Capitolo 3

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«Sam!» Sentii la voce ovattata di mio padre nel buio. E più ripeteva il mio nome più si faceva più chiara e nitida. Finché non lo sentii urlarmi all'orecchio.
Mi svegliai con il cuore a mille, era stata una sensazione inquietante. Quella mattina sapevo che non mi sarei più voluto addormentare quindi mi alzai e mi vestii. Era presto e avrei potuto fare una passeggiata, così uscii indossando il cappuccio del giacchetto. L'aria fresca della mattina mi aiutava a pensare meglio.
Mentre camminavo, stando attento a non farmi riconoscere, pensai al mio passato.
Ricordai il giorno in cui mio padre mi portò al museo di Huntsville in Alabama. Quella settimana aveva preso i giorni liberi per accompagnarmi al museo della NASA. Il "US Space and Rocket Center" mi apparì imponente ed elegante. E considerato il miglior museo tra tutti i musei della NASA. Era un sogno che diventava realtà per me. Finalmente avevo l'opportunità di vedere con i miei occhi tutte le attrezzature, tutti gli shuttle, le tute, le sonde... Ogni cosa. Mio padre ne parlava sempre e nonostante a casa mi faceva vedere le foto, non riuscivo a entusiasmarmi come faceva lui, ma una volta al museo mi potevo sentire esaltato, come mio padre.
Osservai attentamente ogni vetrina, ogni oggetto al suo interno attirava la mia attenzione, come anche lo shuttle steso a terra davanti al museo. Era impressionante come fossero grandi i motori della NASA.
Anche se mi mettevano un po' di soggezione date le loro dimensioni colossali, per me la sensazione di meraviglia vinceva su ogni tipo di disagio.
Quel giorno era diventato subito il più bello già dal viaggio in macchina. «Dove stiamo andando?» Chiesi per la millesima volta.
«Lo vedrai.» Mi ripeteva.
«Ma sono curioso.» Dissi quasi esasperato.
«Sei molto impaziente, sai?»
Incrociai le braccia «Questa non è impazienza...»
Mentre guidava notai i cartelli per strada. Statale 65... Pensai tra me e me.
«Almeno puoi dirmi quanto manca?» Chiesi forse sapendo in che direzione stavamo andando. Mio padre sorrise divertito e mi accontentò, forse consapevole del fatto che ci stavo arrivando da solo. «Un giorno di macchina.»
Presi la bussola di papà che teneva nel portaoggetti e controllai la nostra direzione. Indubbiamente stavamo andando a Nord.
Ragionai e l'unica statale 65, verso Nord, che attraversava Montgomery portava in Tennessee. «Tennessee?» Chiesi stranito. Rise «Sai Sammy, la suspence a volte ci vuole nella vita. Ma per farti contento... È quella la direzione ma non stiamo andando in Tennessee.» Ragionai sul giorno di macchina «Il Tennessee è troppo distante per un giorno di macchina... Huntsville?» Non rispose e questo mi fece capire che avevo colto nel segno. «È difficile farti le sorprese con il tuo cervello da genio.» Disse arrendendosi «D'accordo. Hai vinto stiamo andando al US Space and Rocket Center.»

Mi risvegliai dal ricordo grazie a un forte abbaiare di un cane. Ero un po' disorientato, non riuscii a orientarmi ma appena notai la miglior gelateria della città sapevo dove mi trovavo. Mi voltai verso il cane e notai che stava cercando di attirare l'attenzione della proprietaria per poter ricevere una piccola porzione di gelato. Non si fece chiamare due volte che, non appena finì di servire l'ultimo cliente, uscì con una coppetta dal giusto quantitativo di gelato per un cane.
Guardai l'orologio al mio polso e decisi di tornare dagli altri. Ormai saranno svegli, o quanto meno Shelley lo sarà.
Presi tutte le scorciatoie possibili così da arrivare in tempo e una volta raggiunto il quartier generale vi entrai. Non volevo disturbare quindi feci molto piano, ma appena chiuso la porta mi ritrovai un Brice con le braccia incrociate e una Shelley che mi guardava preoccupata.
«Non per fare da padre, ma dove sei stato?» Puntualizzò Brice.
«Non è da te stare così tanto fuori. È successo qualcosa?» Chiese Shelley.
Li guardai senza dire nulla, poi li superai passandogli in mezzo «Pensavo a un piano.» Mentii, restarono in silenzio mentre mi guardarono andare verso il tavolo. «Un piano per cosa?» Intervenì Brice nel totale silenzio.
«Shelley sei riuscita a migliorare il video?» evitai la domanda, non era arrivato ancora il momento di annunciarlo agli altri membri del gruppo.
«No, ma... Mentre cercavo di recuperare il file danneggiato, in contemporanea, con un altro PC, stavo cercando ancora di bypassare un altro livello di sicurezza.» Mi spiegò «L'ho superato e questa volta mi ha dato una specie di codice.»
«Un codice?»
«Si, insomma, è un insieme di lettere e numeri ma davvero non so cos'è. A prima vista sembrerebbe un numero di serie o qualcosa di simile.»
«Vorrei vederlo.» Dissi interessato.
«Ma in tutto questo... Il piano?» Mi ricordò il signor Brice. «Tutto a suo tempo.» Gli risposi. Volevo vedere questo codice misterioso, magari analizzandolo meglio ci poteva dare informazioni valide. O magari avremmo avuto un indizio su dove andare.
Seguii Shelley alla sua postazione che prontamente aprì il file con il codice «SA - 501 - 4 - TD» Lessi ad alta voce. «Sicura che non ci sia altro?»
«Sicura.» Mi rispose seria. Fissai quel codice nella mente e ci riflettei, allontanandomi dal computer. Quando raggiunsi la lavagna tattica la girai dal lato pulito e ci scrissi tutte le possibili combinazioni o i possibili significati.
«Potrebbe essere letto a gruppi.» Intervenì Brice dopo un po' di tentativi.
«TD-SA e 501-4?» Cercai di elaborare cosa potesse significare ma nulla veniva fuori. «Forse... SA-501 4. E se TD fosse una sorta di... Firma?» Mi posai una mano sulla fronte infastidito del fatto che non riuscivo a capirlo. Stava cominciando a venirmi il mal di testa e Brice se ne accorse, «Va a riposarti un po'. Intanto proviamo a lavorarci noi, magari con il computer salta fuori qualcosa.»
Non potei fare altro che annuire, non volevo di certo ne sbraitare ne far si che il mal di testa peggiorasse, quindi feci l'unica cosa che mi sembrava sensata: andai nella mia stanza. Mi stesi sul letto e guardai il soffitto, mi costrinsi a non pensare a quel codice quindi concentrai la mia attenzione, per quanto possibile, sulla meditazione.
Chiusi gli occhi ripetendomi di stare nella calma più assoluta, avevo solo bisogno di lasciarmi alle spalle tutto per pochi minuti. Sì, mi sarebbero bastati anche cinque minuti di tranquillità, ma la mia mente era troppo presa dal capire il significato di quel file.
Riaprii gli occhi.
Stavo diventando pazzo a cercare di ostacolare me stesso dall'inevitabile attenzione che davo per quel codice strano. Mi alzai da quel letto e girai per la stanza. Rimasi a pensarci quasi un'ora e mezza quando i miei occhi si posarono sul modellino. Ne rimasi ipnotizzato ricordando mio padre che ne parlava ad ogni occasione.
Uscii dalla camera e raggiunsi gli altri. «SA-501» Ripetei per attirare l'attenzione mentre gli altri mi guardarono stranito. «È il codice che identifica il Saturn V, il "4" dovrebbe indicare la missione di Apollo in cui il razzo è stato lanciato.» Mi spiegai.
«E tu ne sei sicuro perché...?» Chiese Brice.
«Alla NASA davano ai Saturn una sorta di codice per capire i loro successi di lancio nelle varie missioni Apollo. SA sta per Saturn Apollo, il numero 501 viene suddiviso in 5 e 01. Il primo numero è il modello del razzo, Saturn V, mentre il secondo è il numero di serie del razzo che ha avuto successo.»
Shelley annuì «Beh avrebbe senso.»
«Ma rimane il "TD" che ancora non sappiamo.» Si preoccupò Brice a demoralizzare la situazione, ma non per me.
Mi allontanai di qualche passo pensieroso, «Sam?» Mi girai a guardare Brice che mi aveva chiamato. «Non voglio sembrare invadente, ma sembra che tu sappia di cosa si tratta...» Lo guardai per pochi secondi, infine, abbassai lo sguardo «Forse.» Ammisi. «Se è vero che è una firma, dovrebbero essere le iniziali di qualcuno, o di un'azienda.»
Brice e Shelley mi guardarono con uno sguardo strano, sembravano volermi dire: "Non siamo stupidi." Quindi incrociarono le braccia all'unisono.
Sospirai costretto a vuotare il sacco «Potrebbero voler dire Tyler Davies...»
Sgranarono gli occhi «Davies?» Shelley sembrava scossa.
«Cioè tuo padre?» Chiese Brice shockato.
Alzai le mani «Ma è impossibile. Mio padre è morto quattordici anni fa.» Abbassai le mani «Non sappiamo perché qualcuno dovrebbe firmare con "TD". Dovremmo indagare su questo per ora.»

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