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(Diana)

A quindici anni facemmo la nostra prima gita.

Era l'inizio della primavera e quell'anno sembrava essere molto più mite e gentile dei precedenti, caratterizzati da piogge continue e gelide temperature. La neve dell'inverno era durata fino a marzo e si stava sciogliendo sotto i nuovi soli, mentre la natura cominciava a fiorire di nuovo.

Quel giorno fu davvero speciale per me, dato che Balthazar lo aveva programmato da molti mesi in vista del mio compleanno. La mattina ci svegliammo e andammo a cacciare al torrente, ottenemmo due grossi pesci e raccogliemmo le verdure più mature dall'orticello che avevamo costruito, al riparo dalle calamità esterne.

Ero cresciuta e lo notavo solamente quando il mago mi diceva che i miei capelli fossero davvero lunghi, allora mi metteva davanti allo specchio e li tagliava. Non sapevo se fossi carina o no, Balthazar non faceva altro che dirmi che assomigliassi molto a mia madre e per fortuna non a mio padre, né agli altri miei fratellastri che, con gli anni, avevo imparato a tenere a distanza.

Balthazar al contrario era rimasto lui, giocoso, altruista e sempre giovane. Nessuna ruga degli ultimi dieci anni lo aveva colpito, né alcun capello bianco. La sua pelle era candida, del colore del caramello fuso.

«Me lo insegnerai?» domandai, allacciandomi il reggiseno, il primissimo che mi avesse comprato con imbarazzo. Gli indicai la faccia. «Come fai a non invecchiare? È una magia?»

Balthazar si sistemò la cintura dei jeans e la giacca di pelle nera sulle spalle. «Tutto nel nostro mondo è una magia, non lo hai ancora imparato?»

«Sai cosa intendo. Tu non mi insegni tutto.»

«Ti insegno ciò che serve.»

E ovviamente evitava di parlare di cose superflue, o scomode. In tutti quegli anni non avevo mai capito se i suoi insegnamenti fossero in qualche modo subordinati dai Graves, i quali scegliessero cosa e come farmi imparare. Sapevo gestire la magia, i flussi di mana, controllare i chakra, in aggiunta a tutte le tecniche che Balthazar mi aveva fatto sviluppare in secondo modo, come la mia attitudine alla caccia e al combattimento corpo a corpo.

Non sapevo molto del mondo esterno, non ero mai andata oltre il confine stesso della città e mai per oltre un giorno. Non vedevo mio padre, Catelyn e gli altri ragazzi da anni, non sapevo più niente di loro e avevo smesso di presentarmi persino alle riunioni tra Balthazar e mio padre, fingendomi presa altrove. L'ultima volta tra me e Gage non era andata affatto bene e gli avevo tirato un pugno sul naso.

Volere mio o no, non ero la benvenuta.

«Non mi hai insegnato niente sul sesso» commentai puntigliosa e Balthazar ebbe un fremito.

Lo sfidai e le onde della sua aura divennero più alte. Schioccò la lingua e alzò le spalle con nonchalance. «Al contrario, sai tutto ciò che dovresti sapere. Puoi fare sesso con chiunque tu voglia, solo assicurati di ottenere qualcosa in cambio. O amore o potere. Altrimenti rimarrai con un pugno di mosche in mano.»

Mi grattai il naso. «Tu sei rimasto con un pugno di mosche in mano?» tentai di impicciarmi, ma sapevo già la risposta e non tardò ad arrivare.

Mi sorrise e mi ignorò, come da programma per gli argomenti su cui non aveva intenzione di discutere. Con il tempo mi ero fatta più curiosa e impicciona, amavo ficcare il naso nei suoi affari e discutere. Diceva che fosse "una cosa da ragazzine" e tentava di non darmi troppa corda.

Sbuffai. «Dove andiamo?» domandai per far calare quel velo di disagio da sopra le nostre teste.

«Per prima cosa a Portland, andremo a salutare un vecchio amico e poi mi servono delle erbe medicinali dato che la neve ha distrutto tutta la mia scorta. Sarà una lezione intensiva molto interessante per te» gongolò, sapendo bene quanto odiassi l'erboristeria. «Dopodiché, dato che è il tuo compleanno, faremo ciò che vuoi tu.»

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