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Un urlo uscì dalle labbra del rosa e con ancora la bocca piena di mochi entrai in camera, dove vidi il mio migliore amico puntare le dita sullo schermo e saltare in giro per la stanza.
«Ma sei scemo?» chiesi, andandogli incontro prendendolo dalla spalle.
«Ho trovato il ragazzo con cui l'ho fatto alla festa!».

La testa mi sarebbe esplosa da un momento all'altro. Jimin parlava e parlava solo e unicamente di questo tizio, Min Yoongi, e di quanto fosse bello, predisposto e proporzionato.
Cosa di cui non mi interessava e che mi stava distraendo dagli studi.

«C'è qualcuno che cerca di imparare la storia di Van Gogh»
«Come se non la sapessi a memoria da anni. Avanti Tae, quando te lo concedi un po' di risposo? È da tanto che non usciamo» si siede di fianco a me, posando la testa sulla mia spalla.

«Jimin, è lo stesso discorso. Siamo al terzo anno, dobbiamo impegnarci»
«C'è tempo per quello. Per favore Taetae» parlò con tono di voce basso e supplichevole, strusciando il suo naso sul mio collo.
«Chim, per favore. Devo studiare»
«Hai il compito fra una settimana, per favore! Usciamo stasera e poi non te lo chiederò più» voltai la testa verso di lui, alzando un sopracciglio.
«Promesso» intrecciò il suo mignolo col mio, poi mi prese di peso dalle ascelle e mi alzò dalla sedia.
Era piccolo ma forzuto.

«Solo noi due? Chiamo Minho?» Io scossi la testa, non che non lo volessi ma non avevo voglia di fare casino.
«Uno, non ti ho detto di sì. Due, se dobbiamo uscire andiamo dove voglio io» il rosa si mise a saltare facendo dei giri su se stesso.
«Allora andiamo!»

* * *

«Quando ti ho proposto di uscire non intendevo il bar vicino l'università, taehyung»
Il suo tono era infastidito e non aveva la minima intenzione di entrare.
«Hai detto che avresti accettato qualsiasi posto, muovi il culo ed entra» detto ciò tirai la porta in vetro ed entrai, con al seguito Jimin che sbuffava.

Ci sedemmo in un tavolo per due e mentre io presi una coca cola, Jimin si era già scolato due bottiglie di birra.
«Non esagerare, non voglio vederti ubriaco»
«Bevo perché mi annoio. Chi va in un posto del genere?»
«Io vado in un posto del genere, Jimin. Io»
«Sei diventato noioso. L'anno scorso eri più puttana di me, guarda come ti sei ridotto»

Alla fine Jimin mi convinse ad andare via e ora mi trovavo coinvolto in una conversazione poco etero e poco disinvolta con Jimin e il barista del Red neon.
Si, alla fine mi ha trascinato in quel locale.

È molto carino, se devo dirlo. Da fuori sembra il solito locale noioso e preso male, ma dentro è molto ordinato.

Appena entri ci sono due scalinate che portano di sotto, in quanto il locale è al terzo piano di un edificio, e appena scendi, a destra, c'è un bancone lungo circa due metri. Alla sinistra c'è un ampio spazio per ballare, e ai fianchi ci sono alcuni tavolini. Alla fine del locale, attaccato al muro, c'è un ampio divano bianco in pelle con alcuni ragazzi intenti a scambiarsi saliva seduti sopra.

«Beviamo?»
«Tu sei già brillo, cosa vuoi bere?»
«Ma ho il mio tata che mi salva. Andiamo!». Jimin prese la mia mano e di corsa scese le scale, rischiando di farci collassare a terra.

Ci sedemmo su due sgabelli e una ragazza ci venne subito incontro chiedendoci cosa volessimo.
«Tequila e rum, due grazie»
«Io non bevo, lo sai» guardai male Jimin, che mi fece la linguaccia definendomi noioso.
Almeno sono noioso e responsabile.

Però, in una piccola parte, mi lasciai andare. Presi altri due cocktail, dopo che persi Jimin nella folla. E ne presi un altro ancora subito dopo.

La mia mente si stava annullando e la testa mi girava. Forse sarei dovuto tornare a casa.
Sentii il bisogno di uscire, e lo feci.
Non mi preoccupai di Jimin, né delle persone che lo stavano toccando e questo non era da me.

Arrivai fuori e presi una boccata d'aria, attaccando la schiena al muro e fissando il cielo.
Sospirai, ero stanco sia mentalmente che fisicamente - e non avevo fatto nulla tutta il giorno - e volevo solamente tornare a casa.

Peccato che appena mi mossi, la testa iniziò a girare più di prima e persi l'equilibrio. Mi ritrovai col culo per terra e degli occhi addosso. Ma solo due si avvicinarono a me e mi scrutarono da vicino.
«Tutto apposto?» chiese, con tono gentile. Annuì, provando ad alzarmi.

All'ennesima scivolata lo sconosciuto si decise ad aiutarmi, dopo aver smesso di ridere.
«Hai qualcuno dentro che ti aspetta?»
«Si, ma non lo so»

ᴡᴀʀᴍ ᴍɪʟᴋ Where stories live. Discover now