7. Vetro e miele

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Ray riuscì a trovare un po' d'ombra  alle radici di una grande quercia. Si sedette ai piedi di essa e aprì il libro che s'era portato sotto braccio da casa. I raggi del sole che si intrufolavano fra i rami e le foglie della quercia, creavano giochi d'ombre sulle pagine. Adesso ogni singola lettera sembra più marcata, un attimo dopo,  invece, la pagina diveniva più gialla, poi quasi trasparente da far riflettere le lettere del dorso della pagina precedente. Prima di iniziare a leggere, fece un respiro profondo. Un filo di vento pulito e fresco, gli sfiorò la punta del naso e gli solleticò la nuca, provocandogli un brivido come se un ago sottile l'avesse punto per un nano secondo. I capelli gli si gettarono all'indietro, mossi dal vento che iniziava ad essere più costante. Con le gambe distese e la schiena poggiata al tronco dell'albero iniziò a leggere: Questa volta non era solo una poesia quella che lesse, poiché ad essa seguiva anche una favola.

'La Ragazza dagli occhi di vetro.' 

Osi solo il cuore toccarle,

che di sangue ricopri  i tuoi polpastrelli.

Osi solo guardarla negli occhi

che di vetro son fatti,

che il tuo cuore a pezzi si riduce,

E di miele i riflessi  di essi sembran fatti

che di dolcezza  ti sembra morir.

Alla ragazza dagli occhi di vetro era solo stata insegata la fragilità, la giustizia, la vendetta, la confusione, la perfezione e la gentilezza. Alcune di queste erano molto contrastanti fra di loro, altre, invece, combaciavano armoniosamente. Da esse ne uscì fuori una ragazza fatta di miele e vetro, di confusione e troppa precisione, con la voglia di vendetta ed un alto senso di giustizia. Lei aveva un cuore fatto di miele che plasmava un animo fin troppo buono e delicato, capace di essere sovrastato e di sacrificarsi. Ma i suoi occhi invece erano fatti di vetro. Vetro così lucido per via di tute le lacrime che versava, ma così lucido tale da potersi  specchiare fin dentro le ossa. Era vetro così affilato da poter tagliare consciamente anche uno sguardo.                                       Della ragazza di miele e vetro si dicevano fin troppe cose. Si narrava che, chi non riusciva ad essere gentile, chiedesse un po' di miele dal cuore lei, e chi invece non sapeva altro che essere troppo giusto e fragile, chiedesse un po' di vetro dai suoi occhi, in cambio, chi chiedeva dal cuore, si ritrovava sempre con i polpastrelli ricoperti di sangue, per aver preso qualcosa dal cuore troppo dolce di lei, chi invece chiedeva dagli occhi, si ritrovava con il cuore a pezzi.           Un giorno alla ragazza dagli occhi di vetro fu chiesto un po'  di equilibrio e coraggio. La ragazza fu molto sorpresa da questa inusuale richiesta. Ella sapeva di poter dare della fragilità o della confusione, ma non equilibro e coraggio. Erano le cose che più le mancavano, erano cose che forse non avrebbe mai davvero conosciuto. E allora decise di voler apprendere da sé queste nozioni.                                                                                                                                                                                       Si mise a studiare, a fare ricerche e ad osservare i comportamenti che più somigliassero a quelli degli eroi coraggiosi nelle fiabe, e a come stessero in equilibrio, su di un filo così teso, che sarebbe bastato un silenzio più acuto del solito per riuscire a spezzarlo, gli equilibristi. Le ricerche però, non bastarono e la ragazza dagli occhi di vetro non riuscì a comprendere come soddisfare la richiesta.                                                                                                                                          Eppure non si arrese e mise tutta se stessa per cercare di comprendere quelle due parole, che le sembrarono sempre più lontane dalla sua percezione mentale. Passarono le settimane, la ragazza cercava di spremersi il più possibile per cercare di accontentare quella assurda richiesta. Il  tempo scorreva, e la ragazza che le chiese  equilibrio e coraggio tornò da lei, per vedere se avesse finalmente saputo accontentare la sua richiesta. Lei a testa china e mortificata si scusò. Balbettava e non sapeva come giustificarsi davvero.                                                                       Nell'esatto momento in cui lei  alzò gli occhi verso l'altra, e i loro sguardi si incrociarono, ella non trovò altro che occhi di vetro. Erano occhi che adesso facevano sanguinare i polpastrelli d'entrambe. I loro occhi erano uguali. Erano fatti dalle stesse particelle di silice. Entrambi di quel colore, così trasparente da potersi rispecchiare l'una nell'altra, fino alle proprie ossa. La ragazza non distolse lo sguardo  dall'altra neppure per un istante. I loro occhi di vetro, incastonati fra di loro, stavano andando a frantumi nello stesso modo. E nel momento in cui lei capì cosa fosse il coraggio, le poggiò una mano sul petto, a sinistra, e riuscì a distogliere lo sguardo più in basso rispetto alle clavicole sfilate e sporgenti dell'altra. E l'altra, senza dubitare un'attimo, fece lo stesso. La ragazza di vetro e miele fu altrettanto meravigliata dallo scoprire che adesso, i suoi occhi, riflettevano i colori del miele. Miele dorato e lucido come quello di cui era composto il suo di cuore. Un piccolo sorriso, piegò le fini labbra di entrambe. Stavano andando a pezzi allo stesso modo. Si erano entrambe guardate l'una dentro l'altra fino alle proprie ossa. Avevano capito cosa significasse avere coraggio e riuscire a guardarsi dentro, ed erano in due. Erano così equilibrate, sullo stesso piano, sullo stesso filo teso, che adesso stava solo per sfilarsi. E in una pozzanghera di rosso fatta dal sangue che non aveva smesso di sgorgare dai loro polpastrelli, si frantumarono in cocci di vetro, dai rifessi del color del miele.

Ray chiuse il libro mantenendo l'indice fra le due pagine che racchiudevano la favola. Alzò gli occhi al cielo e provò ad assimilare, fino all'ultimo, ciò che aveva letto, nel mentre picchiettava nervosamente il dito sulla copertina nera del libro. Le sue pupille fisavano un punto fermo: Sembravano essersi dilatate, quella favola gli ricordava troppo la sua ragazza dai capelli rossi. In ogni cosa Ray la trovava rispecchiata e anche in quella favola, dove la ragazza coesisteva di due cose completamente diverse fra se stesse, la ritrovò. Lei, così rotta e frantumata da se stessa, come i cocci di vetro frantumati per terra, che riusciva però a risplendere di cose pure e buone come il colore e il profumo del miele, e questo Ray lo sapeva, sapeva benissimo che in Elle si trovavano tutte le cose belle del mondo, come se lei fosse un'ampolla di vetro soffiato che racchiude tutta la gentilezza e tutta la bellezza raggiante dei colori del mondo, e lui la sfiorava stretta a se per paura di ridurla a pezzi. 

Che storia contorta la loro: Entrambi erano già frantumati. Credevano che magari, stringendosi sempre di più fra loro, sarebbero riusciti a ricostruirsi l'uno dell'altra.
E allora, le vene di Ray, divennero come ramificazioni in cui  il rosso di Elle poteva fiorire. Lei si aggrappava a lui, e lui metteva radici in lei, divenendo così un ingranaggio di pezzi di vetro. Un ingranaggio così contorto, che solo loro erano in grado di far smuovere. Ray divenne primavera per Elle, tale da fiorire in lei, la riempiva di cose buone, di cose pure. Eppur, lui aveva un cuore così freddo che implorava di bruciare, implorava di essere sfiorato anche solo per un secondo dai colori di Elle. Li bramava da così tanto tempo, che quando l'ebbe vista per la prima volta seduto al pianoforte, si domandò cosa fosse quella sensazione strana che provava allo stomaco. Si domando il perché di ogni fitta al cuore ogni volta che se la ritrovava davanti e il perché riuscisse a provare qualcosa solo alla sua vicinanza o anche solo alla vista dei suoi morbidi capelli.  

Allora, lei divenne come sole per lui, divenne estate. Divenne estate che il suo tocco era come la sabbia che bruciava la pelle ghiacciata di Ray. Divenne estate Elle, che il cuore di Ray riusciva a scaldarlo come se fosse fatta di raggi del sole. Lei divenne estate, e tutta la leggerezza, tutti i colori si portò via, lasciandolo patire il freddo del suo stesso cuore. 

Ray allora diventò nient'altro che un gelido inverno. La stagione più incantevolmente straziante. La stagione più priva di colori. Adesso egli non era in grado di provare più nulla, non potendo stare alla vicinanza dei colori in persona. Ray era tornato spoglio di sentimenti.  Sembrava essersi lasciato andare sotto la gelida neve che squagliandosi, gli pungeva la pelle.


La trasparenza dei coloriOnde histórias criam vida. Descubra agora