XXXI

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(Reed Torres)

Non avevo mai visto Bucky terrorizzato in quei mesi, neppure quando si era ritrovato davanti Rayk, il quale lo fissava mentre dormiva con ostinazione. Era da sempre stato un tipo composto, molto paziente e distaccato, pensavo che niente potesse turbarlo, specie perché fosse nato nell'Esercito inglese e fosse un mercenario da molti anni.

Quando alzò gli occhi su di me, spostandoli da quella strage, mi resi conto che il barlume non fu solo di paura, bensì anche di confusione: gli avevo appena dato prova che fossi in grado di generare mana puro e dopo di assorbirlo. Non era una cosa che vedevi tutti i giorni, specie nei clan rigidi degli Antimaghi, dove regole e tradizioni erano sopra ogni cosa.

Fui io a spaventarmi a morte e la nausea mi salì in gola. Non pensai a niente, se non al fatto che la mia vita fosse finita. Balthazar mi aveva avvertito fin da bambina, mi aveva messo in guardia dal non cacciarmi in simili situazioni e, volente o no, avrei dovuto continuare a combattere solo come Antimago. Non avevo avuto altre opzioni però, non avrei potuto lasciarlo morire sotto i miei occhi e salvarmi da sola, non ero così egoista.

Dei veloci lampi mi tornarono alla memoria: io e Balthazar che pescavamo insieme, il bullismo dei miei fratelli e cugini, le occhiate sospettose degli zii e persino mio padre. Mi avrebbe uccisa? Mi avrebbe denunciata al Concilio? Mi avrebbe tenuta prigioniera per sempre e ucciso Balthazar?

Era tutta colpa mia.

La testa mi girò appena vidi il disastro che avevo creato: gli uomini erano schiantati a terra, morti, il sangue sul muro e per terra, ammassato in un'unica densa pozza rossa con schegge di metallo.

«Tu...» borbottò Bucky stupefatto. «Quello...»

Deglutii e gli scivolai accanto, quasi in lacrime. «Ti prego, non dire niente a nessuno! Se mi scoprissero... se scoprissero cosa so fare... loro mi...» Non sapevo nemmeno cosa dire.

«Niente magia qui sotto, l'avevi detto» soffiò diffidente.

«Lo so! Io...» ansimai in panico. «Si sono attrezzati contro gli Antimaghi, coloro che prendono l'energia altrove. Hanno schermato l'ambiente in modo da isolare ogni cosa, però questo sistema non funziona con i maghi. Loro hanno... la magia dentro.» Bucky non diede cenni di capire e io mi sfregai la faccia. «Per favore, fidati di me. Non sono pericolosa, non sono crudele, voglio solo essere lasciata in pace. Se mio padre scoprisse cosa so fare, lui...»

«Ti ucciderebbe» intuì subito.

«È una persona malvagia! Ti darò quello che vuoi, se sono i soldi che cerchi...»

«Vuoi comprarmi?» mi sfidò.

Era quasi divertito.

Il labbro mi tremò e rabbrividii. Un pensiero orrendo mi passò per la testa: pensai di ucciderlo, fargli scoppiare qualche organo o il cervello e lasciarlo là, dare la colpa alla creatura e fare finta di niente. Sarebbe stata la scelta più ovvia, però non sarei stata diversa da mio padre.

Mi sfregai gli occhi e sperai di non iniziare a piangere. «Per favore, io...» Mi misi in ginocchio e piantai la testa a terra, pregandolo. Non mi sentii imbarazzata, avvertivo solo la paura di essere tradita e scoperta. «Farò ciò che vuoi, te lo giuro, ma non dirlo a nessuno! Loro non sanno che io sono...» Non riuscii a dire la parola "Ibrido", benché fosse parte della mia vita; benché fossi io. Ero cresciuta temendola e ripudiandola. Desideravo poter essere al sicuro altrove. «Non mi uccidere.»

Forse fu questo a fargli abbandonare il sentimento di diffidenza, vedermi umiliata a implorarlo nonostante il mio ego e i miei occhi affogati nel terrore puro. Come quando incontrò per la prima volta Rayk, si sciolse piano. Sollevò le mani e cercò di calmarmi, dopodiché si alzò da terra, riprese la sua arma e zoppicò accanto ai corpi morti. Esaminò se qualcuno fosse ancora vivo e poi tornò da me.

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