16 • 𝑭𝒐𝒍𝒍𝒊𝒂

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Quando lo fece stendere su di sé, immerso nella seta e nel cotone delle coperte, sentì che ogni cosa stesse andando nel verso giusto, per una volta.

Levi gli cinse i fianchi e lo trascinò sul suo grembo, saggiando le sue labbra morbide e calde. Chiuse gli occhi, godendosi il tepore di quel contatto, l'audacia della lingua dell'altro che lentamente penetrava la sua bocca e ne carezzava i contorni, percorrendoli con bramosia.
Sentì il proprio cuore agitarsi, ma non sapeva se fosse per la mancanza d'aria o per le sensazioni che stavano nascendo in lui in quel momento. Era rapito, trascinato dall'impazienza di scoprire cos'altro fosse in grado di fargli provare la persona di fronte a lui.

Eren si chiese come avesse mai potuto privarsi di una sensazione tanto meravigliosa. La consistenza di quelle labbra era quanto di più piacevole potesse esistere al mondo, e non si stancava mai di assaporarne la carne, perché pareva che essa lo trascinasse nella dipendenza e nell'oblio ogni secondo di più.
Sfiorò quelle guance pallide con delicatezza, inseguendo i movimenti e le carezze di Levi, guidato dall'unico senso che non era stato annebbiato dalla lussuria: il tatto.
Lui stesso si era privato della vista di sua spontanea volontà ed ora assisteva ad una serie di sensazioni improvvise che lo scuotevano nel profondo.

La bocca dell'altro scese lentamente la sua mascella, rintanandosi sotto il suo collo e leccando con cupidigia. Eren gemette, reclinando il viso; le mani che artigliavano le spalle di lui ancora fasciate dalla stoffa.
Lo amava, indiscutibilmente, corpo e anima, mente e cuore. Questa convinzione non faceva che scampanellare nella sua testa, come un mantra; era ciò che lo rendeva sordo di fronte a tutti quei versi che non si rendeva conto di emettere quando schiudeva le labbra, muovendo debolmente la coda.

Un ringhio di disappunto sfuggì alle labbra del moro una volta incontrato l'ostacolo della stoffa del kimono che, subdola, nascondeva il corpo del dragonide alla sua famelica vista. A quella tacita richiesta Eren sciolse il nodo all'altezza del bacino, scoprendo la propria pelle, dunque Levi si avvicinò immediatamente per marchiare ciò che sentiva appartenergli di diritto: Baciò con cura i pettorali, tastandoli con i polpastrelli, percependone la consistenza sotto i suoi palmi freschi e lisci come petali. E mentre lui venerava quel corpo al pari di una statua, Eren sopperiva al suo amore, impossibilitato a combatterlo se non a suon di baci e segni violacei.

«Se era questo ciò che anelavi da sempre, perché ti ostinavi ad allontanarmi...?» chiese Levi, completamente soggiogato dalla sua bellezza. Il suo sguardo minacciava piacere, vagava sul corpo del ragazzo alla ricerca di una nuova zona da marchiare.

«Io...»

Non ebbe il tempo di rispondere: le sue labbra furono intrappolate da quelle dell'altro con tale trasporto da cancellare ogni frase, ogni pensiero. Caddero entrambi sul materasso e Levi gli concesse di respirare solo quando lo ritenne estremamente necessario, perché oramai l'ossigeno non era più importante, non quando poteva assaporare le labbra di Eren ogni volta che lo desiderava.

«Tu mi piaci Eren... lo sai, vero?», mormorò, i palmi ai lati del suo viso, il corpo che premeva contro il suo.

«Perfino un cieco lo avrebbe capito», fece eco il ragazzo sotto di lui, suadente, percorrendo le sue braccia con la punta delle dita.

«E tu invece…? Tu cosa provi, Eren?»

Un attimo di silenzio, privo di qualsivoglia movimento o suono. Era una domanda facile a cui rispondere, ma allora perché era tentato di non farlo? Cos'è che lo stava bloccando? E perché non riusciva a ricordarlo proprio in quel momento?

«Sono qui, sotto di te, con il corpo quasi nudo e la voce ridotta ad un sussurro...», mormorò lui, affievolendo la voce e costringendo Levi a farsi più vicino. «Hai bisogno di un'altra conferma?»

𝔗𝔥𝔢 𝔅𝔯𝔞𝔫𝔡Where stories live. Discover now