Capitolo 10

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Era mattino e il nostro ospite non era riuscito ancora a svegliarsi ma almeno si stava rimettendo. Le ferite stavano migliorando molto anche se erano passate poche ore.
«Quindi pensate che sia "segreti" la parola che risponde all'indovinello?» chiese Shelley sorseggiando il suo caffè mattutino. Era ancora trasandata con i capelli spettinati e dovetti ammettere che in quel momento era più se stessa che mai. E questo mi colpì. Ricordo di aver pensato È davvero carina. Ma lo tenni per me, non potevo certo dirle una cosa simile. Eravamo amici dai tempi in cui andavo al collegio e lei alla scuola privata.
Entrambi non eravamo degli studenti modelli, e quel giorno fortunato entrambi avevamo avuto l'idea di marinare la scuola perché stanchi delle regole sbagliate.
Mi risvegliai dai ricordi quando Brice rispose alla ragazza «Certo, sono più che sicuro.» Shelley sbadigliò, ogni volta che si alzava la mattina ci metteva un po' per svegliarsi. «Pensaci, corrisponde perfettam-»
«Aspetta.» lo interruppe. «Adesso pensare non è psicologicamente possibile per me. I neuroni devono ancora ricevere le sostanze di questo caffè.» a sentirla parlare con una tale serietà mi fece sorridere divertito. Sembrava che stesse dicendo delle cose serie, ma invece...
«Va bene ma se così fosse, Sam si è ricordato che avevi trovato una canzone.» Disse appoggiandosi con i gomiti sul tavolo proprio di fronte a Shelley. «Appena il caffè avrà fatto effetto avvisaci.» gli fece l'occhiolino e si ritirò nella mia stanza osservando il ferito.
Restammo quindi io e Shelley mezza addormentata. Improvvisamente mi sentii imbarazzato del pensiero che avevo fatto poco prima. Era stato stupido da parte mia ma soprattutto molto avventato. «Ehi Sam... ho fatto un sogno oggi...» non sembrava che fosse un bel sogno, con prati fioriti e arcobaleni nel cielo ma uno abbastanza cupo. «C'era Brice che mi dava le spalle, era inginocchiato a terra e potevo vedere che teneva una persona tra le braccia.» fece una pausa breve per sorseggiare il caffè «All'inizio ho pensato che fosse Jakester, ma quando mi ritrovai davanti a lui...» non riuscì più a pronunciare parola e al solo ricordo di quell'incubo strinse la tazza talmente forte che le nocchie divennero bianche latte. A quel punto mi avvicinai a lei e le avvolsi un braccio attorno alle spalle. Quel contatto la portò a fare uno scatto per abbracciarmi forte, come se temesse che da un momento all'altro potessi scappare. Per confortarla con un braccio continuai a stringere le sue spalle esili, con la mano libera le accarezzai i capelli. «Tranquilla, qualunque cosa tu abbia visto, era solo un sogno.» cercai di fare leva sul fatto che era solo un brutto scherzo del cervello. «Sembrava così reale.» scosse un poco la testa. In quel momento entrò in sala Brice che la vide così e si avvicinò. Con gli occhi mi chiese se stesse bene ed io annuii poi feci un piccolo segno per dirgli di avvicinarsi e di abbracciarla.
Esitante si avvicinò e con una delicatezza tale l'abbracciò. «Vieni qui Shel» Disse quasi in un sussurro, la ragazza mi liberò dalla sua stretta per abbracciare John. Non aveva perso il suo tocco paterno, il fatto che si comportava da padre e che ci trattasse da figli in momenti così delicati, ancora mi destabilizzava. Non ne ero abituato.
Dopo qualche minuto in cui John riuscì a tranquillizzare Shelley, lei sospirò e finì il suo caffè. Poi senza scontrare il nostro sguardo, andò verso il suo computer dicendo «Mettiamoci a lavoro.» io e Brice ci guardammo preoccupati per lei ma quando si mise seduta entrambi lasciammo perdere, forse era meglio così. Sapevo bene quanto gli incubi fossero infidi e terrificanti. Forse parlarne non era un bene per ora.
Ci avvicinammo a lei mentre collegava l'hard disk.
Fece poi partire la canzone. «Orecchiabile.» giudicò John.
«Questa canzone è abbastanza significativa. Ed è inquietante che hanno deciso di usarla per questa occasione.» Aggiunse Shelley.
«Che vuoi dire?» Chiesi incuriosito dalle sue parole.
«Beh i tuoi genitori avevano mille segreti, la canzone parla del fatto che non può confessare quello che tiene dentro.» il silenzio tra noi esaltò il sottofondo musicale.
«All the problems that we could solve; And when a situation rises; Just write it into an album; Send it straight to gold...»
Quelle frasi mi spiazzarono. Non sapevo per quale motivo, pensai al significato dietro le poetiche parole e mi face accapponare la pelle.
«Che ti è preso?» chiese Brice guardandomi, e poco dopo lo fece anche Shelley.
«Torna più o meno a metà canzone.» dissi «Quando parla di un album e di una scritta. Ascoltate.» poco dopo le parole di prima si riproposero.
«E quin-» stava per chiedere la ragazza ma si fermò e il suo volto si illuminò «Oh cavolo! Non è che si riferisce all'album che abbiamo trovato a casa tua?» Mi domandò. La guardai cercando di ricordare a quale album si riferisse, ma avevo la testa piena di pensieri e preoccupazioni quindi intervenne Brice «Non pensavo che fossi così distratto.» Ridacchiò.
«L'album dei viaggi con la tua famiglia.» Shelley mi aiutò a ricordare. Un interruttore scattò nella mia testa «Ah giusto.»
«Lo hai portato con te, vero?» chiese l'informatica ed io annuii. Andai in camera e, facendo pochissimo rumore per non svegliare il ferito, presi dallo zaino l'album fotografico. Ritornai dagli altri e lo posai accanto alla tastiera di Shelley, «Cosa dovremmo guardare?» Chiesi direttamente a Shel che ha avuto l'idea.
«Non credo sia un caso che abbiamo trovato la canzone, che parla di un album, in un hard disk nascosto e che abbiamo trovato un album altrettanto ben nascosto a casa tua.» si spiegò «Non mi stupirei se ci fosse scritto qualcosa come dice il testo.»
Sfogliammo pagina per pagina e con attenzione esaminammo ogni dettaglio in cerca di scritte, ma la ricerca fallì miseramente. «A meno che non sono diventato cieco, io non ho visto nessuna scritta.» Disse Brice.
«Cosa ci sfugge?» domandai incrociando le braccia al petto pensieroso. «A meno che non esiste un modo per far vedere l'invisibile, non credo che abbiamo sbagliato qualcosa.» scherzò Shelley, ma quello che non sapeva era che mia madre qualche volta si divertiva a scrivermi rompicapi con un inchiostro visibile solo agli UV.
«A questo proposito...» iniziai e gli altri mi guardarono con occhi spalancati. Brice però si riprese subito e con un sorriso in faccia disse «Ahah! Adesso dirai qualcosa di interessante, ci scommetto.» ridacchiò.
«Beh da bambino, io e mia madre giocavamo spesso a caccia al tesoro.» ranccontai «Ricordo che usava spesso dell'inchiostro speciale. Si illuminava con una lampadina ultravioletta.» finii.
«Wow. Dalla fantascienza alla realtà in un attimo.»
«Quindi mi stai dicendo che c'è la possibilità che ci sia una scritta con inchiostro invisibile?» si esaltò Shelley.
«Questa si che è una bella caccia al tesoro.» Disse Brice con un sorriso divertito.
«Beh... ci manca solo una lampada UV.» constatò Shelley.
«In realtà se ne può "realizzare" una.» mi guardarono increduli quindi spiegai cosa intendevo «Basta applicare dello scotch sul flash del cellulare e colorare con dell'indelebile blu, poi si ripete il passaggio ma con l'indelebile rosso.» il loro sguardo rimase lo stesso, per un momento pensai che le loro mascelle si potessero staccare e cadere a terra. «Cosa c'è?» Chiesi vedendo che nessuno si ricompose. «Siamo solo sorpresi che tu sappia tutte queste cose.» rispose Brice schiarendosi la gola.
«Io sono sorpresa da tutta la tua genialità celata.» Shelley scosse leggermente la testa sorridendo. Non risposi, come potevo? Non sapevo davvero cosa dire o fare. Fortunatamente fu Brice a distrarre da quel silenzio «Bene allora» scontrò tra loro le mani una sola volta facendo rimbombare per la stanza quello schioppo «Ops, scusate.» si pentì poco dopo «Comunque, realizziamo il "flash UV" e analizziamo l'album.» ci mettemmo subito a lavoro. Cercammo il materiale di cui necessitavamo e quando trovammo tutto, prendemmo il cellulare di Shelley e facemmo il "flash UV".
Con il cellulare e il flash attivo in mano, rianalizzammo le pagine. All'inizio non sembrava esserci nulla di rilevante. «Credo che abbiamo interpretato male gli indizi» Disse Brice rassegnato. «Spero che ti sbagli John. Abbiamo fatto così tanto per poi scoprire che abbiamo interpretato male i segnali?» scosse la testa Shelley.
«Visto che ultimamente stiamo andando d'amore e d'accordo...» iniziò a cambiare discorso il medico «Perché non ci conosciamo meglio?» propose infine. A quel punto Shelley si allontanò dall'album, io invece continuai a cercare ma rimasi comunque ad ascoltare. Non si sapeva mai quanto e quando Brice decidesse di andarci pesante con le domande.
«Che vuoi sapere?» chiese la ragazza.
«Innanzitutto il nome. Non ci credo che Shelley sia il tuo vero nome, per due ragioni: non ne hai la faccia, e perché Shelley è chiaramente preso dalla mitica Mary Shelley, la scrittrice di Frankenstein.» si mise comodo sulla sedia aspettando che Shelley rispondesse.
«Samantha Hoffnung» Mi sorpresi, odiava sentire il suo vero nome e cognome, ma forse era arrivato il momento di aprirsi anche con Brice. «Ma continua a chiamarmi Shelley.»
«Come mai questo nome d'arte?» perspicace capì che c'era qualcosa sotto. Intanto continuai a sfogliare con il flash puntato sulle pagine. «Odio quello che hanno scelto le persone che mi hanno cresciuto.» Disse con tono sprezzante «Aspetta sei stata adottata?» chiese sconvolto. «Cos-? No, no. Dio ci mancava solo che fossi adottata.» ridacchiò «No, ma quei sottospecie di genitori hanno pensato di mandarmi in una squallida scuola privata solo per fare i loro comodi.»
«Non mi sembra troppo terribile, non fraintendere... il concetto è sbagliato, lo riconosco.» si spiegò John.
«Lo è se scopri che ti mandano lì solo per drogarsi e fumare qualche canna fino all'overdose.» aveva un tono irrequieto, ma non si notava molto. «Oh. Beh...» non sapeva che altro domandare e il silenzio crebbe nella stanza, fu interrotto solo dal rumore delle pagine che giravo. «Li ho sempre odiati, e vivere con un nome e un cognome imposti da loro mi dava... mi da ribrezzo» si corresse «Per tutta la vita ho dovuto badare a me stessa, quindi mi sono liberata anche dell'ultima cosa che mi teneva ancorata a quelle persone.» dopo essersi aperta con Brice tornò ad avere un tono tranquillo, il suo solito sorriso, anche se non potevo vederlo, sapevo che era tornato sul suo volto «Per cui eccomi qui.»
Brice resto in silenzio ancora un po' «Pensi mai che sei stata fortunata per quello che ti è successo?» chiese infine.
«Beh se non mi fosse capitato tutto questo non avrei conosciuto Sam.» sentii che mi stavano guardando quindi alzai lo sguardo e confermai il mio sentore. Entrambi avevano un sorriso ampio ma sincero. «Quindi si.» tornò a guardare John «Direi proprio che la fortuna era dalla mia.» a sentirla parlare così, sorrisi e tornai a cercare qualsiasi cosa sull'album.
E fu in quel momento che il mio sorriso morì, Brice vedendomi si preoccupò «Qualcosa non va?» Shelley si girò per vedere la situazione ed io alzai lo sguardo su di loro. «Ho trovato qualcosa.» dissi semplicemente. I loro sguardi si scontrarono per qualche secondo poi portarono nuovamente l'attenzione su di me.

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