5. Rosso II

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Entrò appena sull'uscio di casa, e subito s'accasciò a terra con le mani in viso: Viola se ne era andata. Viola dopo 14 anni riuscì ad attraversare la luce e dopo anni, ripronunciò il nome di lei. Nella mente di Ray quel nome, stava rimbombando. Tutti quei suoi sorrisi, quei tocchi, il suono docile della sua voce, tutti i loro brani, adesso, creavano un vortice d'emozioni che egli non sarebbe mai stato in grado di spiegare a parole. Come se davvero delle misere parole potessero spiegare come ci si sente a riaffogare fra un mare di ricordi lancinanti.
Le sue urla si impregnarono su tutte le pareti dell'ingresso, le lacrime salate continuarono a rigargli il viso. Ray avrebbe accettato e realizzato il fatto di aver perso il suo ''Viola'', ma non avrebbe mai accettato e realizzato il fatto di aver perso il suo ''Rosso.''
L'aveva persa e non l'avrebbe mai potuta riavere indietro. Lei  lo aveva lasciato, lo aveva abbondonato. Non avrebbe più visto i suoi colori, e questo pensiero, gli corrodeva da anni il cervello: glielo consumava, non lo faceva respirare, non lo faceva dormire. I suoi polmoni erano come scatoloni impolverati che imploravano di essere spalancati. Erano fatti d'acqua salata, erano sabbia calda di un deserto mai attraversato.

Riuscì appena ad alzarsi e ad aprire la porta di casa. Le ossa gli pesavano, i ricordi lo perseguitavano, la testa era come martellata alle tempie dal suono della sua risata che riusciva ad essere ora, così struggente, così rumorosa nella testa di Ray, e i suoi occhi erano tormentati dal ricordo vivido degli occhi di Elle.
Estenuato, si mise nel divano. Una stretta allo stomaco lo face piegare in due, come se avesse ricevuto un pugno. Stringendosi le dita nella giacca zuppa d'acqua, Ray, scongiurava di essere lasciato in pace da tutti quei ricordi che si conficcavano come frecce e gli perforavano il petto e le viscere; le sue urla strozzate risuonavano in tutta la casa, e le pareti della sua gola, ora, sapevano di terra arida: come se fossero bruciate e graffiate da fiamme di fuoco ardente. 

Ray teneva la fronte corrugata come se tutti i ricordi fossero lì, stretti fra le piaghe di essa, per trattenerli, per non farli uscire, ed erano le sue sopracciglia puntate verso i naso dal dolore e i suoi denti serrati al tal punto da fargli emettere solo lamenti spezzati, pieni di tormento.
Cullato da essi, si addormentò nel divano, con la faccia incavata fra lo spazio del bracciolo del divano, sfinito e calpestato dai ricordi. E come per maledizione, la sognò. Sognò ciò che era rimasto impresso nella sua memoria, sognò tutto ciò che aveva ripercorsero vividamente la mente di Ray quando Viola ripronunciò quel nome, e sappiamo tutti che lui ricorda meglio lei che sé stesso. Sappiamo tutti che Ray è travolto da questo travolgente e struggente vuoto di ricordi.

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Erano seduti al pianoforte del collegio. Il rosso naturale dei capelli di Elle sfioravano il vestito verde pastello che indossava, ciò faceva distrarre Ray che provava a suonare uno dei loro colori.

''Suona per me, Ray.'' Lo implorava lei.

''Solo se prometti di non lasciarmi andare.''

Elle si sedette sulle gambe di Ray, lui posò le sue dita su quelle sottili di lei, e iniziarono a suonare.

Ray conosceva ormai i tasti del piano a memoria poiché ad Elle non piaceva stare seduta sullo sgabello o forse perché non si sedette mai su di esso, a Ray non dispiacque mai il fatto di prendersela in braccio. Fu come costretto ad impararli a memoria dato che lei gli copriva la vista.

Spesso Ray lasciava scivolare una sua mano nella coscia di Elle, e chiudendo gli occhi, immergeva la testa fra i suoi capelli rossi che profumavano di frutti di bosco e fragole ispirandone tutto il loro profumo. Elle con il tempo capì benissimo che questo significasse il fatto che le gambe di Ray gli iniziassero a fare male, eppure lui non diceva mai una parola fin quando non finivano di suonare il brano.

La trasparenza dei coloriWhere stories live. Discover now