II

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(Catelyn Graves)

Quando compii sei anni mio padre mi portò a fare un Giudizio. Sapeva che Randall mi odiasse, così convocò l'altra maga di famiglia, Diana. Era una bellissima donna dai capelli d'argento, altissima e vestita di blu. I suoi occhi però erano più neri del carbone.

Mi portò nelle cantine, piene e intricate di lunghi corridoi di pietra che odoravano di vino e muffa e aspettai paziente di fianco a mio padre.

«Cosa ti fa credere che abbia qualcosa di speciale, Anselm? Ho parlato con Randall, non sa eseguire nemmeno le magie più semplici» fece Diana annoiata, tra le mani aveva dei cristalli che faceva scivolare tra i palmi.

«C'è stato un incidente in casa. Cody e Gage dicono che non si è bruciata con il fuoco. Non è la prima volta che succede, o così pare.»

«Tu hai visto qualcosa?» domandò, senza calcolarmi. Negò. «Cody e Gage potrebbero avere una bella fantasia» sospirò. Mi afferrò la faccia e la guardò da vicino. «Ha gli occhi normali. Sto facendo scorrere del mana in lei, ma il flusso non viene bloccato, quindi di sicuro non è un Antimago o lo sta facendo di proposito. Vai contro il muro» mi ordinò.

Lo feci. Mi misurò e pesò. Altezza normale, ma pesavo leggermente troppo poco rispetto alla norma. Se fossi stata un mago la mia alimentazione sarebbe stata diversa, molto più ricca di vitamine e zuccheri dato che il mana veniva creato nel mio corpo.

Parlò a mio padre e io rimasi con la faccia schiacciata contro il muro, a osservare la pietra, poi mi diede un fiammifero e con la magia lo accese. Quella volta lo lasciai cadere ed emisi un versetto di dolore. Seppe dal principio che fingessi e non disse nulla.

«Hai affinità con qualche elemento?» Ci furono domande più difficili, come: «Sai quali erbe sono adatte per estrarre il veleno di Demone da una ferita?» e rimasi zitta.

Alla fine, quando fu chiaro che non avessi alcuna voglia di parlare, Diana scosse la testa e mi lasciò perdere. «Non posso darti un Giudizio definitivo, Anselm, mi dispiace. Non fino a otto anni. Tommy era diverso, era privo di qualsiasi energia e collaborava. Lei... non sa nemmeno leggere, è proprio ridicolo.»

«Gli Antimaghi non hanno bisogno di leggere e scrivere» sentenziò aspro l'uomo.

«I maghi sì, invece. Devono sapere le formule magiche e un minimo di fisica. Magia o no, di questo passo potrebbe non sviluppare niente» soffiò, massaggiandosi le tempie.

«Cosa mi consigli?»

«Hai due opzioni. Puoi crescerla come un umano, fai finta che i suoi poteri, anche se ci sono, non esistano. Come Tommy. Senza educazione e pratica non farà nulla. Oppure cerchi di cavarle fuori qualcosa, mal che vada ti esce un mago di scarso potenziale, ma questo allenamento con lei non funziona.»

Papà era un Antimago. Mamma no. I geni magici erano regressivi, era il motivo per cui moltissime famiglie si sposassero solo con altri portatori e mai con esseri umani. Tra un genitore Antimago e l'altro mago c'era il settanta percento di probabilità che il figlio fosse un mago.

Io, che avevo padre Antimago e mamma umana, avevo il novanta percento di probabilità di essere normale.

«Non voglio essere un mago» borbottai e Diana corrugò la fronte.

«È una cosa molto maleducata da dire, Emily» rettificò lei seria.

«Chiedi scusa» ordinò mio padre ed eseguii a testa bassa.

Essere un mago richiedeva troppa disciplina e controllo, ero certa di non avere quelle qualità. E poi non volevo essere una dispensa di magia per i Graves, avrei preferito essere bandita da umana e farmi una vita altrove.

The falloutOù les histoires vivent. Découvrez maintenant