Capitolo 26 -Epilogo-

9 1 0
                                    

Tre anni dopo...

Eravamo al Central Park a New York. Ero sdraiato sul prato a riflettere sugli avvenimenti di qualche anno prima mentre guardavo il cielo limpido e tagliato qualche volta dalla traiettoria degli uccellini di passaggio. Ero sempre stato convinto, ogni giorno più del precedente, che a Sam serviva una vita nuova. Al momento del suo risveglio non ricordava nulla, riusciva a mala pena a riconoscerci.
«Tom vieni?» mi chiamò ma non mi mossi. «Dai, me lo avevi promesso» ridacchiò avvicinandosi e si chinò su di me coprendo il punto che stavo guardando.
«Non mi ignorare» Sam sorrise e tese la mano «Dobbiamo andare ci stanno aspettando.» aspettava che mi decidessi a tirarmi su, ma prima di farlo lo guardai. Da quella faccenda con il padre diventai più protettivo nei suoi confronti.
Ci avvicinammo al telo steso da Shelley e dalla sua ragazza Quen a pochi passi di distanza. Ci sedemmo e chiacchierammo. O meglio ascoltai Sam parlare.
Era sicuramente cambiato. Mostrava più apertamente ciò che provava e parlava molto di più.
Inevitabilmente ripensai al periodo in ospedale: i dottori, le analisi, gli esami e, per finire, la diagnosi. Un vero e proprio pugno nello stomaco. Il dottore sostenne che dopo tutto quello che aveva passato Sam, era molto probabile che avesse dimenticato tutto l'accaduto per via dello shock ma non ne erano sicuri e non potevano esserlo senza una seduta per una valutazione psicologica.
Dopo aver mangiato qualcosa circondai la vita di Sam con un braccio per attirare la sua attenzione e quando la ebbi chiesi sottovoce «Ti va di fare una passeggiata?» gli diedi un bacio sulla tempia mentre, un po' imbarazzato, annuiva.
Ci alzammo «Perdonateci ragazze. Andiamo a fare due passi.» dissi con Sam sottobraccio. Ci allontanammo parecchio ma non sembrava provocare nervosismo a Sam, anzi, anche lui mi avvolse un braccio alla vita.
«Sam ti devo delle scuse...»
«Ehi, sono anni che fai così.» ridacchiò fermandosi davanti a me. Mi prese il volto tra le mani e continuò «Thomas Berkley non hai nulla di cui scusarti. Non è colpa tua se mio padre ha fatto quel che-»
«Aspetta chi te lo ha raccontato?» chiesi allarmato e un po' arrabbiato. Sam si morse il labbro inferiore poi si decise a rispondermi.
«John...»
Sbuffai furibondo per tale irresponsabilità da parte di quel medico, ma prima che potessi dire qualcosa Sam enunciò «Ma la gran parte l'ho scoperta da te.» la mia faccia parlava chiaro, anche meglio di mille parole.
«Parli nel sonno.» si allontanò un poco osservando la mia reazione. Ero sconcertato da questa notizia «Io non... mi spiac-» non potei finire la frase perché Sam mi tappò la bocca con la mano mentre rideva. «Smettila, dico sul serio Tom.»
Lo guardai dispiaciuto nonostante tutto «Se tolgo la mano mi assicuri che non dirai più che è colpa tua o che ti dispiace?»
Annuii e mentre mi guardava tolse pian piano la mano come se volesse avere la conferma che avrei mantenuto la promessa. Appena ne ebbi la possibilità dissi «È colpa m-» lo presi in giro per vedere la sua reazione. Prontamente mi tappò di nuovo la bocca ridendo fragorosamente e al solo sentire la sua risata sentii che ogni cosa perse il suo peso, esisteva solo lui e la sua risata.
«Cosa devo fare per farti smettere?» chiese sarcastico. Volendo dire la mia borbottai sotto la sua mano che levò subito per sentire ciò che avevo da dire «Probabilmente un bacio» lo stuzzicai. Il suo viso, da prima che dimostrava interesse e curiosità, ora era invece rosso e sorridente, non con un qualsiasi sorriso, ma con quel ghigno complice e imbarazzato al tempo stesso. Quello stesso ghigno che mi faceva sempre girare la testa e che mi faceva dubitare di essere sufficiente per lui.
Sam prima si avvicinò a me, mi abbracciò alla vita e alzò il volto quanto bastava per poter incontrare i nostri occhi.
I miei occhi nocciola che navigavano incatenati nei suoi di un verde travolgente.
Poi accadde.
Le sue labbra sulle mie, un bacio casto, nulla di provocante ma una vera e propria delizia per i sensi. Era qualcosa che mi faceva sentire un fremito ovunque e riusciva a farmi sentire vivo. Adoravo ogni aspetto di Sam, questi momenti inclusi, ma quello che mi faceva impazzire di più era il suo genio. Nonostante fosse frutto di una mente diabolica, quell'intelletto era imprevedibile sotto ogni punto di vista. Non si poteva prevedere una sua reazione.
Quando abbandonò le mie labbra, mi guardò con un sorriso che mi portava a chiedermi quale fosse la causa di una tale gioia.
«Che c'è?» chiesi sorridendo a mia volta.
«Nulla. È solo che...» non concluse la frase e si allontanò di un passo continuando a tacere.
«"È solo che" cosa?» insistei avanzando di un passo mantenendo il mio sorriso capendo che mi avrebbe fatto sudare un po' per la risposta, ed invece mi spiazzò «È solo che sotto sotto volevo darti quel bacio da ore.» ridacchiò lievemente imbarazzato.
Non avevo parole, ancora una volta si rivelò imprevedibile nel suo modo di fare.
Vedendomi sbigottito rise fragorosamente «Perché fai quella faccia?»
«Pensavo solo a quanto sei incredibilmente cambiato.» sorrisi amorevolmente guardandolo in quegli occhi che ogni volta mi sembravano infiniti. «Beh...» cominciò lui «Era ora di cambiare per dimostrare a me stesso che posso essere una persona diversa da quello che voleva mio padre.» concluse. La verità di quell'affermazione mi travolse completamente.
«È ora di essere un uomo migliore.» sorrise.

La passeggiata ci impegnò più del previsto ma ritornando da Quen e Shelly. In lontananza vedemmo però due figure in più che si rivelarono John accompagnato da una donna.
«Ehi John!» salutò Sam seguito da me con un cenno.
«Ciao ragazzi, lei è Monica.» annunciò Brice.
«E così finalmente Monica ha un volto.» sorrisi «È un piacere finalmente fare la tua conoscenza.» ci stringemmo la mano in un saluto.
«Il piacere è tutto mio. Tu devi essere Tom, giusto?»
«Si e lui è Sam. Il mio ragazzo» lo presi sotto braccio e sorrisi.
«Piacere Monica» il suo tono era felice e spensierato.
Chiacchierammo ancora un po' prima di ricevere la grande notizia.
«Vorrei rubarvi solo due minuti e poi vi lasciamo al picnic.» sorrise gioioso John ma finì di parlare Monica «Ci sposiamo» non le interessava altro che gli occhi di John nei quali sembrava persa.
«Lasciatemelo dire che questo non me lo aspettavo.» dissi per il troppo silenzio che c'era nell'aria. Persino Sam sembrava dubbioso ma alla fine lasciò da parte i suoi timori per congratularsi con i due futuri sposini.
Li convincemmo a restare per mangiare con noi e passammo la giornata a chiacchierare di ogni argomento possibile. Sembravano tutti felici e questo mi bastava per esserlo anch'io.
«Pensavamo ad agosto.» rispose John a Quen per quanto riguardava la data del matrimonio, volevo persino ribattere questa decisione avventata ma il cellulare mi squillò. Alzai l'indice chiedendo scusa e mi allontanai per ricevere la chiamata. «Che vuoi? Non ti hanno detto che non sono di turno?» mi rivolsi al mio collega stanco di ricevere chiamate di lavoro.
«Abbiamo un caso.» disse fregandosene della mia lamentela.
Notando il mio silenzio, continuò «Abbiamo ricevuto informazioni anonime per quanto riguarda una criminale internazionale.» si fermò per invitarmi a fare domande. Odiavo quando faceva così, ma era il suo modo per capire se ero interessato. «Cosa ha fatto e chi sarebbe?» quindi chiesi.
«Kelly O'Connel, ha preso l'identità di una persona chiamata...» al telefono si sentiva che stava digitando alla tastiera «Monica Donovan.» concluse il mio collega.
Quel nome mi portò subito a girare lo sguardo verso Monica. Sperai con tutte le mie forze che non fosse lei, mi stavo convincendo che il fatto che anche lei si chiamasse Monica era solo una coincidenza. «Che lavoro fa?» chiesi al collega rigirandomi.
«Monica?»
«Si, si Monica. Che lavoro fa?»
«Qui dice veterinaria. Per riconoscere Kelly ti mando la descrizione.»
«Ti richiamo.» dissi e attaccai mentre il mio collega stava dicendo qualcosa. Ritornai dagli altri con un sorriso stampato in viso.
«Allora Monica, raccontaci un po' di te.» misi un braccio attorno alle spalle di Sam. «Non mi fido di John, potrebbe aver esagerato nel raccontare.» scherzai mascherando il mio timore.
«Beh nulla di che, ho un lavoro che mi permette di salvare piccole creature. Questo mi basta per essere felice.»
«Come vi siete conosciuti?» chiese Sam discretamente.
«Nella clinica dove lavoro. Aveva portato un cagnolino randagio che stava soffrendo.» sorrise amorevolmente.
Si chiama Monica ed è una veterinaria è solo una coincidenza... vero?
«Perdona la mia insensibilità, ma adoro conoscere bene i miei amici. Ti dispiace se ti chiedo il tuo cognome?» chiesi cercando di essere il più naturale e sciolto possibile. In quel momento mi arrivò il messaggio che aspettavo dal mio collega e lo lessi rapidamente.
Capelli mori e mossi, pelle scura, occhi ghiaccio, alta un metro e settanta con una piccola voglia sopra il labbro.
«Donovan.» rispose.
«Oh cazzo.» mi feci scappare e subito cercai di riparare al mio danno «Ora ho capito! La clinica è una delle più prestigiose, giusto? Com'è che si chiamava? "Animals..."» non ricordavo il nome ma Monica mi aiutò «Animals forever.» annuii fiera.
Era lei chi dovevo arrestare.

SecretsUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum