Capitolo 8

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«È davvero rilassante.» Ruppe il silenzio John mentre guardava la strada concentrato sulla guida.
«Che cosa?» Chiesi sfogliando le pagine del libro di Dickens.
«Guidare di notte. Poca gente, meno traffico, strade libere...» elencò. Tolsi gli occhi dal libro per posarli sulla strada e dovetti ammettere che aveva ragione. «Già.» sospirai.
Brice spostò lo sguardo sullo specchietto retrovisore per guardare Shelley, infine con tono basso mi chiese «Trovato qualcosa di utile?» Guardai dietro, da sopra la spalla appurando che Shelley dormiva beata. Era sdraiata sui sedili posteriori con le braccia conserte come a proteggersi dall'aria fredda che proveniva dal finestrino un po' abbassato. Mi tolsi il mio giacchetto e glielo misi come coperta. «Nulla di particolare.» risposi infine. «Solo delle parole cerchiate a caso.» Mi rimisi seduto bene sul sedile guardando fuori dal parabrezza «Sei premuroso con Shelley.»
«Le voglio bene.»
«Tanto bene da avere una relazione?» domandò lanciandomi un breve sguardo con un sorriso. «Ma-» quasi alzai troppo la voce, quindi mi fermai di botto e guardai dietro sperando di non averla svegliata quindi ripresi a parlare più piano guardando male Brice «Ma che diavolo?»
«Ehi è solo per sapere.» ridacchiò alla mia reazione. «Shelley è una bella persona, non mi stupirei se ci volessi stare insieme.» continuò.
«So che è una bella persona. Ma...» Mi mordicchiai il labbro non sapendo come continuare «Ma?» chiese invitandomi a completare una frase che non avevo mai avuto il coraggio di dire ad alta voce.
«Ma non sono il tipo di ragazzo che può permettersi di amare.» sospirai sprofondando nel sedile «Se iniziassi una relazione con qualcuno non so dire se rimarrei concentrato, se rimarrei obbiettivo. Capisci?»
«Ragazzo, ti confesso che non posso dare ragione al tuo modo di pensare. Pertanto ti invito a riflettere sulle mie parole: nessuno è mai obbiettivo. C'è sempre l'affetto e la compassione che ci indirizza a fare scelte per proteggere chi si ama. Ma se ammetti di amare, ammetti di avere qualcuno di cui ti importa.»
Lo guardai, lì per lì, non sapevo come rispondere. Le sue parole mi avevano scosso. «A me importa di voi...» Pensai.

Ci fermarmmo per fare benzina e proprio in quel momento Shelley si svegliò «Buona sera principessina.» Disse sarcastico Brice appoggiato al finestrino «Se devi andare in bagno questo è il momento.» continuò.
«Grazie per il complimento John.» rispose prima di uscire dall'auto e dirigersi verso il negozio a pochi passi di distanza. Ancora non si era accorta che la felpa che stava indossando durante quei passi, non era la sua. Appoggiai la testa al finestrino sentendo le tempie pulsare. Facevano male, davvero male, e subito avvertii un senso di nausea. Di solito riuscivo a contenermi e a non mostrare a tutti il "bello" spettacolo di qualcuno che si vomita anche l'anima. Ma quel giorno non era come gli altri soliti giorni. Aprii la portiera velocemente e come un fulmine raggiunsi il primo secchio. Fortunatamente lo raggiunsi per tempo e riuscii a non sporcare nulla se non il povero secchio. Con il dorso pulii il labbro inferiore e ripresi fiato. Poco dopo mi raggiunse Brice preoccupato. «Cavolo...» Disse cercando di aiutarmi a sedere sul piccolo rialzo dove erano posti i distributori di benzina «Ti senti meglio?»
Scossi la testa delicatamente. Anche un piccolo movimento sembrava potesse essere causa dell'esplosione della mia testa. «Dovremmo capire questi mal di testa a cosa sono dovuti.» Non dissi nulla, mugolai tenendomi la fronte con le mani che tremavano un poco. «Ti prendo la-» si alzò ma lo fermai con la mano, facendo respiri profondi ripresi un minimo di controllo e sussurrai «No, sta... Sta passando.» Mi servirono un paio di minuti per riprendermi ed allora l'emicrania era più leve, anche se persistente. Ritornai in macchina e poco dopo lo fece anche Shelley, con un pacchetto di caramelle, e Brice. Ripresi il libro ritrovando le parole cerchiate «Pagina 12... Pagina 64... 98, 101, 134... e molte altre...» sospirai non trovando alcun nesso. «Ehi Shelley mi faresti vedere quei file con quei numeri?» intanto John accese il motore e continuò a guidare fino a casa. La ragazza mi passò il computer acceso con il file già aperto. «Grazie.» dissi prendendolo, poco dopo allungò il sacchetto di caramelle gommose «Vuoi?» chiese ciancicandone una. Non me lo feci ripetere due volte, sentivo di avere un calo di zuccheri e qualche caramella mi avrebbe aiutato un pochino. Quindi ne presi una ringraziando ancora.
Lessi i numeri sul monitor e notai che i primi numeri della serie coincidevano con quelle delle pagine. Confuso ripresi il libro e controllai «12... 11... 1, vediamo.» aprii a pagina 12 il libro e mi colpì all'occhio un cerchio fatto a penna sulla parola "se". Per capire gli altri numeri cercai un'associazione, e solo allora notai che quella stessa parola era all'undicesima riga e che si trattava della prima parola.
Per dare per vera la mia ipotesi cercai i numeri seguenti 210, 22, 8. Nel libro in quella pagina, in quella determinata riga, l'ottava parola "ne" era cerchiata a penna. «Non ci credo...» dissi divertito.
«Cosa?» si sporse Shelley.
«Il primo numero è della pagina, il secondo la riga e il terzo è la parola. Ma ciò che mi ha sorpreso è che probabilmente mio padre ha trovato questo file. Cioè, non lo ha scritto lui.»
«E chi lo avrebbe scritto?» la sua voce squillante aveva una nota curiosa.
«Qualcuno che non voleva far sapere a nessuno la frase nascosta.»
«Cerca le altre parole, sono curiosa della frase.» Anch'io lo ero e non sprecai altro tempo. Le cercai tutte e saltò fuori la frase: «Se ne sono padrone lo posso dire, se lo dico non c'è l'ho più.» citai.
Brice si fece sfuggire un suono divertito. Io e Shelley lo guardammo e senza dire nulla gli chiedemmo di spiegare quel suono. Appena si girò verso di noi si rese conto del nostro sguardo e riportò gli occhi sulla strada schiarendosi la gola «È una versione un po'... diversa rispetto all'indovinello originale.» Disse semplicemente ma i secondi successivi di silenzio gli fecero capire che doveva continuare «L'indovinello originale diceva "Se lo hai lo puoi condividere, se lo condividi non ce l'hai più."» dopodiché non disse nulla neppure con il silenzio nell'aria.
«Cosa potrebbe essere?» domandò a se stessa Shelley. «Credetemi ho provato a rispondere con tutto. Verginità, affetto, intelletto, ideale, casa...» tenne conto delle parole con le dita. «Anche le meno probabili. Non sono mai riuscito a capire cosa fosse.» rimise la mano sul volante.
Riflettei ma gettai la spugna poco dopo «Ci dovrò pensare quando non ho mal di testa.» dissi piano più per convincere me stesso che per avvertire gli altri. «Mi passi il pacchetto delle gomme?» mi chiese Brice indicando il vano porta oggetti davanti a me. Lo aprii e glielo passai. Non perse tempo che subito se ne prese una e iniziò a masticarla con vigore. Distolsi lo sguardo e mi schiarii la gola «Se non vi dispiace. Vorrei fermarmi da una parte prima di andare a casa.»
«Certo, dove volevi andare?» chiese Brice e così gli comunicai la via. Un po' incredulo mi guardò «Ma non è il...» si fermò. Sapevo cosa si stava domandando e sapevo che fosse arrivato alla soluzione. Guardai fuori dal finestrino appoggiando una tempia al vetro un po' aperto. Quel contatto freddo sulla tempia mi fece bene, mi provocò sollievo. Un sollievo tale da farmi quasi dimenticare del dolore, un sollievo che mi cullò insieme al flebile ondeggiare della macchina per via degli ammortizzatori. Un sollievo che mi fece addormentare piano piano.

Poco alla volta riaprii gli occhi, eravamo ancora in viaggio ma mancava poco a giudicare dalla nostra posizione. Questione di minuti e ci saremo fermati, intravidi il parcheggio quindi mi sedetti meglio, in quella posizione stava cominciando a dolermi la schiena. «Siamo a pochi metri.» Disse Brice, probabilmente vedendo che mi ero mosso. «Grazie» Risposi. «Ti devo un grande favore.» aggiunsi poco dopo. Lui fece un gestaccio con la mano sostituendo le parole. Probabilmente voleva dirmi "Ma non farmi ridere". Fermò l'auto e girò la chiave spegnendo il motore. Infine torse il busto verso la mia direzione mettendo un braccio attorno al poggiatesta del mio sedile. Mi guardava aspettando la mia prima mossa.
Così allungai la mano verso la maniglia ma mi fermai a pochi centimetri, spostai lo sguardo verso i miei amici dicendo «Torno subito.» Shelley annuì silenziosa ma con un'espressione di compassione, Brice al contrario serrò le labbra poi mi disse che non c'era problema e che loro sarebbero rimasti lì.
Feci un mezzo sorriso guardandoli ancora qualche secondo prima di scendere dalla macchina.
Il negozio dei fiori dall'altra parte della strada era chiuso a quell'ora della notte quindi non potei farci nulla, altrimenti avrei preso un bel mazzo di crisantemi. Le sarebbero piaciuti, soprattutto quelli rossi. Ma andai avanti, fino ad arrivare davanti al suo nome inciso su una lastra di marmo. Ed ecco che lo spazio a lei dedicato a me sembrava così piccolo.
Mi sedetti a un metro di distanza osservando quella lastra come se fosse il suo volto, i miei occhi incatenati sul suo nome e improvvisamente il resto mi sembrò superfluo.
Feci un respiro profondo e dopo, un altro ancora. Quindi strappai il primo fiorellino selvatico e glielo misi davanti alla lastra.
Con disinvoltura e poco impegno mi rimisi seduto a terra e la guardai.

«Ciao mamma.»

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