6 • 𝑪𝒂𝒎𝒃𝒊𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊

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Nel bel mezzo di un spiazzo d'erba adornato da piccole margherite lungo i bordi, una freccia fendette l'aria. I pettirossi e gli usignoli cinguettavano ad intermittenza prima dell'arrivo del colpo che - dopo aver clamorosamente mancato il bersaglio - si tuffò in un cespuglio di mirtilli.

«Fiacco!» decretò Furlan ad alta voce, sorseggiando l'acqua nell'otre.

«Concordo», proseguì Eren, le braccia incrociate davanti al petto, la schiena poggiata contro l'albero.

Erano passati parecchi giorni da quando avevano visitato Fendabete , la situazione era cambiata radicalmente: In molti avevano cominciato a parlare della divinità errante, colui che avrebbe portato la pace in entrambi gli altipiani. La notizia aveva fatto il giro del mondo in poco tempo, erano perfino stati affissi dei manifesti in tutti i villaggi circostanti, perché a quanto pare non bastavano le innumerevoli voci sul suo conto, serviva anche l'inchiostro su carta evidentemente.
Levi sapeva che la sua esistenza ormai era stata svelata perfino all'Armata, ma per il momento non era successo ancora nulla.

«Vi consiglio di chiudere il becco», replicò, afferrando un'altra freccia dalla faretra per terra. «Insegnanti così pessimi non avevo mai avuto modo di vederli».

«Forse sì… solo che non lo ricordi», sussurrò il biondo, coprendosi la bocca con una mano e ridendo.

«Come prego? Io non ho un becco», borbottò il dragonide, fingendosi offeso.

«Infatti, non è carino quello che hai detto», Furlan richiuse l'otre con il tappo. «Inoltre, per rispondere alla tua domanda, credo che il modo migliore per imparare sia attraverso la pratica, mio caro Levi».

Insieme lui ed Eren formavano una squadra affiatata quando si trattava di infastidire il ragazzo, doveva ammetterlo.

«Pratica un paio di palle!» esclamò il moro, scagliando un'altra freccia oltre il bersaglio stabilito. «È da un'ora che provo a moderare la mia forza, un consiglio sarebbe gradito!»

«Hai idea di cosa sia la pazienza?» chiese il castano, guardandolo.

«No, illuminami», rispose sarcasticamente l'altro.

Furlan fece qualche passo di lato, accucciandosi sopra lo zaino da viaggio.

«Significa che, al posto di mettere in dubbio la mia lezione pratica, dovresti spendere le tue energie nel concentrarti. Abbiamo pure scelto un bersaglio grande, dovrebbe essere facile da colpire!»

Il moro sospirò, prendendo la mira un'ultima volta.
Tentò di rilassare il più possibile i muscoli affinché la freccia non venisse scagliata a distanza esagerata, come prima. Attese ancora qualche secondo - certo ormai di star utilizzando il più piccolo granello di forza che fosse nel suo corpo - poi lasciò andare la corda.
Non c'era nulla che potesse fare: il colpo sfiorò il bersaglio con velocità quasi innaturale, conficcandosi nel terreno dietro di esso.
Levi abbassò lo sguardo sul palmo della propria mano destra: le dita erano ricoperte di segni e sfregamenti, gli dolevano da un po'.

«Fanculo».

Lasciò cadere l'arco sull'erba verde, prima di fare lo stesso, atterrando di schiena. Chiuse gli occhi: perfino quando tentava di rilassarsi il suo viso assumeva un espressione irritata. Quel cipiglio era parte di lui, si chiese se addirittura nel sonno avesse quell'aspetto.
Lentamente qualcuno si avvicinò a lui; se ne accorse per via dell'ombra che lo aveva improvvisamente sovrastato, coprendolo dal sole.

«Hai intenzione di arrenderti così?» domandò Eren, le mani nelle tasche e il capo inclinato. Sembrava un predatore che studiava meticolosamente la propria preda, complice la coda che si muoveva, sinuosa, in ambe le parti.

𝔗𝔥𝔢 𝔅𝔯𝔞𝔫𝔡Donde viven las historias. Descúbrelo ahora