21 • 𝑳𝒆 𝒇𝒊𝒂𝒎𝒎𝒆 𝒅𝒆𝒍 𝒄𝒂𝒐𝒔

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Scrutò gli interni con circospezione, drizzando le orecchie per assicurarsi che non vi fosse nessuno. Un candelabro era stato acceso sopra un tavolo in fondo alla sala; ne cadde una goccia di cera, provocando del lieve rumore. Il posto sembrava deserto.

«Da questa parte», mormorò Carla, entrando. Ondeggiò la coda rossa con irrequietezza nel trovarsi immersa in quella quiete a dir poco sinistra. Qualcosa non le tornava. Gunther nel frattempo, sotto consiglio di Furlan, rimase a sorvegliare l'entrata.

«Che posto è questo?»

Petra osservò le pareti. Una serie di libri e scartoffie varie era ammonticchiata sulle mensole. C'erano tomi dal grande spessore rilegati con fili di spago e cartelle di cuoio con bottoni ed altri tipi di chiusure. Ogni tanto sbucavano anche delle pergamene e buste di lettere con il sigillo già infranto, accuratamente riposte nelle rispettive sezioni.

«Questi sono gli archivi», rispose la dragonide, guardandola negli occhi. «È il luogo dove l'Armata annota e conserva tutte le informazioni che ritiene importanti, inoltre è da qui che vengono inviati e ricevuti pacchi e missive. Era da molto che non mi capitava di entrarci».

«Ah, ma guarda», borbottò Oluo, afferrando qualche libro dalla parete per scorgerne la copertina e capirne così il contenuto. «Quindi l'ultimatum firmato dal comandante Erwin potrebbe essere qui da qualche pa...-HAH!»

Un battito d'ali vivace, seguito da un verso decisamente poco amichevole, lo spaventò. Guardando in alto, Oluo vide una serie di gabbie appese alle travi del soffitto, al loro interno alcuni pennuti si erano svegliati a causa delle chiacchiere ed ora li scrutavano meticolosamente, inclinando il muso da un lato e dall'altro.

«Ascoltatemi», Carla catturò l'attenzione di tutti, osservando in particolare Furlan. Tese un braccio verso la fine della stanza. «L'uscita è da quella parte, in direzione delle stalle. Non ho idea di quanti cavalli ci siano nelle scuderie e suppongo che qui nessun'altro oltre a noi», guardò Petra ed Erd. «Sia in grado di dirigere una carrozza. Occorre studiare un piano».

Il biondo con lo chignon diede uno sguardo ai presenti, saltando con gli occhi da un genitore all'altro per una conta rapida. Saranno stati una ventina, forse più; tra di loro, una signora prese parola.

«Avete intenzione di abbandonarli così?»

Furlan notò la figura minuta di un'anziana spiccare tra la piccola folla, i capelli corti e biondi un po' scoloriti dalla vecchiaia.

«Mio figlio, Connie, è ancora qui dentro», disse con voce debole. «Starà rischiando la sua vita in questo momento e io non posso andarmene da qui, sapendo del pericolo che corre!»

«Signora, cerchi di ragionare», intervenne Erd, mostrandosi comprensivo. «Non possiamo restare qui, i soldati potrebbero trovarci. Dobbiamo allontanarci da questo posto il prima possibile».

«E poi?» fu la domanda. «Una volta fuori da qui che volete fare? Aspettare che questo palazzo crolli, così da uccidere finanche i miei, i nostri figli?! Mi dispiace, ma non posso accettarlo! Carla! Tuo figlio, Eren, a lui non ci pensi? Cosa hai da dire tu?!»

La dragonide sbatté le ciglia, rimanendo in silenzio. Spostò lo sguardo sulla superficie di legno del tavolo adiacente; la luce del candelabro la illuminava debolmente, colorando il materiale di un arancione acceso.

«Anche io sono preoccupata per la sorte di mio figlio... e aggiungo che sono assai mortificata per il suo comportamento sconsiderato e impulsivo; i vostri figli rischiano di morire anche a causa sua», spiegò lei con tono riverente, poi proseguì. «E comunque, non ho mai detto che li avremmo abbandonati qua».

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