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La prima cosa che Isaac notò, rientrando a casa, fu che la villa era stata illuminata a giorno sia all'esterno che all'interno. Da dentro proveniva musica a tutto volume e da una finestra che dava sul vialetto poté intravedere la sagoma di Bryan che si muoveva con il proprio cellulare attaccato a un orecchio, probabilmente intento in una conversazione telefonica. Come facesse il suo interlocutore a udire quello che si stavano dicendo per Isaac restava un mistero, certo era che già da fuori la musica aveva iniziato a dargli fastidio.

Non era mai stato tipo da "eccessi di volume", perché Isacc, di solito, era pacato pure nel mettere in pratica i propri hobbies: la musica riusciva ad apprezzarla solo quando si trasformava in un delicato sottofondo, in grado di tingere l'ambiente circostante di un'atmosfera accogliente.

Esattamente l'opposto della situazione in cui si trovava in quell'istante. Entrò in casa districandosi tra le cose che reggeva tra le mani, e il riverbero del suono lo colpì in pieno, come un pugno e subito dopo pure l'onda d'urto, lasciandolo stordito. Si liberò del mazzo di girasoli – sì, aveva ceduto al desiderio di regalare dei fiori a Bryan e sperava di poter apparire meno ridicolo, dato che aveva scelto i suoi preferiti –, della confezione di cioccolatini e del sacchettino dai manici di stoffa che conteneva un altro dono per Bryan, abbandonando tutto sulla superficie del mobile che si trovava nell'ingresso.

Suo marito lo aveva accusato di essere uno spendaccione per ciò che concerneva l'aspetto regali, ma Isaac non aveva intenzione di privarsi della possibilità materiale di dimostrargli anche in quel modo il suo amore.

Osservò il marito ignorarlo, mentre si lasciava cadere di peso sul tappeto davanti la televisione, vicino al basso tavolino di vetro che si trovava tra i mobili del soggiorno, dandogli le spalle. Proprio dal tavolino Isaac recuperò il telecomando e mise a tacere lo stereo. L'assenza improvvisa di suoni molesti portò Bryan a voltarsi di scatto e, finalmente, ad accorgersi della sua presenza.

-Ciao- disse, fissandolo da terra con sguardo incerto e Isaac si tolse la giacca, abbandonandola poi su una poltrona. Arrotolò le maniche della camicia, scoprendo la pelle fino ai gomiti, e incrociò le braccia sul petto, assumendo un'espressione eloquente. Bryan gli rivolse un sorriso tirato e si alzò da terra. -Esco- annunciò, senza mai interrompere la sua conversazione telefonica.

Il primo istinto di Isaac fu quello di fermarlo e di sottoporlo a un terzo grado finché non avrebbe ottenuto tutte le risposte alle domande che gli premevano sulla punta della lingua, ma Bryan incominciò a girovagare per casa, con Isaac che lo tallonava e lo osservava mentre incastrava il cellulare tra orecchio e spalla e iniziava a spogliarsi, abbandonando i suoi vestiti un po' ovunque. Lo vide sparire nella cabina armadio e poi uscirne sfoggiando un jeans grigio che lo fasciava come una seconda pelle, non lasciando proprio nulla all'immaginazione, e una T-shirt morbida, di un tenue rosa, evidentemente trasparente.

Isaac percepì la salivazione azzerarsi di colpo mentre tentava di carpire qualcosa dalla conversazione telefonica del marito, ma era difficile dato che non sentiva cosa stava dicendo il suo interlocutore – avrebbe messo la mano sul fuoco che si trattava di un uomo – e le risposte di Bryan consistevano in blandi monosillabi accompagnati da ampi sorrisi.

-Dove credi di andare?- gli chiese Isaac con fare poco garbato, afferrandolo per un gomito e obbligandolo a girarsi nella sua direzione. Bryan lo fissò in tralice e tornò a reggere il cellulare con una mano, senza chiudere la conversazione. Voleva davvero avere quella discussione con un testimone in ascolto?  "Che diavolo gli prende?" si domandò il giovane.

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