Capitolo 18

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Oramai in viaggio per Helena, Montana, non facevo altro che pensare a quello che Tom mi disse quella sera. Alla fine sputò il rospo e mi spiegò tutto «In questi anni che non ci siamo visti, iniziai a studiare per diventare poliziotto ma mollai poco dopo.» confessò «Perché mia madre morì per mano di un Federale. I due uomini in auto, quelli nella MIA auto» marcò il pronome «Quelli fanno parte di una gang a cui chiesi aiuto per le spese mediche di mia madre quando ancora era in grado di rimettersi. Ma i costi aumentavano sempre di più e mi ritrovai con molti debiti, per cui mi derubarono di ogni bene... si presero la mia piccola,» intese l'auto «il mio appartamento e quasi la mia vita... ma questo l'hai potuto vedere anche tu...»
Scossi la testa scacciando via ogni pensiero negativo. Stavo per ritrovare mio padre, non potevo farmi influenzare negativamente.
Quattordici anni, quasi quindici in realtà, a breve avrei compiuto ventidue anni. Finalmente dopo una lunga e tortuosa ricerca mi sarei riconciliato a mio padre. Avevo finalmente ritrovato quella speranza che avevo perso anni addietro.
Sospirai. «Qualcosa non va?» mi domandò John mentre guidava. Mancavano esattamente dieci chilometro e duecento metri alla nostra meta. «No...» risposi infine «Sono solo agitato.» giocherellai nervosamente con le mani sfregandole a vicenda.
«È comprensibile.» spiegò Brice «Non sai cosa dire o fare, cosa dirà...» concluse ma lo interruppi sentendomi ancora più nervoso di prima.
«John non aiuti» sfregai con ancora più forza le mani. Nei sedili dietro Shelley discuteva con Tom su quale film fosse il più bello di sempre, non sembravano particolarmente attenti a cosa stava accadendo invece nei sedili anteriori. John posò la mano sulle mie interrompendo quel movimento nervoso. Lo sguardo puntò proprio la sua mano forte e virile che trasmetteva solo tranquillità con quella sua sicurezza, quindi portai lo sguardo sul suo volto e notai con piacere che sulla faccia aveva stampato un ghigno fiducioso. D'un tratto mi sentii meglio e fu proprio allora che la sua mano si spostò sui miei capelli. Un gesto tanto semplice quanto pieno d'affetto.
Mi scompigliò delicatamente i capelli, solo allora compresi che se mio padre avrebbe reagito male alla mia visione, John sarebbe sempre stato con me.
Mancavano ancora cinque minuti. Potevo vedere a quella distanza, la casetta... il cuore cominciò a battere per l'agitazione.
«Dove avete detto che è?» chiese John rallentando.
«All'angolo tra Groshell e Montana Ave» risposi tenendo fisso lo sguardo sulla casa che Shelley aveva designato. Con molta probabilità avevamo trovato mio padre e più mancava poco più mi domandavo che aspetto avesse, come avrebbe reagito ma soprattutto se i suoi abbracci fossero cambiati col tempo e con l'età.
Feci un respiro profondo e John fermò l'auto nel parcheggio della scuola poco distante dal nostro obiettivo. Scendemmo dalla macchina e cominciammo ad avviarci verso la casa, ma Tom mi trattenne a una certa distanza da Brice e Shelley. «Sei sicuro al cento per cento?» Mi chiese di botto.
«Di cosa?» domandai confuso.
«Che tuo padre sia lì, che sia lo stesso di quindici anni fa, che non rimarrai deluso» elencò preoccupato.
A quel punto mi fermai e lo fece anche lui. John e Shelley andarono avanti indisturbati, quindi io e Thomas potemmo parlare in privato.
«Una volta qualcuno mi ha detto che la vita non è fatta di certezze, ma di opportunità. Se mio padre è lì avrò l'opportunità di poter ritornare a una vita semplice...» confessai. «Non mi aspetto che sia uguale a come lo ricordo, ma spero almeno che possa somigliargli.» confessai alzando leggermente le spalle e riprendendo a camminare. Ma Tom a quanto pareva non aveva finito di parlare.
«Sam...» Mi prese la mano fermandomi e riportandomi di fronte a lui. «Io, volevo parlarti di un'altra cosa...» mollò istintivamente la mia mano quasi con imbarazzo. Aveva lo sguardo basso le guance arrossate fin sulle punte delle orecchie, il che era insolito data la temperatura mite.
«Qualcosa non va?» chiesi lanciando uno sguardo a Brice e Shelley che a un certo punto si girarono. Gli feci cenno di aspettare e tornai a concentrarmi sul discorso.
«No, è solo che...» anche lui si girò a vedere i due più avanti «Sai... credo sia meglio parlarne un'altra volta.» sorrise ma si vedeva che era forzato. Preferii aspettare che fosse lui a parlarmene, quindi accettai i suoi spazi e tornammo alla missione «Ok, quando vuoi.» dissi comprensivo e disponibile a parlare di qualsiasi cosa.

SecretsOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz