Capitolo 22

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Sentivo dolore al braccio destro ma ero anche incapace di dirlo. Immagini che passavano velocemente sparati davanti gli occhi mentre ero immobilizzato su una sedia, incapace di sbattere le palpebre e di muovermi, e... un uomo dal volto coperto con un camice bianco mi parlava, ma non lo capivo. Non capivo ne lui ne la situazione, sapevo solo che ero spaventato. Quando quell'uomo inquietante, che mi metteva molta paura, si avvicinò al mio orecchio, sussurrò «Tranquillo, devi resistere. Se lo farai allora sopravviverai.» rise di gusto. Una risata malvagia che mi accapponò la pelle.
Aprii gli occhi di scatto sudando freddo col cuore a mille. Ero spaesato, non riconoscevo il luogo intorno a me e questo peggiorò la situazione. Ero stato legato a una sedia da una corda e avevo del nastro adesivo sulla bocca per far si che non pronunciassi alcun rumore.
«Accidenti Sam, non doveva finire così.» disse una voce nel buio, il tono faceva sembrare che stesse ghignando. Solo allora mi resi conto di essere in una stanza lurida, da solo e in pericolo. Cercai di divincolarmi producendo suoni che non avevano senso per l'interlocutore. «Andiamo Sammy sei troppo sveglio per fare questa scenata.» quella voce maschile, la stessa del mio incubo, mi fece accapponare la pelle. «Ti conosco abbastanza bene da sapere che stai gia pensando a due cose: come liberarti e "dove sono i miei amici?"» recitò la parte di un uomo terrorizzato e preoccupato. In risposta mugugnai. Quello stronzo, chiunque fosse, era già nella mia lista nera. «Puoi stare tranquillo per loro. Li sto trattando da veri ospiti d'onore.» potevo percepire che stesse sorridendo quel lucido viscido che si stava nascondendo nell'ombra. Subito dopo si accesero tre monitor davanti a me e ognuno raffigurava uno dei miei amici.
Solo quando i tre schermi si accesero notai che davanti a me c'era un treppiedi con probabilmente una videocamera. Ne ebbi la certezza quando si attivò una lucina rossa, segno che stava registrando. Nei schermi dietro la videocamera vedevo le reazioni dei miei amici a qualcosa. E subito l'uomo nella mia stessa stanza mi spiegò «Ora ti metterò al corrente di un paio di cose. Quelli che vedi sono i tuoi amici come hai potuto notare e tramite questa telecamera ti stanno guardando. Ma non solo. Possono sentirti e possono sentire i nostri discorsi.» sistemò quella che pensai fosse una sedia e con comodo continuò «Quindi partiamo dell'inizio. Che ne dici Sammy, ti va?» domandò sporgendosi per trapparmi il nastro da davanti la bocca.
«Cosa vuoi?» chiesi subito.
«Sei sempre stato impaziente...» si lamentò risiedendosi accanto alla telecamera. «Sei stato una spina nel fianco fin dal primo momento, anche se devo ammettere che c'è stato un momento della tua vita in cui avevi raggiunto la perfezione.» ridacchiò e ci prese gusto notando la mia confusione.
«Cos-» non feci in tempo a chiedere che cambiò argomento.
«Dunque. Già che siamo finiti in questo casino per colpa tua, perché non sai quando dire "basta", ora ti spiego cosa dovrai fare.» i display nella stanza inondata dalle tenebre mi stavano facendo girare la testa, ma non persi la concentrazione. «Domani mattina, andrai di tua spontanea volontà alla polizia e ti costituirai.»
«Perché dovrei farlo?» chiesi ridacchiando e in risposta lo fece anche lui ma con fare molto inquietante mentre rispondeva alla mia domanda.
«Perché altrimenti ucciderò i tuoi amici!»
Spalancati gli occhi, non potevo credere di trovarmi con uno psicopatico del genere, si alzò ed essendo in controluce ancora non ero riuscito a capire chi fosse. Girò per la stanza un passo alla volta finché non si mise dietro la mia sedia e guardò nella telecamera mentre con mano ferma e una presa d'acciaio mi teneva la testa ferma a guardare i monitor. Shelley sembrava traumatizzata da quello che stava vedendo, Tom cercava invano di andarsene da quella stanza dopo aver visto quello che pensai fosse la luce di una TV e John che era immobile, guardava il monito con una rabbia in corpo tale da stringere le mani a pugno.
«Sei uno psicopatico.» diedi voce ai miei pensieri ma questo fece sì che ricevetti un pugno sulla guancia sinistra.
«Devi avere rispetto!» urlò l'uomo «Sono stanco dei tuoi continui casini, ragazzino! Ficchi il naso dove non dovresti, non doveva andare cosi! Eri un esperimento perfetto!» si sfogò e dopo di che uscì dalla stanza. Avevo tempo per pensare a cosa volesse dire tutto ciò, a cosa faceva riferimento e perché aveva preso di mira me e non gli altri. Pensai, e collegai i punti ricostruendo tutti i fatti.

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