.
Aprii gli occhi, ma li socchiusi subito dopo a causa della luce del sole.
Trovai una testa rosa poggiata sul mio petto che sorrideva.

«Ho fatto il miglior sesso della mia vita» parlò, come se al mio risveglio fosse quella la cosa più importante da dire.
«Eri consenziente? E Namjoon era ubriaco?»
«Io non ero ubriaco e neanche il tipo. Namjoon ti voleva chiedere scusa per non aver risposto alle tue diciassette chiamate ma era impegnato»
Parlò, marcando il numero di volte che avevo chiamato il nostro amico dai capelli viola.

«Uhm, mi dispiace?Credo. Ma almeno sai come si chiama?» Jimin scosse la testa e si alzò dal mio corpo trascinandomi con lui.
«Okay non importa, che ore sono?» spostai il mio sguardo verso l'orologio e notai che erano già le otto e venti. Mancavano dieci minuti alla mia lezione e ce ne mettevo cinque solo per arrivare in facoltà.

Mi staccai dal corpo di Jimin, constatando che oggi non sarebbe venuto alla prima ora - e forse neanche alla seconda - e mi fiondai al bagno a lavarmi viso e denti.

Infilai un paio di Jeans neri e una camicia azzurra con il colletto che ritraeva il serpente della Gucci, misi le scarpe ai piedi e con fare disperato cercai lo zaino che, fortunatamente, avevo già fatto il giorno precedente.

Uscii dalla stanza di corsa, senza salutare Jimin, probabilmente ancora in camera, e mi fiondai verso la mia facoltà.
Nel tragitto mi scontrai con diverse persone ma non mi fermai a chiedere scusa.

Al contrario, bloccai i miei passi quando una figura dentro alla caffetteria catturò la mia attenzione. Era nuovo, dato che quasi ogni mattina passavo a bere il mio solito cappuccino e lui non l'avevo mai visto.

I capelli corvini e leggermente lunghi, una statura media e due gambe lunghe e toniche. Riuscii a intravedere solo questi dettagli, non ero di certo vicino e la mia miopia non aiutava.

Mi scossi dai miei pensieri quando qualcuno mi finì addosso e alcuni dei suoi quaderni caddero a terra. Mi chinai ad aiutarlo e porsi l'unico quaderno che avevo raccolto. «Mi dispiace, sono in ritardo» disse, per poi scappare via.
Mi accorsi solo in quel momento di quanto in ritardo fossi io.

Le lezioni erano già iniziate da cinque minuti buoni e il mio test di arte mi stava salutando facendo comparire una bella F sul registro.
Me lo sentivo, sarebbe andato una merda e per colpa di quel test il mio futuro sarà rovinato.

Arrivai in classe altri cinque minuti dopo, subendo una sgridata da parte della professoressa Choi.
Mi sedetti al mio posto ma al contrario di quello che mi aspettavo il test me lo fece fare lo stesso. Certo, avevo dieci minuti in meno ma era da giorni che studiavo quindi potevo farcela.

La campanella suonò e feci in tempo a segnare l'ultima risposta per poi consegnare il compito alla Choi non appena passò per il mio banco. «Mi aspetto un bel voto da lei, signor Kim».

Uscii dall'aula quasi subito, trovandomi di fianco a Minho.
«Com'è andata?»
«Una merda, ieri ero stra fatto marcio e mi fa ancora male la testa»
«Sei andato da Trecy?» scosse la testa, dicendo che ormai a quella festa non ci andava più nessuno. Invece il Red Neon, in quel periodo, stava spopolando.
«È un locale che ha aperto da poco, ieri Jimin ci è venuto e mi sono chiesto perché non c'eri anche tu. Per il test vero? Comunque è una figata assurda, ci saresti dovuto essere e-» lo fermai, delle volte parlava veramente troppo senza accorgersene ma non fu la cosa che mi fece incazzare.

«Quindi ieri c'era Jimin? Mi aveva detto che andava da Trecy»
«Si, all'inizio ci era andato. Poi Namjoon è andato da un suo amico e lui non si stava divertendo, ha visto probabilmente una storia Instagram da qualcuno ed è venuto» spiegò tranquillamente, mentre raggiungevamo la classe per la seconda ora.

Entrammo e ci sedemmo vicini, pochi minuti dopo entrò la professoressa e iniziò a parlare.
Non ascoltai neanche una parola, ero troppo arrabbiato con Jimin per non avermelo detto.
Gli sarebbe potuto accadere qualsiasi cosa e io non sarei stato lì per proteggerlo.

Decisi di scrivergli un messaggio, tre semplici parole.
"ti devo parlare" poi inviai e riposi il telefono nella tasca dei Jeans, aspettando una sua risposta.

Sapevo di essere troppo protettivo, e che lui fosse grande e vaccinato da cavarsela da solo, ma il mio lato da mamma preoccupata con lui saltava sempre fuori.

ᴡᴀʀᴍ ᴍɪʟᴋ Where stories live. Discover now