22 • 𝑫𝒂𝒍𝒍𝒆 𝒄𝒆𝒏𝒆𝒓𝒊

36 8 1
                                    

🌄

«A cosa pensi?»

La voce di Levi gli accarezzò il timpano con gentilezza nonostante il tono grave e diretto. Vederlo lì, accanto a sé, gli sembrava ancora un miracolo. Davanti a lui, a molti metri di distanza, i resti del castello dell'Armata sembravano carcasse di animali accatastate l'una sull'altra, in uno spettacolo macabro, sciagurato e privo di vita. Un leggero fumo strisciava tra i pertugi e le crepe presenti tra le macerie, risalendo alto e scemando nell'aria poco a poco; una visione che aveva lasciato impietriti anche i soldati di Zambrick, giunti sul posto alle prime luci dell'alba. Quando l'aria era ancora fresca e il sole si stava affacciando timidamente all'orizzonte, Petra era apparsa in sella al suo cavallo, seguita da più di un centinaio di uomini e donne dalle armature snelle, ma ricche di placche scintillanti. Non ci volette molto prima che venisse ideato un campo base improvvisato sotto le direttive del comandante Erwin Smith, i soldati si assicurarono di soccorrere e medicare i feriti, e imprigionare invece quelli dell'Armata, colmi di rancore e astio nei loro confronti. Circondato da quel caos, immerso nel vociare generale e in balia dei più insidiosi e fastidiosi pensieri, Eren ebbe un brivido lungo la schiena, poi la pelle d'oca.

«Io... credevo che la mia scelta mi avrebbe reso libero e felice. In parte è così, però...» mormorò, le orecchie basse e il tono mellifluo. Strinse la katana nella mano sinistra; Reiner gliela aveva riportata giusto qualche attimo fa, credeva fosse rimasta sepolta sotto le macerie, invece era ancora integra, giusto un po' annerita dalla polvere.

Dentro di sé ebbe un sussulto mentre guardava i dintorni con occhi che malcelavano un forte pentimento. Quel disordine era a causa sua. Quei volti sconvolti, i reduci dai combattimenti che si annodavano le fasce sugli arti, i soldati di Zambrick che li aiutavano ad alzarsi... Aveva dato inizio a qualcosa di pericoloso, ed ora che ne osservava le conseguenze con una certa vicinanza, sentiva un peso che lo schiacciava inevitabilmente ogni minuto sempre di più. Era perfino arrivato al punto di dubitare della sua scelta. Si chiedeva se ne era valsa la pena, quando sapeva che avere Levi vicino era l'unica cosa di cui veramente gli importava in quel folle mondo, l'unica cosa per cui avrebbe sempre lottato da quel momento in poi. Eppure c'era qualcosa che lo tormentava. Un sassolino, piccolo e appuntito, impossibile da ignorare; lo sentiva pungergli la pelle ad ogni respiro, e più tentava di non pensarci, più al contrario sembrava fosse inevitabile percepirne la forte presenza dentro di sé. Aveva un'idea di cosa fosse quella piccola pietra. Un sentimento che si sforzava di reprimere senza avere gli strumenti per farlo, una battaglia persa in partenza.

«È difficile vedere tutto questo» concluse dopo un po', incassando la testa nelle spalle, totalmente abbattuto dal senso di colpa.

«Hai rimpianti?» domandò Levi, il tono sospeso, in attesa, gli occhi attenti che scrutavano Eren, il quale fremette la coda, incupendosi.

«Vorrei non averli...» ammise, aggrottando le sopracciglia, intenzionato ad estirpare quel sentimento che metteva in dubbio la volontà delle sue azioni, «Non fraintendere, ti prego. Avrei scelto di salvarti comunque, a qualunque costo».

«Se non vuoi avere rimpianti allora non lo fare».

Eren sbatté le palpebre, preso in totale contropiede da quell'affermazione schietta e diretta. Levi non era tipo da battute o simili, ma in un certo senso in quel momento sperava che lo fosse.

«Eh, come scusa?» disse, mostrando una smorfia e cercando di cogliere un umorismo che in realtà era del tutto assente.

«Impara una cosa d'ora in poi» asserì Levi, badando bene a non avere un tono critico e scontroso, viste le parole, «Non avere rimpianti per le scelte che fai. Non farlo mai. Sii sicuro delle tue decisioni... e forse vivrai in pace, almeno per un po».

𝔗𝔥𝔢 𝔅𝔯𝔞𝔫𝔡Where stories live. Discover now