15. Nero

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Ero seduta lì, sulla cassa chiusa del pianoforte, con le gambe a penzoloni, proprio davanti a lui. I suoi capelli erano più scuri che mai: Dei piccoli ciuffi gli coprivano le sopracciglia folte e nere, il suo naso aquilino delineava tutto il suo volto spigoloso, creando timide ombre sul lato sinistro del viso. I suoi occhi erano spalancati e fissi sui miei, vuoti d'ogni cosa che in memoria portavo. Si fece cupo. Sembrava avere paura. La sua mano era davvero vicina a me che potevo scorgere quei tre minuscoli nei che si poggiavano a seguire sulla nocca rosea dell'anulare sinistro. Le vene sempre più sporgenti salivano fino al braccio: percepivo i suoi nervi a fior di pelle. Eravamo noi due; finalmente tutti i miei colori si infransero nei suoi, come un'onda del mare si infrange sulla sabbia bollente di una spiaggia deserta. 

Fremevo tanto dalla voglia di accarezzargli il viso con le mie dita, di poggiare un bacio sulla sua fronte e di dirgli tutto ciò che mi passasse per la testa. Volevo sfiorare tutti quei suoi tagli che gli rigavano le sue braccia ormai consumate da essi. Volevo avvolgerlo fra le mie braccia ancora una volta. Sentirmi a casa.

Quanto mi sei mancato Ray, stringimi e lasciati curare. Ho bisogno di sentire ancora il tuo profumo. Sai, sarà questioni di attimi prima di riscomparire alla tua vista; ma Ray, sei per caso arrabbiato con me? La tua espressione mi rivela ciò. Perché i tuoi occhi mi sembrano così spenti, così vuoti...? Ray perché non ti stai avvicinando a stringermi? 

Guardami, sono proprio qui! Davanti a te. Riesci a vedermi, riesci a sentirmi?

Perché percepisco qualcosa di così trasparente eppure insorpassabile fra noi? 

Mi chiesi allora quale sarebbero state le parole giuste da dire dopo un addio. Era forse un 'ciao' quello che avrei dovuto dire? O forse un 'come stai?'. Ma avrei davvero dovuto dire qualcosa? Ray, io mi sento ancora stretta fra le tue braccia, davanti al nostro pianoforte durante quella notte. Sta piovendo come allora. Perché non ha più desiderato suonare il piano? E specialmente, perché solo adesso sei in grado di vedermi, dopo due anni? Ma...Dopo due anni da cosa? Perché so che presto sarei riscomparsa alla tua vista? Cosa mi è successo Ray? Dimmelo Ray! Dimmi che riesci finalmente a vedermi. Ti prego.

Provai a scacciar via tutte queste domande pur sapendo che avrebbe risposto pazientemente ad ognuna. Sentivo le lacrime pizzicare gli angoli dei miei occhi. Tutti i miei pensieri scesero lungo la gola, annodandosi lì. Non fui in grado di dire nulla e l'unica cosa che riuscì a  fare, fu sorridergli. 

Era meglio se non l'avessi mai fatto. Al mio gesto i suoi occhi sembravano essersi staccati dalle ombre, aver attraversato un vortice di colori, per poi rigettarsi nel fango e tornare all'origine. L'attimo dopo il suo volto si rattristì di colpo, distolse lo sguardo facendo un passo indietro: Un ulteriore passo indietro, lontano da me. 

Adesso la sua mano non era più vicina alla mia gamba: La lasciò cadere lungo il suo fianco una volta dopo essersi allontanato. 

Osservai ogni sua singola mossa. Egli prese a fare di 'no' con la testa: fu come se avesse realizzato qualcosa che non avrebbe mai voluto realizzare, ma cosa? Ti prego Ray, dimmi cosa c'è che non va! 

Sentivo che tutta la collera che provai, iniziò ad accumularsi e a farmi tremare, la rabbia si attaccò alla mia pelle come un cerotto pieno di colla: una volta aver aderito la tua pelle, fa talmente male toglierlo, che faresti la qualunque per riuscire a staccarlo via. I miei occhi erano ancora fissi su di lui. Mi bastava una risposta, anche una bugia al costo di sentirgli dire qualcosa e quasi come se Ray mi stesse leggendo nella mente, tornò a guardarmi. 

I nostri occhi sembravano volersi leggere. Sembravano appartenersi 

Nulla si può nascondere dietro un muro di parole trasparenti.

Adesso Ray non aveva più un'aria spaventata ma sconfortata, quasi delusa, tormentata e straziata. Come se fosse stato un gatto, l'angolo sinistro della sua bocca si piegò in un ghigno privo di malizia ma pieno di dolore, soffiò via con disprezzo delle parole che mai avrei voluto sentire dalle note fredde della sua voce: 

"Elle, tu sei morta."

Il tempo sembrava fermarsi ancora una volta: qualcosa nei miei occhi si ruppe all'istante, era forse quella luce che cercavo ancora di tirar fuori per lui. 

''Io sono morta.''

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Ed ecco che ora delle lacrime fin troppo pesati e piene di spine, scavavano il viso spento ad entrambi. Elle incapace di muoversi distante dal piano, e Ray incapace di muoversi distante dalla realtà che mai volle accettare: Elle è morta e ciò che lui ora vedeva, era solamente il suo fantasma. Il fantasma della sua amata ragazza. Il fantasma del suo primo e unico amore. Ebbe giusto il tempo di alzare gli occhi, per capire che adesso lei non c'era più. Ancora una volta lui l'aveva lasciata andare. 

L'aveva persa come un mucchio di sabbia che scivola via dalle mani. 

Prese ad urlare come se fosse l'unico modo per scappare dalla vergogna, dalla sofferenza. L'unica cosa che le aveva detto dopo anni era quella che lei fosse morta. La rabbia lo attraversò in un attimo, i singhiozzi iniziarono a scuoterlo e il respirò gli si bloccò al lato sinistro del petto. 

Era fermo e ritto verso il corpo del pianoforte. 

Perché lui sente così tanto dolore? Perché rivedere quel sorriso gli fece così male? Perché lei gli aveva sorriso. Avrebbe potuto porgergli una qualsiasi domanda, perché sorridergli?

"Ti ha sorriso perché è così che dovresti ricordarla, cosa avrebbe dovuto dirti, 'ciao'?.'' Le parole di Josh arrivarono come un secchio di acqua gelida sul capo di Ray. Avrebbe davvero dovuto ricordarla nella sua forma più bella e rosea e non morta. Ma come avrebbe mai potuto, se tutto ciò che lo assillava da anni era quell'immagine di lei, priva ormai di tutti i colori, piccola e senza vita stretta fra le sue braccia. Rayn si rivolse verso la sagoma dell'amico e con la voce privata di ogni cosa che la rendesse tale gli disse: "Josh, I sorrisi di Elle sono una catasta di domande, sono parole che non riesce ad esprimere. I sorrisi di Elle sono capaci di sgualcire la mia pelle più una semplice lama."

Josh trovava curiosi quei due: s'amavano ancora così tanto che non sapevano come muoversi l'uno verso l'altra. Si desideravano così tanto da non riuscirsi a sfiorare. Si aggrappavano saldamente l'una a ricordi che aveva dell'altro che di accettare e vivere tutto ciò che la realtà gli avesse offerto se ne lavavano le mani. Erano rimasti così, nel loro mondo fatto ormai di silenzi compresi e di parole e gesti così complicati da comprendere, nel loro mondo così spezzato e malridotto a causa della loro sofferenza interiore, eppure così magnifico poiché Ray aveva avuto  Elle, ed Elle avrà per sempre Ray. L'uno il principio dell'altra. Due anime che si rincorrono come foglie mosse dal vento. Due astrazioni che si rendevano concrete, come tanti granelli di sabbia che formano un'intera spiaggia. 

La trasparenza dei coloriWhere stories live. Discover now