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Un paio di giorni prima.

La stanza era immersa nella semioscurità. L'unica fonte di luce proveniva dalle strette fessure delle veneziane, abbassate, che celavano la vista del giardino, ritagliando l'ambiente dal mondo. Pareva che tutto iniziasse e finisse con quelle quattro mura, come se il loro universo si esaurisse fuori dai quei limiti.

Era una sensazione che Bryan aveva sempre trovato eccitante: Isaac, suo marito, possedeva un potere innato, attraverso il quale riusciva a catturare ogni sua briciola d'attenzione. Gli bastava vederlo entrare nel proprio campo visivo per annullare tutto il resto. Niente aveva più importanza di lui. Era sempre stato così, fin dal loro primo incontro.

Si erano conosciuti per un caso fortuito: ad Isaac era stato affidato un compito che non rientrava nell'ordinario del suo lavoro e si era trovato costretto a organizzare un meeting per la propria azienda – cosa che aveva portato avanti con la sua solita dedizione da stacanovista, anche se darsi all'organizzazione di eventi non era una cosa che lo entusiasmava particolarmente, anzi, a causa delle sue inclinazioni, tendeva a estraniarsi da tutto ciò che avrebbe potuto condurlo in mezzo al caos. Era un tipo solitario anche nel proprio lavoro, ma, soprattutto, nella sfera privata.

Reduce da un matrimonio fallimentare, Isaac, prima di conoscere Bryan, aveva ridotto la propria vita sociale all'osso, limitandosi a riempire la propria agenda di nomi di persone con cui si limitava, appunto, a lavorare.

Eppure, a Bryan era bastato entrare in quel luogo per sentirsi come catturato dallo sguardo magnetico di Isaac; non c'era più stato spazio per altro, all'interno dell'immensa sala conferenza in cui si era incontrati, se non proprio per quell'uomo dalla pelle nera, le spalle ampie e il sorriso luminoso che aveva riempito il suo intero campo visivo in un battito di ciglia.

E nulla era cambiato a distanza di due anni d'allora, da quando si era sposati.

Bryan non aveva mai smesso di toccare il suo compagno con una certa referenza, come se lui fosse la creatura più preziosa al mondo e Isaac non aveva mai messo in dubbio il sentimento che li legava. Lo sentiva trasparire direttamente dalla pelle di Bryan, come un caldo alito di vento estivo; strisciava sulla sue braccia con una sensualità mozzafiato. Amava vederlo tanto arreso a sé, così suo.

Per Isaac quello era amore ed era sconvolgente e unico, qualcosa che mai prima aveva provato per e con nessun altro, neanche con il suo primo marito.

Bryan aveva la capacità di annientare ogni pensiero in lui, ponendosi al suo centro ed era così intensa la sensazione che tutto il mondo iniziasse e finisse con lui che, spesso, Isaac provava persino un po' di paura e si domandava se fosse lecito amare così tanto.

L'uomo percepì la carezza del suo compagno sul collo e aprì gli occhi che, fino a un istante prima, aveva tenuto chiusi, assaporando con gli altri sensi tutto quello che stava accadendo.

-Guardami- sussurrò Bryan contro le sue labbra e allungò una mano verso il comodino che si trovava alla destra del letto, accendendo l'interruttore del faretto installato sul muro, da quello stesso lato.

Una morbida luce dorata contribuì a rendere meno opprimente l'oscurità della stanza, illuminandolo parzialmente, accarezzando il suo corpo, mettendo in risalto i muscoli delle spalle e di un braccio, parte del suo viso, aumentando il contrasto tra luce e ombra. I suoi capelli apparivano più scuri di quello che effettivamente erano, quasi blu, ma i suoi occhi mantenevano anche al buio quella sfumatura di celeste che ricordava il cielo terso, privo di nuvole, luminosi alla stregua di due pietre preziose.

Isaac poggiò una mano su una sua guancia, accarezzandogli il profilo del naso con un pollice, scendendo verso le labbra, premendovi un dito contro, saggiandone tutta la morbidezza, incantato da quell'altro contrasto tra il colore della propria pelle nera e quella pallida del compagno.

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