11. Il basso

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TW: abuso verbale, bullismo e violenza fisica.


''Josh, tu hai un animo così docile che tutti sarebbero in grado di ferirti. Sei come carta. Un tocco e ti stropicci. Sei troppo sensibile, la gente penserà che tu sia una femminuccia. Ma tu non vorrai mica essere così, vero? ''

Erano le parole della madre a risuonargli ogni mattina all'orecchio, davanti all'entrata del collegio. ''Ma tu non vorrai mica essere così, vero?''

Ma 'così' come?

Erano quelle parole, dette dalla propria madre, a farlo sentire sbagliato, una madre che disprezzava l'essere del proprio figlio. Erano le sue urla piene di rabbia e disprezzo, a farlo sentire scomodo solo perché preferiva rimanere a casa ad ascoltare musica, al posto di andare a giocare con gli altri ragazzi, solo perché non era mai uscito con una ragazza.

Aveva solo dodici anni quando Josh sentì in lui qualcosa che non andava bene. Come se quelle parole dette e ridette, ora avessero finalmente un senso. Si sentiva soffocare da questo sentimento che lo faceva sentire sbagliato da anni, fuori posto, viscido. Si chiedeva per quanto tempo ancora sarebbe andata così. Per quanto tempo ancora dovesse essere guardato male e considerato debole. Lui non doveva essere 'così'.

Egli capì che qualcosa in lui non andava quando alla vista di Neil, il suo cuore si fece piccolo per poi esplodere all'improvviso. Si sentì schifato da se stesso quando alla vista del proprio amico, senti l'elastico dei boxer stringersi. Quando Iniziò a tremare a sudare freddo. Quando capì che  doveva scappare prima che fosse troppo tardi: Doveva nascondersi.

Corse di fretta verso i bagni; i corridoi del collegio erano lunghi e i bagni si trovavano nell'ala opposta; egli temeva che tutti se ne sarebbero accorti. Sentiva già le risate e le dita puntate contro. Sarebbe stato umiliato e disprezzato, ne era certo. Durante la corsa verso i bagni incrociò per sbaglio lo sguardo con quello di Marcus, e lì capì che tutto questo avrebbe segnato l'inizio del proprio tormento. Una volta arrivato, Josh spalancò la porta di uno dei bagni e vi si chiuse dentro. Il battito cardiaco no smetteva di accelerare nel suo petto. Sentiva mille voci nella sua testa e nessuna cessava.

''Sei sbagliato.'' 

Si accasciò di colpo accanto al gabinetto e iniziò a piangere, disorientato, si coprì le orecchie con entrambi i palmi sudati delle proprie mani cercando una via di fuga nel silenzio ma i suoi pensieri non si fermavano, erano pungenti e scontrosi tali da farlo maledire per ciò che provava. Il suo petto era completamente avvolto da rovi in fiamme. La testa gli scoppiava.

''Perché non puoi essere come gli altri?''

Pensò che in quel momento sarebbe stato meglio scomparire. Pensò che in quel momento, sua mamma avesse ragione. Si chiedeva il perché: perché proprio a lui. Perché non poteva amare le ragazze come tutte gli altri ragazzi che conosceva? Perché non poteva parlare e scherzare come facevano tutti gli altri? Perché doveva sentirsi costantemente sbagliato e fuori posto? Si sentiva sporco nei suoi stessi vestiti. Si sentiva in colpa, ripugnante. Come se avesse fatto qualcosa di male e di cui vergognarsi. I pensieri continuavano a raffica e l'odio verso se stesso accresceva. Il battito del cuore di Josh, sovrastava tutti i rumori che si potessero udire intorno. Solo un grande colpo, probabilmente quello di una porta spalancata, lo riportò alla realtà. e i suoi occhi sprizzarono verso la porta. Adesso era la voce di Marcus quella a impregnarsi fra le pareti che lo circondavano. Josh sentiva la puzza di sudore del bullo, già in lontananza. 

Sapeva che ci sarebbero stati dei guai.

''Ti abbiamo visto correre via frocetto, ahahah! Dove sei nascosto?'' 

''Non l'hai saputo tenere nei pantaloni, eh?!'' ridacchiò un amico di Marcus, guardandolo per accettarsi di aver fatto come lui.

Josh iniziò a tremare, i crampi allo stomaco dall'ansia divenivano più costanti. Marcus decise che avrebbe aperto le porte dei bagni ad una ad una. Come se stessero giocando a nascondino. Ad ogni calcio, Josh, sperava sempre di più di evaporare, di farsi piccolo. Di non essere pestato a sangue. Sperava di non aver dovuto provare quelle emozioni tanto proibite, di non essere lui quello che veniva chiamato ''Frocio'' ma non fu così. Marcus calciò la prima porta, la quale sbatté violentemente contro il muro. E così fece anche con la seconda e terza porta, creando un tonfo in grado di far stringere di più dalla paura il piccolo Josh. La testa gli scoppiava, il battito del cuore era come una mandria di cavalli in corsa che alzavano un grande polverone.

''Biondino di merda, ora te la fai sotto? Vedi che so dove ti nascondi.'' La cattiveria in quella voce così immatura si poteva percepire anche da un'altra stanza. L'adrenalina gli saliva in corpo. Marcus si sentiva un cacciatore in cerca della propria preda.

Il bullo aprì lentamente l'ultima porta, ci entrò di forza e la socchiuse alle proprie spalle, per lasciarsi vedere dall'amico. "ora mi diverto." 

Marcus non esitò un attimo: prese Josh dal gira-collo della maglietta e con la mano libera gli tirò un pugno sulla guancia destra. Uno sputo involontario di sangue uscì dalle labbra già gonfie di Josh. 

Vide nero per un secondo. "Che sta succedendo?" Si domandò.

Marcus non gli diede il tempo di metabolizzare il pugno che subito gli prese in una stretta ferma i capelli ricci, trascinò di forza il viso verso al gabinetto e gli immerse la testa dentro. Josh sbattè il mento contro il bordo del gabinetto. Marcus scoppiò in una risata isterica, divertito del male che gli stava causando. Si sentiva forte. Il più forte. Tirò più volte lo sciacquone per affogarlo. Josh, con la testa dentro al quel gabinetto sporco, provava con tutto se stesso a dimenarsi, a scappare dalla presa, non aveva avuto il tempo di realizzare ciò che stava accadendo: Sentì la pressione dell'acqua diminuire di colpo per poi percepire la presa salda e prepotente di Marcus che immergeva la sua testa con ancora più forza dentro l'acqua. I tentativi per liberarsi dalla presa del bullo, erano inutili: Marcus gli avrebbe fatto solo più male. 

''Frocetto, adesso non ti piace soffocare, vero? Vorresti correre dalla mamma?!'' 

Nella testa di Josh regnava la paura, il terrore. Non era in grado di capire ciò che gli stava succedendo. Non riusciva a distinguere una sola sillaba di ciò che Marcus diceva . La vista diventava sempre più sfocata per via del rigetto continuo dello sciacquone, tale che josh non fu più in grado di vedere i propri capelli lunghi bagnati. Il respiro si faceva sempre più assente. La stanchezza lo assalì. Sentiva l'acqua nei polmoni. Non avrebbe resistito a lungo. Decise di non opporre più resistenza. Avrebbe lasciato soddisfare la violenza del bullo. Avrebbe preferito morire. L'ultima cosa che Josh udì fu quello di un'ennesima porta spalancata contro il muro. Un attimo prima della propria resa, sentì che Marcus non esercitava più pressione sulla sua testa. Adesso il ragazzo, impaurito e traumatizzato, teneva gli occhi spalancati verso i led del bagno. Era steso per terra, Sfinito, annaspando alla ricerca di aria. Chiuse gli occhi e si sentì svenire.

Avrebbe preferito morire.

Si risvegliò ore dopo nell'infermeria del collegio.

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''Sognavate entrambi in grande, lo sai bene.''

Ray accennò un sorriso all'amico. Forse era di gratitudine o forse era un sorriso schietto e infastidito, ma questo Josh non lo percepì. Si girò e prese il suo basso.

Ray distolse un'attimo lo sguardo dall'amico. 







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