XXII

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(William Graves)

Come al solito, mi svegliai all'alba. C'era abbastanza luce a quell'ora e la mia stanza era ad est, con i raggi del sole che puntavano dritti sui miei occhi. Il sole era di uno splendido color arancione, dipingeva le nuvole di calde sfumature e, seppure l'aria fosse leggermente fredda, mi trastullai nel letto. Le lenzuola erano soffici e profumate, piene del mio calore.

Sbadigliai e scesi dal letto, scivolando direttamente sul tappetino di pelo bianco. La mia stanza non era granché, almeno rispetto a quelle dei miei fratelli e cugini. Persino Liam e Queenie avevano una camera più grande e bella della mia, però non mi ero mai lamentata; il letto era minuscolo, ma in inverno era una cosa buona, le pareti erano ricoperte dai miei vecchi disegni e poster di band rock e pop che ascoltavo da ragazzina. Avevo anche un piccolo armadio, ma metà roba era gettata alla rinfusa e una scrivania con libri e qualche trucco utile.

Controllai Balthazar. Era sdraiato su un fianco, con la testa premuta contro il cuscino, rannicchiato su se stesso come un animale in letargo.

Appostato sulla sedia c'era il suo corvo, brutto e rachitico. Il becco era storto, una zampa mozza e gli occhi pieni di pus giallo. Era il suo informatore, o almeno controllava le zone più esterne dei confini e gli riferiva i disordini. Non aveva un nome, però mi odiava a morte dato che a quattordici anni avevo provato a farlo al forno.

Mi fissò rognoso mentre mi rannicchiai accanto al mago e lo svegliai dolcemente, passandogli la benda che aveva posato sul comodino. Era stanco e mi trattenni dal menzionare i suoi intrattenimenti notturni con il mercenario, tra battute moleste ed erba.

Andai in soggiorno e presi un leggero spavento quando vidi Bucky russare piano sul divano. Non ero abituata ad avere ospiti a casa. Dormiva supino, con una mano pendente sul pavimento e l'altra sul petto nudo. La sera faceva molto caldo in quella zona, colpa dell'umidità del fiume e dei boschi.

Mi accucciai vicino al divano e studiai l'uomo curiosa. Nel sonno pareva molto più giovane, non aveva quell'espressione perennemente corrucciata o gli occhi socchiusi nella diffidenza, lontano dalle preoccupazioni della realtà. Aveva un corpo stupendo, benché ricoperto di cicatrici provenienti dalla sua vita passata sotto le armi. I muscoli erano ben delineati, i pettorali ricoperti da una leggera peluria bruna. Lo sterno si sollevava a ritmi regolari, beato nei sogni.

Balthazar uscì dalla camera e mi notò. In silenzio si mise accanto a me, ammirando il soldato russare. Era una pessima idea dormire in quel modo a casa del nemico, se russava significava che si sentisse al sicuro, oppure che la notte prima avesse fumato fin troppo.

Mi inclinai e lo annusai. Mi sentì, o ebbe un istinto, però aprì gli occhi e mi scansai subito. Prima che potesse rendersene conto e spostarsi, Bucky tentò di alzarsi troppo in fretta e diede una testata a Balthazar, il quale lo stava guardando dall'alto. Il mago rotolò a terra, gemendo di dolore e il mercenario si alzò in piedi allarmato.

«Che diamine sta succedendo?» Quasi si strozzò, passandosi una mano sulla faccia per togliersi gli ultimi rimasugli di sonno.

Abbassai gli occhi colpevole e Balthazar parlò per entrambi. «Avevi qualcosa addosso! Un grosso topo! Ti si è infilato nei pantaloni e dovevamo assicurarci che...»

«State lontani da me» ci minacciò.

Raccolsi la sua maglia e la sventolai in aria. «Intendi vestirti o vuoi dare spettacolo?» esclamai.

Me la rubò scontento dalle mani e se la rimise addosso. Scomparii in bagno per dieci minuti per darmi una sistemata e per qualche motivo ci misi più del solito. Non aveva senso mettersi a posto i capelli quando il tuo unico coinquilino ed amico del cuore era cieco. Nonostante ciò, mi sciacquai bene la faccia, i denti e mi pettinai.

The falloutWhere stories live. Discover now